2021-03-28
Approfittiamo dei guai tedeschi per una nuova alleanza fra Usa e Ue
L’impoverimento interno della Germania può essere volto a nostro vantaggioLa Germania è in tilt sia interno sia esterno. Pertanto la storica «Questione tedesca» in Europa riemerge come Germania indebolita da una collocazione internazionale ambigua e da un modello economico insostenibile: il rischio è che tale debolezza venga trasferita all’Ue sia in forma di nuovo nazionalismo rivendicativo che impedisca la riparazione dell’euro - moneta costruita dal tetto senza i muri - e dell’architettura politica complessiva del mercato unico, sia che porti l’Ue stessa a essere un «vaso di coccio» tra America e Cina. Poiché l’euro incompiuto è una moneta disfunzionale per i risparmiatori italiani e per l’Italia il mercato europeo integrato è un moltiplicatore di forza, la «questione tedesca» deve entrare nelle attenzioni del dibattito nazionale. Le alternative: pressare la Germania per tenerla in un binario eurocompatibile o rassicurarla per evitarne il ritorno all’irresponsabilità? I lettori potrebbero essere sorpresi dall’idea che la Germania sia un’economia debole. Ma essa ha un modello, l’economia sociale di mercato, la cui inefficienza sul piano della crescita interna viene bilanciata via introiti da export, sostenuto da una politica mercantilista per cui è irrilevante se si vende ai buoni o ai cattivi. Il problema è che il motore dell’export potrebbe incepparsi: non potrà continuare a vendere sia alla Cina sia all’America. Inoltre, la seconda - il cui deficit commerciale è il motore dell’export altrui - vuole una relazione commerciale simmetrica. È finito il mondo in cui la Germania poteva essere ricca nonostante modello interno sbagliato e collocazione neutralista. Ma sta tentando di mantenere la seconda per non cambiare il primo. La Francia vuole per altri motivi un’autonomia europea. Ma la Germania non vuole un’autonomia post Nato perché non può rischiare divergenze eccessive con l’America. La diarchia europea è spaccata. Ma il fattore principale del disordine è che fino alla riunificazione la Germania aveva un progetto condiviso tra destra e sinistra: dare potenza all’industria tedesca e prendere un profilo mercantilista per avere i soldi necessari a comprarsi la riunificazione stessa. Una volta ottenuta, però, Berlino non è riuscita a darsi un nuovo progetto nazionale e ha continuato a perseguire quello vecchio, usando l’Ue come moltiplicatore della potenza nazionale. Riforme interne per dipendere meno dall’export? Quella di Gerhard Schröder nel 2000-02 ha creato più dipendenza, permettendo alle industrie tedesche di licenziare i lavoratori caricando sullo Stato i costi dei disoccupati e di comprimere i salari. L’idea era quella di ottenere più soldi aumentando la competitività dell’industria, per bilanciare l’inefficienza del modello con più export. E qui Berlino è andata in tilt perché incastrata in un mercantilismo ora più difficile da praticare. Inoltre, la riforma Schröder ha creato una massa di lavoratori poveri. Va detto che la Germania ha dovuto pagare costi enormi per assorbire la parte orientale. In sintesi, è diventata una nazione in via di impoverimento, ma la sua politica non riesce a trovare un nuovo modello di rilancio. Qui sta il rischio di una reazione nazionalista. Cosa fare? Mario Draghi ha scelto di pressare la Germania ponendola di fronte alla realtà: eurobond o l’euro salterà. Vero. Ma in Germania non è stata ancora assorbita dall’elettorato la rinuncia al marco e non vi sarà consenso sufficiente per una vera europeizzazione. Si consideri poi la prevalenza in Germania del provincialismo culturale, di cui l’espressione di superiorità è un sintomo, nonostante punte di altissima tecnologia, scienza e prodotti intellettuali. Chi scrive suggerisce di attutire la pressione per non risvegliare il mostro, soprattutto in vista delle elezioni politiche di settembre. Ma Draghi ha piena ragione: la questione deve essere risolta. Un modo più prudente per farlo è accelerare il trattato economico tra Ue e America inserendovi uno spazio di relazioni concordate tra Ue stessa, Cina e Russia, nonché l’idea di includere le democrazie dell’Atlantico e Pacifico in un mercato comune a integrazione crescente. Anche la soluzione per bilanciare la perdita di parte dell’export verso la Cina da parte della Germania e di altri, considerando che la Cina è capace sempre più di produzioni proprie e quindi meno dipendente da importazioni manifatturiere. Ma la salvezza dell’euro? Appare più fattibile una pur difficile convergenza euro-dollaro che rafforzi ambedue che non il creare uno Stato europeo che dia fiducia alla moneta. E sembra anche più sensato: l’emergere della Cina e la posizione della Russia forzano le democrazie a compattarsi. In conclusione, si cerchi di assorbire la «Questione tedesca» entro il progetto di creazione di un complesso democratico globale che fornisca dall’esterno un «progetto nazionale» nuovo a ciascuna democrazia. Sarà utile a tutti e anche alla sprovincializzazione della Germania.www.carlopelanda.com
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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