2020-02-04
Assunzioni fantasma e finti licenziamenti di stranieri: la frode di indennità e 80 euro
Michele Amoruso_Pacific Press_LightRocket via Getty Images
A Bergamo truffa all'Inps gestita da un albanese e un'anziana prestanome. Gli immigrati ottenevano il permesso di soggiorno.La truffa è scattata appena l'Agenzia delle entrate ha chiarito con una circolare che anche chi percepiva l'indennità di disoccupazione poteva accedere agli 80 euro del bonus Renzi. La ditta impegnata per sfruttare i benefit, sulla carta, operava già: e mentre con le false assunzioni lucrava sui permessi di soggiorno per immigrati, con finti licenziamenti, invece, scroccava la Naspi, l'indennità mensile di disoccupazione al quale i furbetti avevano chiesto di aggiungere anche il bonus voluto all'epoca dal fu Rottamatore.Il business core della ditta individuale con sede a Martinengo, in provincia di Bergamo, intestata a una signora ottantenne di Romano di Lombardia, era questo. Anche se nello statuto societario come attività prevalente, al momento dell'iscrizione al registro delle imprese, era stato indicato il commercio online di auto e motocicli usati. La vecchietta, ovviamente, di scooter non ne ha mai venduto uno. E la società alla Camera di commercio risultava inattiva. Era, insomma, secondo gli investigatori, solo una copertura per truffare l'Inps permettendo agli immigrati di ottenere permesso di soggiorno e indennità di disoccupazione comprensive del bonus Renzi. L'inchiesta è scattata con una segnalazione dell'Ufficio immigrazione della Questura di Bergamo. I poliziotti stavano effettuando un semplice controllo su un cittadino extracomunitario che aveva chiesto il permesso di soggiorno grazie al trucco della finta assunzione. È bastata una banale verifica per capire che la ditta che l'aveva assunto non operava, nonostante contasse già 39 dipendenti assunti e licenziati. L'indagine è stata trasmessa subito alla Guardia di finanza. Ed è saltata fuori la frode al sistema previdenziale.Le analisi dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria hanno fatto lo screening all'extracomunitario. Poi alla ditta. E hanno accertato che la ottantenne era solo una prestanome di un albanese che di anni ne aveva meno della metà della titolare. Anche lui era residente a Romano di Lombardia. E, di fatto, gestiva l'affare: assumeva e licenziava, operava sui conti. E incassava. Gli investigatori hanno scoperto che i finti lavoratori stranieri che la ditta volevano mettere a posto erano già 39. I documenti degli immigrati irregolari erano già stati trasmessi alla Questura di Bergamo, comprese le dichiarazioni di assunzione necessarie a far ottenere loro il permesso di soggiorno. Ma il furbone albanese non lavorava soltanto nel settore dei permessi di soggiorno per extracomunitari irregolari. Gli investigatori ritengono di aver raccolto prove anche sulla simulazione del licenziamento di altri quattro finti dipendenti, che sono risultati regolari sul territorio italiano. Di questo settore della truffa si occupava la sorella del gestore della ditta, una quarantenne residente a Mapello. Ad aiutarla, nella gestione di quella che si era trasformata in un'attività redditizia, erano altre due donne neanche trentenni di Verdellino e di Romano di Lombardia. I quattro, oltre a offrire il servizio agli altri immigrati, stando all'accusa, ne avrebbero anche usufruito. L'ammontare delle indennità che secondo i finanzieri sono state da loro percepite illecitamente ammonta a oltre 33.000 euro.Dopo la segnalazione dei finanzieri alla Direzione provinciale dell'Inps l'erogazione dei benefit è stata sospesa. Un'informativa con tutti i dettagli dell'inchiesta è stata inviata in Procura e i magistrati già ieri hanno disposto nei confronti degli indagati il sequestro di beni e di disponibilità economiche su conti correnti e carte prepagate fino all'importo di 33.000 euro, ovvero la quota corrispondente all'ammontare della frode che si ritiene già accertata. Il provvedimento, richiesto dal pubblico ministero Fabrizio Gaverini, che ha coordinato le indagini, è stato firmato dal giudice per le indagini preliminari Marina Cavalleri. Ma l'inchiesta non è finita. Per ora sono stati segnalati all'autorità giudiziaria la signora ottantenne titolare della ditta, l'albanese che di fatto la gestiva con la sorella che si occupava di assunzioni e licenziamenti e le due collaboratrici che hanno usufruito dell'indennità di disoccupazione. L'accusa: «Truffa ai danni dello Stato». La titolare della ditta e il presunto promotore della frode dovranno, inoltre, rispondere davanti al giudice per aver assunto fittiziamente lavoratori stranieri irregolari sul territorio italiano, un reato previsto dalle norme sull'immigrazione. Gli indagati, quindi, non sono solo accusati di aver fatto affari con la somma di denaro consegnata dai cittadini irregolari per mettere appunto la falsa documentazione che gli permetteva di ottenere il permesso di soggiorno ma anche per averli indotti a sottostare, così come previsto dalle norme sull'immigrazione, alla richiesta illecita perché in una condizione di svantaggio «caratterizzata dall'assenza di un valido titolo di soggiorno e dalla necessità di ottenere, seppure in modo illecito, un titolo abilitativo». Avrebbero, insomma, approfittato degli irregolari, una pratica sempre più diffusa nel Paese dei porti aperti.