2022-11-17
Siluro sull’asse tra gli Usa e Zelensky. Il Pentagono: «Negoziati in inverno»
Volodymyr Zelensky e Joe Biden (Getty Images)
Il presidente in tuta mimetica teme che Washington lo bidoni. Perciò ha insistito ad attribuire a Vladimir Putin la colpa del missile sconfinato, mentre il suo consigliere invocava l’intervento di caccia occidentali. Proposte respinte.Un missile per incrinare un’Alleanza. Talvolta è il più imprevedibile degli accadimenti a dare la misura dello stallo politico di una guerra. «Un incidente sfortunato», lo ha definito il presidente polacco Andrzej Duda mentre a Varsavia suonava l’allarme rosso. «Non abbiamo indicazioni che la Russia stia preparando un attacco a noi» aggiungeva il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, sicuro di aver identificato la provenienza balistica dell’S-300. «Non era russo ma della difesa di Kiev», ha messo il punto esclamativo, un po’ a sorpresa, Joe Biden dal G20 di Bali. E l’unico spiazzato, impegnato a ribaltare una verità forse prematura ma ad oggi fattuale, è Volodymyr Zelensky che tuona: «È un messaggio dei russi al G20. Abbiamo le prove della pista che porta a Mosca».Il missile di difesa antiaerea caduto sul villaggio di Przewodow a 10 chilometri dal confine con l’Ucraina poteva porre il mondo sul crinale di una guerra totale, un antipasto dell’apocalisse. E i due operai morti mentre essiccavano cereali nella fabbrica distrutta dall’esplosione potevano finire drammaticamente sui libri di Storia. Ma l’evoluzione della vicenda sembra smentire la smania di guerra totale descritta dai talk show perché nessuno, tranne Zelensky, vuole credere all’atto deliberato di Mosca contro un Paese dell’Alleanza atlantica. Il Cremlino ha smentito attraverso il ministro Sergej Lavrov che il missile (parte del vecchio arsenale sovietico in dotazione anche gli ucraini) fosse suo: «Una classica provocazione». L’ipotesi più accreditata è che, per fermare i vettori - oltre 100 - dell’attacco russo nell’Ucraina occidentale, una testata difensiva abbia deviato la traiettoria per errore e sia finita nell’essicatoio. Secondo la Cnn, in questa direzione va il rapporto di un aereo radar della Nato che durante un pattugliamento ha seguito il percorso della bomba volante. Un’altra possibilità è che i resti di un razzo russo abbattuto siano finiti nel posto sbagliato, ammesso che ce ne sia uno giusto. Alla fine, persino Kiev deve ammettere che, proprio nei minuti in cui avveniva la tragedia, le sue forze armate avevano cercato di intercettare un vettore russo. La rincorsa a frenare sulla richiesta di no fly zone da parte di Kiev è la dimostrazione che nessuno intende seguire Zelensky sul crinale dell’autodistruzione. La testa dei leader atlantici è rimasta saldamente avvitata sulle loro spalle. Anzi oggi è il presidente-attore l’unico a spingere verso la drammatizzazione. E chiede «l’accesso immediato al luogo dell’esplosione per uno studio congiunto. Abbiamo le prove della pista russa». Attraverso il consigliere Michailo Podoliak fa sapere: «Solo la Russia è responsabile della guerra in Ucraina e dei massicci attacchi missilistici. Solo la Russia è la causa scatenante dei rischi, in rapido aumento, per i Paesi di confine. Non c’è bisogno di creare scuse e rimandare le decisioni chiave: è ora che l’Europa chiuda il cielo sopra l’Ucraina anche per la sua sicurezza. È l’unica strategia possibile». Ma nessuno a ovest del Dniepr vuole arrivare a questo, tutti hanno ben presenti i rischi totali: al primo aereo russo (o Nato) abbattuto l’escalation sarebbe inevitabile.Mentre un portavoce del governo tedesco in un’intervista al Guardian ha respinto la no fly zone, la stessa amministrazione americana si muove con i piedi di piombo. Ribaditi «il pieno sostegno alla Polonia e la necessità di approfondire l’accaduto», Biden ha riunito in seduta speciale il G7 a Bali (con Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron allo stesso tavolo per la prima volta dopo la crisi diplomatica dell’Ocean Viking) e ha gettato acqua sul fuoco. «Mi assicurerò che si capisca esattamente cosa è successo. A questo punto decideremo tutti insieme quali passi intraprendere». Nessun duello all’Ok Corral. E nella serata di ieri, il Pentagono ha riportato Kiev alla realtà: le possibilità di liberare tutto il territorio ucraino, Crimea inclusa, «non sono alte militarmente», ha detto il generale Mark Milley. Che ha aggiunto: con l’inverno e il «rallentamento delle operazioni tattiche, potrebbe esserci una finestra per i negoziati».Uno accelera, gli altri frenano. La tattica iperbellicista di Zelensky è perfino comprensibile (il Paese incendiato dall’invasore è il suo) ma la reazione politica al missile deflagrato in Polonia è la misura di qualcosa che si incrina. Per la prima volta la Casa Bianca ha preso le distanze dal suo eroe in tuta mimetica; per la prima volta lo ha platealmente smentito; per la prima volta ha colto lo spirito del messaggio chiaro e forte arrivato dai repubblicani al Congresso, che pur confermando gli aiuti hanno chiesto «di non seguire Zelensky su ogni suo capriccio». I rottami del missile simboleggiano per proprietà transitiva il più grave incidente diplomatico fra Stati Uniti e Ucraina, che arriva dopo l’aspra telefonata fra Biden e il presidente-soldato, all’insistente ricerca di nuovi finanziamenti e nuove armi. La divaricazione è plateale. Mentre si cominciano a vedere timidi passi verso qualcosa che somiglia a una pace possibile, l’incidente polacco ci aiuta a capire chi la vuole e chi no.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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