
Bibbiano, ma non solo. Da domani, per i lettori della «Verità» e di «Panorama», Francesco Borgonovo e Antonio Rossitto ricostruiscono 20 anni di soprusi degli psicologi, che in tutta Italia hanno strappato i figli alle loro famiglie per darli in affido.All'inizio di giugno, di fronte al massacro di bimbi innocenti da parte di genitori trasformati in orchi dalla cocaina, su Panorama mi chiesi dove fossero i servizi sociali e come fosse possibile che quei cuccioli d'uomo e di donna potessero essere torturati senza che nessuno intervenisse. Per spiegare quanto fosse grave l'assenza dello Stato nell'inferno delle famiglie, riportai alla memoria un vecchio caso che da direttore del Giornale mi aveva colpito. Vent'anni prima, dalle parti di Finale e Mirandola, in provincia di Modena, erano state arrestate una ventina di persone: padri e madri accusati di abusi sessuali sui propri figli. Una storia terribile, condita di messe nere e riti satanici, che fece guadagnare agli accusati la nomea di diavoli della bassa modenese. In mezzo all'inchiesta finì anche un sacerdote, sospettato di officiare i riti pagani e gli abusi. I ragazzi furono strappati alle famiglie e una delle mamme, per non vedersi portato via anche il figlio che aveva in grembo, fu costretta a fuggire all'estero, nascondendosi alla magistratura e separandosi dal marito. Una vicenda orribile, dove i buoni erano rappresentati dagli assistenti sociali che avevano denunciato le violenze sessuali sui minori e i cattivi erano impersonati da quei cattolicissimi genitori e dal prete della comunità, tutti sospettati di essere predatori sessuali. Peccato che poi le sentenze abbiano smontato a una a una le accuse, mandando assolti gli arrestati. Sentenze che però non hanno potuto restituire a quei papà e a quelle madri ingiustamente incolpati né la serenità né i bambini sottratti, perché molti erano stati dati in adozione e avevano tagliato ogni genere di rapporto con la famiglia a cui erano stati strappati e che loro, dopo un vero e proprio lavaggio del cervello, avevano inconsapevolmente contribuito a mandare in pezzi. Fu un caso giudiziario sconvolgente, a cui Il Giornale, credo unico fra tanti organi di stampa attenti alla cronaca giudiziaria, dedicò numerosi articoli e per questo, di fronte ai cadaveri di bambini picchiati e torturati in famiglia da padri o madri strafatti e senza dignità, su Panorama mi chiedevo: ma gli assistenti sociali che portarono via a genitori innocenti i propri figli, dove sono adesso che altri figli vengono massacrati? [...]Non so perché mi fosse venuta l'idea di affiancare i volti delle piccole vittime che ci venivano proposte dalla cronaca all'inizio dell'estate con una storia vecchia di 20 anni, ma tornata d'attualità grazie a un libro-inchiesta. Forse il mio fu sesto senso, forse semplicemente un caso, sta di fatto che di lì a poche settimane, l'orrore di Finale e Mirandola si ripropose, ma questa volta in maniera diversa. A essere arrestati con accuse infamanti (di pedofilia) non furono i genitori e nemmeno il prete di Bibbiano, come invece era accaduto nella bassa modenese. No, gli ordini di custodia cautelare emessi dalla Procura di Reggio scattarono per gli operatori sociosanitari e per gli amministratori comunali. I primi furono accusati di aver alterato le relazioni di servizio, intervenendo anche sui disegni dei bambini pur di dimostrare abusi che esistevano solo nella loro mente di inquisitori. I secondi, invece, furono posti agli arresti per aver facilitato un sistema che favoriva società private nel settore degli affidi dei minori. Poteva essere una semplice storia di malaffare municipale, un abuso d'ufficio condito da qualche errore nelle schede di valutazione. Ma in realtà, dalle indagini e dalle intercettazioni dei carabinieri, spuntò qualche cosa di assai più inquietante, ovvero un sistema per strappare alle famiglie i propri figli e assegnarli ad altre, secondo criteri decisi autonomamente dalla santa inquisizione dell'assistenza. Bambini costretti a confessare violenze mai subite, paure minorili esagerate o addirittura indirizzate proprio contro incolpevoli mamme e papà. [...]Di fronte a quello schifo a Panorama (ma anche alla Verità) capimmo subito che occorreva andare a fondo e raccontare ai lettori che cosa era accaduto. Il caso, infatti, non poteva essere limitato alle poche righe delle agenzie di stampa, ma era necessario capire come centinaia di bambini fossero stati strappati a famiglie che non avevano altra colpa se non quella di essere semplici, a volte povere. Tutto ciò senza che nessuno se ne accorgesse e soprattutto senza che nessuno fosse intervenuto a fermare la barbarie.Fu l'inizio di un'inchiesta giornalistica a puntate, che portò Panorama a fare più d'una copertina sul caso e La Verità a dedicare numerose aperture e moltissimi articoli. In gran parte, lo devo dire, furono servizi condotti in solitudine, perché altre testate preferirono abbandonare in fretta il caso, non senza prima aver dato spazio alle interviste con cui alcuni degli arrestati, in particolare lo psicoterapeuta accusato di aver creato una scuola che andava a caccia di presunti orchi, respingevano ogni genere di addebito. Le vittime senza diritto di parola, gli accusati sì. Poi, dopo pochi giorni, i giornali hanno voltato pagina, preferendo occuparsi d'altro. Sì, per la stampa nazionale era molto più importante il caso di Carola Rackete, la ragazza tedesca che voleva a tutti i costi sbarcare a Lampedusa alcune decine di migranti, e che poi avrebbe forzato il blocco investendo Guardia di finanza, piuttosto che quello di centinaia di bambini rapiti ai genitori. Nell'estate passata degli scontri politici, Bibbiano era un puntino sulla cartina nel cuore dell'Emilia e nulla di più. I riflettori delle televisioni, dei talk show e della stampa, non illuminavano la val d'Enza [...]