2020-10-23
Anziché liberare i pescatori in Libia il governo dice che hanno sbagliato
(Simona Granati - Corbis/Getty Images)
Khalifa Belqasim Haftar usa l'equipaggio per il suo braccio di ferro con Giuseppe Conte, che ieri era a cena con Fayez Al Serraj. Surreale replica del viceministro Marina Sereni a un'interrogazione di Fdi: «Zona bollata come pericolosa». Resta la carta degli 007.Il primo settembre scorso due pescherecci italiani in acque internazionali vengono bloccati dalla Marina del governo della Cirenaica, guidato dal generale Khalifa Haftar. I 18 marinai presenti vengono portati a Bengasi. Inizialmente accusati di traffico di droga, poi - decaduta anche la fasulla accusa - mandati verso un processo davanti a una corte militare semplicemente per aver solcato quelle acque. Che è bene precisare sono internazionali, ma dal 2019 dichiarate in modo unilaterale di proprietà di Bengasi. Da allora, dei marinai di Mazara del Vallo e degli equipaggi dell'Antartide e della Medinea non si sa quasi nulla. I familiari, che da settimane protestano anche davanti a Palazzo Chigi, sperano solo che tutto si risolva al più presto e non sono interessati ad ascoltare le diatribe politiche che solcano il Mediterraneo da Nord a Sud. Purtroppo però la questione è tutta politica. Haftar formalmente chiede che vengano liberati quattro trafficanti di esseri umani che però sono stati condannati in Italia in via definitiva. Sa bene che non è una strada praticabile e proprio per questo l'ha imboccata. Lo fa per esercitare pressioni al nostro governo, che a partire da settembre ha iniziato un nuovo percorso di riallineamento con le altre potenze Ue e gli Usa. Fino a gennaio, invece, Giuseppe Conte accoglieva il generale della Cirenaica a Roma stendendogli i tappeti rossi come si fa con i capi di Stato. Peccato che Haftar non sia riconosciuto dalla nostra diplomazia e ancor più peccato che lo stesso generale pochi giorni prima di volare a Roma avesse fatto bombardare l'accademia dei cadetti di Fayez Al Serraj, nostro alleato. Purtroppo adesso di questa confusione politica sono vittime innocenti i nostri marinai. E Roma non sa come uscirne. Ieri sera il leader di Tripoli, Al Serraj, è stato a Palazzo Chigi, mentre il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, ha organizzato un meeting con tunisini e maltesi sulla sicurezza del Mediterraneo occidentale. Appare dunque paradossale la risposta che il governo ha inviato solo due giorni fa a un'interrogazione del vicepresidente del Copasir e senatore di Fdi, Adolfo Urso. Il viceministro Marina Sereni si dilunga in una premessa a dir poco stonata. «L'intervento libico sembra essere scatenato dalla presunta violazione dell'autoproclamata zona di pesca protetta», scrive. Zona che dal maggio 2019 è stata bollata dal Cocist (Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture) come pericolosa. Il viceministro aggiunge pure che le autorità italiane invitano i pescherecci a fare attenzione e allontanarsi, tanto più che anche il sito della Farnesina Viaggiare sicuri lancia alert sulla pericolosità dell'area. Se non bastasse, come a dare agli armatori e ai nostri mariani dei turisti del mare, scrive che «riteniamo inaccettabile il fermo» e «L'Italia non tollera ricatti. Ciò non toglie che quella rimane una zona a rischio» e che bisognerà affrontare il tema «della progressiva territorializzazione del Mediterraneo». Grande scoperta da parte del viceministro piddino. Inaccettabile però scrivere una tale missiva. «Significa scaricare colpe su lavoratori italiani che vanno in quelle aree per poter mantenere le famiglie», commenta Urso, ribadendo la necessità di una urgente assunzione di responsabilità da parte del governo. Spesso, inoltre, si trovano lì proprio perché costretti dalle norme Ue a spostarsi più a Sud. E come alcuni rappresentanti della marina di Mazara ci confermano, le mail che arrivano dalla Guardia costiera contengono generici alert. Non sono mai stati inviati messaggi di proibizione, tant'è che fino a un anno e mezzo fa spesso c'erano scorte armate a garantire la sicurezza degli equipaggi. Quei tratti di mare di chi sono? Se si tratta di acque internazionali vanno tutelate da una richiesta infondata di Haftar, altrimenti bisogna ufficialmente proibirle ai nostri marinai. Si tratta di una questione meramente politica. Infatti, nella lettera di risposta all'interrogazione di Urso (ne esiste anche una diretta alla senatrice Isabella Rauti) è contenuta una smentita che sa tanto di conferma. «Anche al fine di rispondere alle speculazioni su un presunto legame tra l'ultima visita di Di Maio in Libia e il fermo dei pescatori», si legge, «è opportuno ricordare solo alcuni degli episodi verificatisi in passato. Qui la Sereni fa un elenco di altri sequestri. L'autogol è però chiaro. Negli altri casi i marinai sono stati liberati dopo poco o a fornte del pagamento di una multa. Stavolta è diverso. Il primo settembre, poco prima del blocco di Antartide e Medinea Di Maio era a Tripoli per cambiare strategia politica e anticipare quanto sta accadendo in queste ore con l'incontro di Al Serraj e Conte. Non a caso Haftar alza la posta e chiede una contropartita che non può essere maneggiata dai servizi. L'Aise, pur facendosi in quattro, non può certo discutere della liberazione di detenuti in Italia. E Haftar non è il capo di un gruppo terroristico. Ma il capo di un governo non riconosciuto, però letteralmente abbracciato (Palermo, novembre 2018) da Conte. Una grossa grana meno importante delle vite di nostri cittadini.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».