Inutile dire che, di pari passo con le difficoltà, cresceva il prelievo. Già, perché da una pressione fiscale relativamente bassa si passava a quella più elevata, fino ad arrivare all'attuale. Il fisco stava cioè diventando vorace, dovendo finanziare spese e sprechi della pubblica amministrazione. Ovviamente non esisteva ancora Equitalia, l'agenzia delle entrate, ossia la macchina infernale con cui a ogni primavera dobbiamo fare i conti, ma diciamo che la politica stava gettando le sue basi. Ufficialmente tutto ciò avrebbe dovuto consentire di scovare gli evasori e dunque di riequilibrare il carico sui contribuenti. Se tutti pagano le imposte, era ed è la spiegazione, il governo potrà ridurre le aliquote e chi oggi versa tanto potrebbe risparmiare. Sarà, ma allo stato, nonostante le molte concessioni fatte al fisco, tra le quali non va dimenticata la possibilità di accedere senza neppure chiedere il permesso ai nostri conti correnti e in caso di una pendenza da pagare anche di bloccarli, non si sono messe le mani sul tesoretto accumulato dagli evasori (si parla di oltre 100 miliardi di euro che ogni anno verrebbero sottratti alle casse dell'erario: come si faccia a conoscerne l'ammontare però resta un mistero meglio custodito di quello di Fatima) e dunque non si è ottenuto nessun serio sconto sulle imposte. Anzi. Gli uffici preposti a vigilare sulle tasse sono diventati sempre più invadenti e sempre più determinati. Di pari passo con la legislazione fiscale (e di conseguenza con gli adempimenti che, secondo un commercialista, ormai richiedono un compendio all'uso e alla compilazione della dichiarazione dei redditi che ormai supera le 700 pagine, mentre in altri Paesi al massimo si arriva a cinque) cresce infatti l'arroganza degli esattori, i quali non guardano in faccia a nessuno e spesso non guardano neppure agli errori commessi dai propri uffici, ma pretendono comunque che sia fatto il versamento.
Credo non esista italiano che non si sia visto recapitare una di quelle ormai tristemente famose lettere verdine con cui l'Agenzia delle entrate notifica la pretesa di un pagamento. I termini sono sempre ultimativi e sempre in qualche modo minacciosi. Se non si provvede a saldare il conto, quasi sempre originato da motivi oscuri, l'ufficio minaccia sanzioni a caterva. E quando non basta, passa alle vie di fatto, promettendo blocchi dell'autovettura, pignoramenti dell'abitazione e - se non bastasse -ganasce fiscali perfino al conto corrente di famiglia.
Ma sono davvero dovute le somme che il fisco proditoriamente reclama? Spesso no. Non di rado le richieste sono frutto di errori e interpretazioni sbagliate delle norme, ma anche quando è facile accertarlo, i funzionari insistono nel pagamento della cifra indicata, rimandando a dopo, cioè a babbo morto, il recupero di quanto si sia versato. Il motto tanto caro agli uffici è: intanto paga, poi fai ricorso. Inutile dire che, ovviamente, per potersi appellare è indispensabile il versamento di almeno una parte del dovuto. In tal modo il fisco incassa e, qualora si accerti che non ne aveva titolo, rimborserà con comodo, ovvero con i tempi della giustizia tributaria italiana.
Per descrivere questa prassi, che se fosse messa in atto da un privato e non dallo Stato indurrebbe a parlare di estorsione, è stato coniato addirittura un nome: cartella pazza, ovvero talmente assurda che non dovrebbe neppure essere emessa. Purtroppo, invece, la letterina non solo parte, ma una volta inviata risulta difficile se non impossibile fermarla. Il contribuente quasi sempre si trova coinvolto in un meccanismo infernale, con un rinvio da un ufficio all'altro e con la richiesta di dimostrare l'errore sempre a suo carico.
Il libro che avete tra le mani si pone proprio l'obbiettivo di aiutarvi e non lasciarvi soli di fronte a quella macchina infernale chiamata fisco. Il nostro non è un manuale scritto per gli evasori, ma una guida per i contribuenti onesti vessati dal fisco. Si può evitare di pagare una cartella pazza? Sì, ma bisogna avvalersi di tutti gli appigli. Si può respingere un accertamento o peggio un avviso di riscossione? Sì, ma è indispensabile sapere come muoversi nel complicato groviglio di norme. Ecco, il libro scritto da Luciano Quarta risponde a questa esigenza. Quarta è un esperto avvocato e nel corso degli anni ha maturato una forte competenza nel settore. Volendolo definire, è una specie di personal trainer fiscale, uno che grazie all'esperienza è in grado di tenere corsi di sopravvivenza fiscale, aiutando i contribuenti a superare i passaggi più difficili e a resistere alle prove più complicate.
Credo che in tempi come questi in cui l'ora più buia si avvicina, avere di fianco le istruzioni di Quarta sia confortante. Perché sarà anche vero quanto disse anni fa il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ossia che pagare le tasse è bello, ma sapere di pagare il dovuto, senza essere presi per il bavero dallo Stato e sentirsi taglieggiati dall'erario, è ancora più bello.