. No, gli occhi erano puntati sullo scontro fra capitana e capitano, una questione tutta politica. Da una parte c'erano 43 migranti, profughi o clandestini la cui storia era sconosciuta ma stava terribilmente a cuore alla stampa mainstream. Dall'altra i volti anonimi di centinaia di bambini che all'improvviso erano diventati argomento da contendere, anzi, merce di scambio.Bibbiano, un Comune di 10.000 persone e poco più, era considerato il fiore all'occhiello nella gestione dei minori. L'amministrazione comunale ne andava orgogliosa e anzi organizzava convegni per mostrare le cifre dei bambini piazzati. Ogni anno percentuali in crescita, con tassi migliori del Pil, quasi che portare via un figlio ai genitori per innestarlo artificialmente in un'altra famiglia fosse motivo di orgoglio e non segno di un fallimento, per lo meno di quella famiglia che non era in grado di crescere i propri pargoli. Ma poi, in quell'esempio di perfetta tutela dei minori, qualche cosa si è incrinato, qualcuno ha parlato e sono cominciate le indagini della Procura, le intercettazioni dei carabinieri, infine gli arresti. Il muro è crollato, i casi di quei bambini «sequestrati» sono stati ripresi in mano, riesaminati e i figli hanno cominciato a essere restituiti ai genitori. L'opinione pubblica ha iniziato a farsi delle domande.L'intero sistema è crollato: psicoterapeuti, assistenti sociali, tribunali. Tutto è stato passato sotto la lente, ripensando a come ciò era potuto accadere. La storia potrebbe finire qui, con la magistratura che interviene e scopre che il fiore all'occhiello è un fiore avvelenato e con i processi che verranno, se verranno. Ma in realtà non è così, perché non c'è solo Bibbiano. La santa inquisizione che indagava sul lato oscuro delle famiglie e forse ha contribuito a creare un lato oscuro che non esisteva, rovinando per sempre quelle famiglie, non operava solo a Bibbiano, ma in tutta la val d'Enza. E poi in Piemonte, a Milano, a Salerno, nel Lazio. All'improvviso una serie di casi giudiziari che avevano sconvolto l'Italia sono stati riaperti. Storie vecchie di anni, alcune con suicidi e assoluzioni postume, sono all'improvviso riemerse dall'oblìo, con il loro dolore e le loro ferite aperte. Storie terribili, soprattutto perché portano alla mente un sospetto e cioè che Bibbiano non sia un caso isolato e che dunque i bambini rubati nel corso degli anni siano migliaia. [...] Quando Borgonovo e Rossitto, in solitudine, hanno cominciato a raccontare i fatti di Bibbiano sulla Verità e su Panorama nessuno pareva interessato a capire [...]. Solo dopo settimane la politica si è appropriata della questione, portandola alla ribalta nazionale. Allora, per il Movimento 5 stelle, il Pd è diventato il partito di Bibbiano, perché gran parte degli indagati erano coccolati dalla sinistra e alcuni addirittura erano suoi amministratori. I grillini e anche la Lega per un po', prima che scoppiasse la crisi di governo, hanno brandito il caso chiedendo una commissione d'inchiesta in Parlamento sulle case famiglia e sul sistema degli affidi, un'attività che senza controllo rende un mucchio di soldi per ogni bambino che si accetta di assistere. [...] Ma poi, come si sa, il governo è caduto, l'alleanza pentaleghista è andata in frantumi e ne è nata una nuova di zecca tra 5 stelle e Pd. Così, il partito di Bibbiano ora è alleato di chi lo voleva mettere sul banco degli imputati e la commissione d'inchiesta si è persa di vista. Anzi: forse non si vedrà più. [...]
Vladimir Putin (Ansa)
Il piano Usa: cessione di territori da parte di Kiev, in cambio di garanzie di sicurezza. Ma l’ex attore non ci sta e snobba Steve Witkoff.
Donald Trump ci sta riprovando. Nonostante la situazione complessiva resti parecchio ingarbugliata, il presidente americano, secondo la Cnn, starebbe avviando un nuovo sforzo diplomatico con la Russia per chiudere il conflitto in Ucraina. In particolare, l’iniziativa starebbe avvenendo su input dell’inviato statunitense per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che risulterebbe in costante contatto con il capo del fondo sovrano russo, Kirill Dmitriev. «I negoziati hanno subito un’accelerazione questa settimana, poiché l’amministrazione Trump ritiene che il Cremlino abbia segnalato una rinnovata apertura a un accordo», ha riferito ieri la testata. Non solo. Sempre ieri, in mattinata, una delegazione di alto livello del Pentagono è arrivata in Ucraina «per una missione conoscitiva volta a incontrare i funzionari ucraini e a discutere gli sforzi per porre fine alla guerra». Stando alla Cnn, la missione rientrerebbe nel quadro della nuova iniziativa diplomatica, portata avanti dalla Casa Bianca.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.





