2025-02-06
Asl di Ferrara citata in giudizio per gli effetti avversi del vaccino
Per la prima volta, un’azienda ospedaliera è chiamata a rispondere in aula per le reazioni post siero, accertate dai dottori scelti dal giudice. Il danno è stimato in 350.000 euro, ma l’ente non paga nemmeno le spese mediche.Sarà la prima causa civile nei confronti di una Asl per «negligenza, imperizia e per violazione di legge», in tema di consenso informato nella vaccinazione Covid, a entrare sotto la lente di ingrandimento della commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione della pandemia. Tra pochi giorni si apre la fase giudiziaria a tutela di un paziente di 79 anni, già indennizzato per danno da vaccino Astrazeneca ma che attende anche il dovuto risarcimento da parte dell’Azienda sanitaria di Ferrara. «L’Asl ha rifiutato ogni accordo, non vuole pagare nemmeno i 18.000 euro di spese mediche nonostante le relazioni dei tre consulenti incaricati dal giudice siano arrivati alle medesime conclusioni del “nesso di causalità” riconosciuto più di un anno fa dalla Commissione medica ospedaliera di Padova», spiega l’avvocato Andrea Montanari, presidente dell’associazione Eunomis, che segue il paziente in questo procedimento contro la Asl. Aggiunge il legale: «Il caso, coinvolgendo un ente pubblico che avrebbe dovuto aderire alla proposta di conciliazione, anche in misura minima, rispetto ai 350.000,00 euro circa di danno biologico, morale e patrimoniale liquidato dai tre Ctu (consulenti tecnici d’ufficio, ndr), è già stato segnalato alla presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sul Covid-19». Il signore di Ferrara che chiamiamo solo per nome, Andrea, era stato malissimo subito dopo la prima vaccinazione con Astrazeneca nel marzo del 2021, quando aveva 75 anni. Non è morto per Covid ma la sua vita è un inferno. Costretto sulla sedia a rotelle, sofferente della sindrome di Guillain Barré e di una grave neuropatia delle piccole fibre, lo scorso maggio aveva ottenuto un indennizzo di 1.700 euro ogni due mesi grazie all’azione promossa dal medico legale Giuseppe Barone dell’associazione Edward Jenner. La Commissione medica ospedaliera di Padova aveva riconosciuto subito il nesso eziologico tra inoculazione del vaccino Astrazeneca e le gravi patologie cagionate al paziente, ma una Asl non può dichiararsi senza responsabilità. Per questo, l’avvocato Mantovani presentò ricorso al tribunale di Ferrara. Il giudice Mauro Martinelli aveva accolto l’istanza di accertamento tecnico preventivo, che consente di favorire la conciliazione tra le parti ed evitare la lite giudiziaria soprattutto in materia di contenzioso previdenziale, e predisposto l’accertamento peritale nominando Ctu il dottor Marco Borderi, dirigente di Malattie infettive al Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna; lo psichiatra Carmine Petio e il medico legale Piergiovanni Rocchi. La conclusione delle loro relazioni è stata: «È configurabile come già ampiamente delineato il nesso di causalità, tenendo conto di tutti i riscontri clinici e documentali (comprensivi del già citato parere della Cmo di Padova), formulando tale giudizio con criterio di elevata probabilità scientifica». Sulla quantificazione del danno biologico-psico-fisico, i tre consulenti del tribunale dichiarano: «Si conferma la valutazione a suo tempo indicata nella proposta di conciliazione, ossia: un periodo di Itt (inabilità temporanea totale) di 200 giorni; una invalidità permanente del 40% a titolo di danno biologico permanente». Si tratta di circa 350.000 euro, secondo le apposite tabelle. Ma l’Asl non intende ragioni, rifiuta anche un risarcimento più basso. E allora Montanari la cita in giudizio per negligenza, imperizia e per violazione di legge in tema di consenso informato nella vaccinazione Covid. Le argomentazioni sono tante, da far scuola, nelle relazioni presentate dai tre consulenti tecnici di parte (Ctp), ovvero il dottor Alberto Donzelli della Fondazione Allineare Sanità e Salute, il dottor Giuseppe Barone e il neurologo Giuseppe Veneziano.Innanzitutto, non si poteva affermare che fosse «sostanzialmente positivo, per le conoscenze dell’epoca al momento della inoculazione, il rapporto benefici/rischi della inoculazione medesima con Astrazeneca su un paziente di anni 75». Bastava che si leggesse con attenzione lo studio clinico randomizzato controllato (Rct) registrativo di quel vaccino, disponibile online a fine 2020 e dove tra le tante informazioni si poteva trovare che «l’età media dei partecipanti era 41,5 anni e solo il 6% (660 partecipanti) aveva 65 o più anni: dunque l’entità dell’efficacia nei confronti di soggetti di 75 anni non poteva che essere estremamente incerta».Altri dati, come l’alta percentuale di reazioni avverse, così commenti critici internazionali liberamente accessibili dal gennaio 2021 «avrebbero dovuto essere conosciuti e far parte di quanto comunicato dai vaccinatori a un anziano». Non venne chiesta la prescrizione medica per un vaccino sottoposto ad autorizzazione condizionata, e come quel paziente milioni di cittadini si vaccinarono senza poter esercitare il diritto di avere una valutazione personalizzata dei rischi/benefici.Nel modulo di consenso era scritto che «negli studi clinici non sono stati osservati decessi correlati alla vaccinazione», ma era un farmaco sperimentale e non si può escludere che gli stessi possano verificarsi. Mentre il consenso «è stato espresso per un trattamento sanitario avente a oggetto la inoculazione con lo scopo di prevenire il contagio dal virus e la sua ulteriore diffusione, di fatto, è stato invece praticato un trattamento sanitario […] su soggetto “sano” avente ad oggetto lo scopo di curare gli effetti di una malattia, per l’eventualità in cui la stessa venisse contratta». Per i consulenti di parte si deve «ravvisare soprattutto negligenza e imprudenza da parte del personale sanitario dell’Asl». La causa civile nei confronti di un’azienda sanitaria non sarà solo un importante precedente, ma ulteriore occasione per la commissione parlamentare di accertare la gestione dell’emergenza sanitaria.