Pubblichiamo la prefazione del direttore Maurizio Belpietro a Come difendersi dal fisco. Manuale di sopravvivenza a uso e consumo del contribuente (in edicola a 9 euro più il prezzo del quotidiano), il nuovo libro della collana della Verità, inaugurata con L'islam in redazione. Il volume è scritto dall'avvocato tributarista Luciano Quarta, membro della commissione giustizia tributaria presso il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano e fra i fondatori del Centro studi sulla fiscalità internazionale. L'obiettivo del manuale non è aiutare a evadere le tasse, ma dare gli strumenti per reagire in modo legale e non pagare cartelle illegittime.
Pubblichiamo la prefazione del direttore Maurizio Belpietro a Come difendersi dal fisco. Manuale di sopravvivenza a uso e consumo del contribuente (in edicola a 9 euro più il prezzo del quotidiano), il nuovo libro della collana della Verità, inaugurata con L'islam in redazione. Il volume è scritto dall'avvocato tributarista Luciano Quarta, membro della commissione giustizia tributaria presso il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano e fra i fondatori del Centro studi sulla fiscalità internazionale. L'obiettivo del manuale non è aiutare a evadere le tasse, ma dare gli strumenti per reagire in modo legale e non pagare cartelle illegittime.Quando cominciai a lavorare e dunque ad avere un reddito, vale a dire 40 anni fa, mi obbligai a compilare la dichiarazione dei redditi. Ricordo che a maggio, quando si avvicinava l'ora di presentare il 730, cominciavo a leggere le istruzioni allegate al modello acquistato in cartoleria. Pur essendo a digiuno di norme fiscali e senza avere un'adeguata esperienza da ragioniere, alla fine riuscivo sempre a raggiungere l'obiettivo, evitando di ricevere in seguito contestazioni dagli uffici delle entrate. Con il passare degli anni, però, mi resi conto che ogni volta diventava più difficile compilare la dichiarazione senza incorrere in errori. Il compendio di istruzioni allegato al 730 diventava sempre più ampio e sempre più complicato. Capire quali fossero gli adempimenti, per me che non ero un esperto, era una specie di corsa a ostacoli che mi faceva arrivare al traguardo sul filo di lana, cioè alla data ultima di presentazione del modello. Gli ultimi anni in cui mi obbligai a predisporre la dichiarazione, la corsa a ostacoli diventò una via crucis, tale era la complessità delle disposizioni previste dalle normative.Inutile dire che, di pari passo con le difficoltà, cresceva il prelievo. Già, perché da una pressione fiscale relativamente bassa si passava a quella più elevata, fino ad arrivare all'attuale. Il fisco stava cioè diventando vorace, dovendo finanziare spese e sprechi della pubblica amministrazione. Ovviamente non esisteva ancora Equitalia, l'agenzia delle entrate, ossia la macchina infernale con cui a ogni primavera dobbiamo fare i conti, ma diciamo che la politica stava gettando le sue basi. Ufficialmente tutto ciò avrebbe dovuto consentire di scovare gli evasori e dunque di riequilibrare il carico sui contribuenti. Se tutti pagano le imposte, era ed è la spiegazione, il governo potrà ridurre le aliquote e chi oggi versa tanto potrebbe risparmiare. Sarà, ma allo stato, nonostante le molte concessioni fatte al fisco, tra le quali non va dimenticata la possibilità di accedere senza neppure chiedere il permesso ai nostri conti correnti e in caso di una pendenza da pagare anche di bloccarli, non si sono messe le mani sul tesoretto accumulato dagli evasori (si parla di oltre 100 miliardi di euro che ogni anno verrebbero sottratti alle casse dell'erario: come si faccia a conoscerne l'ammontare però resta un mistero meglio custodito di quello di Fatima) e dunque non si è ottenuto nessun serio sconto sulle imposte. Anzi. Gli uffici preposti a vigilare sulle tasse sono diventati sempre più invadenti e sempre più determinati. Di pari passo con la legislazione fiscale (e di conseguenza con gli adempimenti che, secondo un commercialista, ormai richiedono un compendio all'uso e alla compilazione della dichiarazione dei redditi che ormai supera le 700 pagine, mentre in altri Paesi al massimo si arriva a cinque) cresce infatti l'arroganza degli esattori, i quali non guardano in faccia a nessuno e spesso non guardano neppure agli errori commessi dai propri uffici, ma pretendono comunque che sia fatto il versamento.Credo non esista italiano che non si sia visto recapitare una di quelle ormai tristemente famose lettere verdine con cui l'Agenzia delle entrate notifica la pretesa di un pagamento. I termini sono sempre ultimativi e sempre in qualche modo minacciosi. Se non si provvede a saldare il conto, quasi sempre originato da motivi oscuri, l'ufficio minaccia sanzioni a caterva. E quando non basta, passa alle vie di fatto, promettendo blocchi dell'autovettura, pignoramenti dell'abitazione e - se non bastasse -ganasce fiscali perfino al conto corrente di famiglia.Ma sono davvero dovute le somme che il fisco proditoriamente reclama? Spesso no. Non di rado le richieste sono frutto di errori e interpretazioni sbagliate delle norme, ma anche quando è facile accertarlo, i funzionari insistono nel pagamento della cifra indicata, rimandando a dopo, cioè a babbo morto, il recupero di quanto si sia versato. Il motto tanto caro agli uffici è: intanto paga, poi fai ricorso. Inutile dire che, ovviamente, per potersi appellare è indispensabile il versamento di almeno una parte del dovuto. In tal modo il fisco incassa e, qualora si accerti che non ne aveva titolo, rimborserà con comodo, ovvero con i tempi della giustizia tributaria italiana.Per descrivere questa prassi, che se fosse messa in atto da un privato e non dallo Stato indurrebbe a parlare di estorsione, è stato coniato addirittura un nome: cartella pazza, ovvero talmente assurda che non dovrebbe neppure essere emessa. Purtroppo, invece, la letterina non solo parte, ma una volta inviata risulta difficile se non impossibile fermarla. Il contribuente quasi sempre si trova coinvolto in un meccanismo infernale, con un rinvio da un ufficio all'altro e con la richiesta di dimostrare l'errore sempre a suo carico.Il libro che avete tra le mani si pone proprio l'obbiettivo di aiutarvi e non lasciarvi soli di fronte a quella macchina infernale chiamata fisco. Il nostro non è un manuale scritto per gli evasori, ma una guida per i contribuenti onesti vessati dal fisco. Si può evitare di pagare una cartella pazza? Sì, ma bisogna avvalersi di tutti gli appigli. Si può respingere un accertamento o peggio un avviso di riscossione? Sì, ma è indispensabile sapere come muoversi nel complicato groviglio di norme. Ecco, il libro scritto da Luciano Quarta risponde a questa esigenza. Quarta è un esperto avvocato e nel corso degli anni ha maturato una forte competenza nel settore. Volendolo definire, è una specie di personal trainer fiscale, uno che grazie all'esperienza è in grado di tenere corsi di sopravvivenza fiscale, aiutando i contribuenti a superare i passaggi più difficili e a resistere alle prove più complicate. Credo che in tempi come questi in cui l'ora più buia si avvicina, avere di fianco le istruzioni di Quarta sia confortante. Perché sarà anche vero quanto disse anni fa il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ossia che pagare le tasse è bello, ma sapere di pagare il dovuto, senza essere presi per il bavero dallo Stato e sentirsi taglieggiati dall'erario, è ancora più bello.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».






