
La sfida lanciata dal governo italiano agli altri Paesi Ue stabilisce un principio: non è un dogma che tutti coloro che partono dall'Africa debbano arrivare qui. Sono trascorsi 21 anni da quando l'Italia decise di usare le maniere forti per mettere fine agli sbarchi di immigrati. All'epoca il vicepremier non aveva il volto guerriero di Matteo Salvini, ma quello allo zucchero filato di Walter Veltroni, mentre il presidente del Consiglio non era lo sconosciuto professor Giuseppe Conte, ma un docente assai più noto che godeva anche della benedizione delle gerarchie vaticane, cioè l'ex presidente dell'Iri, Romano Prodi. Al Viminale non c'era il duce della Lega, ma un ex comunista che sarebbe diventato due volte presidente della Repubblica, vale a dire Giorgio Napolitano, e il ministro della Difesa altri non era che uno dei padri nobili dell'Ulivo, ovvero il professor Beniamino Andreatta. Non tutti lo ricordano, ma di fronte alle ondate di immigrati che arrivavano dall'Albania, l'Italia buonista del professor Mortadella, quella che era contraria a ogni razzismo e schifava le camicie verdi di Umberto Bossi giudicandole xenofobe, non chiuse i porti, ma reagì con il blocco navale. Il canale d'Otranto venne «blindato» dalle navi della Marina militare, cui fu ordinato di non lasciare passare uno spillo. Durò tre giorni, poi tutto finì in tragedia: nel pomeriggio del venerdì santo una motovedetta albanese carica di disperati cercò di forzare il blocco e urtò contro una corvetta italiana. La nave dei profughi colò a picco in un amen, portandosi dietro il carico di uomini, donne e bambini. Il bilancio fu di 81 morti e una ventina di dispersi: i superstiti furono una trentina. Naturalmente i molti che strillano per la decisione del ministro dell'Interno di chiudere i porti alla Aquarius, l'imbarcazione usata da Sos Méditerranée per traghettare i migranti dalle acque libiche a quelle italiane, il naufragio della Kataer i Radaes (così si chiamava l'imbarcazione affondata) preferiscono non ricordarlo. Gridano contro Salvini, accusandolo di aver macchiato a livello mondiale l'immagine dell'Italia, senza sapere che la macchia più grave porta la data del 28 marzo del 1997 e a provocarla fu chi oggi si schiera per l'accoglienza a tutti i costi, non contento di aver affollato l'Italia di presunti profughi, una massa di oltre mezzo milione di persone che vive ai margini, tra illegalità e degrado. Del resto non c'è da stupirsi della memoria corta di molti commentatori, i quali oggi insorgono di fronte al divieto di far attraccare nei nostri porti le navi delle Ong che vanno a pesca di migranti. Se perfino l'ex ministro dell'Interno, che per primo minacciò di impedire gli attracchi. dimentica di averlo proposto, non si può pretendere che lo ricordino gli editorialisti. Era l'agosto di un anno fa quando Marco Minniti, l'esponente del Pd che ieri definiva un azzardo la mossa di Salvini, fece la voce grossa con l'Europa. Per fermare gli sbarchi il ministro minacciò la linea dura, che però venne messa in discussione dal suo omologo ai Trasporti, Graziano Delrio, il quale avendo competenza sulle Infrastrutture rifiutò la serrata dei porti alle Ong. Si rischiò la crisi, tanto che Minniti saltò la riunione del consiglio dei ministri. Fu Paolo Gentiloni a metterci una pezza, dichiarando apprezzamento per il lavoro del Viminale, ma poi arrivò anche l'aiuto del Quirinale, che mise fine alla tempesta. Gli accordi sotto banco con le milizie libiche per fermare le partenze degli immigrati fecero il resto. Tuttavia gli accusatori di Salvini non si sono scordati solo di quanto minacciò Minniti, ma hanno rimosso anche quel che fece un altro loro idolo, ovvero Emmanuel Macron. All'inizio di luglio dello scorso anno il governo italiano cercava una strada per sbolognare un po' di profughi all'Europa e sembrava che si fosse schiuso uno spiraglio dopo un vertice a tre, fra Italia, Germania e Francia. Ma invece della tanto attesa apertura delle frontiere ai migranti, arrivò la chiusura dei porti. Il presidente francese, infatti, annunciò che nessuna nave con a bordo richiedenti asilo sarebbe stata fatta attraccare nei porti francesi. E così fu. Ora qualcuno, dunque, dovrebbe spiegare se a essere esecrabili, fasciste e razziste eccetera eccetera sono solo le decisioni del nuovo governo. Mentre quelle di Prodi e di Minniti no. Come pure quelle del toy boy dell'Eliseo, giudicate anzi splendide. La verità, molto più banalmente, è che a qualcuno faceva comodo che l'Italia fosse il molo di tutte le navi cariche di immigrati in fuga dalla miseria e dalla legge. Faceva comodo ai Paesi che le lasciavano partire e faceva ancor più comodo ai Paesi che, come Malta, pur essendo profumatamente pagati per accogliere i naufraghi si voltavano dall'altra parte. Ora il nuovo governo ha detto stop e l'Aquarius è stata dirottata a Valencia. Bene: da qualche parte bisognava pur cominciare e il respingimento della nave tedesca è un inizio. Vedremo presto se a questo primo stop ci sarà anche un seguito e soprattutto se l'Europa ha capito che in Italia la musica è cambiata.
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».
Lo speciale contiene due articoli
La Philarmonie (Getty). Nel riquadro, l'assalto dei pro Pal
A Parigi i pro Pal interrompono con i fumogeni il concerto alla Philarmonie e creano il caos. Boicottato un cantante pop per lo stesso motivo. E l’estrema sinistra applaude.
In Francia l’avanzata dell’antisemitismo non si ferma. Giovedì sera un concerto di musica classica è stato interrotto da militanti pro Pal e, quasi nello stesso momento, un altro concerto, quello di un celebre cantante di origine ebraica, è stato minacciato di boicottaggio. In entrambi i casi, il partito di estrema sinistra La France Insoumise (Lfi) ha svolto un ruolo non indifferente.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.






