2024-03-02
L’epopea Paracucchi. Dai Motel dell’Agip alla Locanda ambita pure dagli sceicchi
Lo chef Angelo Paracucchi (Getty Images)
Lo chef umbro è stato un vero «underdog» della cucina italiana. Un artigiano del focolare che ha raggiunto la stella Michelin.Andando a ripassare gli annali dei mestoli stellati, il nome di Angelo Paracucchi potrebbe apparire una sorta di Carneade cui la storia non ha reso il giusto merito. Eppure è stato un pioniere di quella rivoluzione che ha portato la cucina italiana da retaggio della memoria familiare a indiscussa protagonista del miglior made in Italy. Viene al mondo in quel di Cannara, nella primavera del 1929, un colle più in là di Assisi, un piccolo Comune ora noto come patria della omonima cipolla, tesoretto goloso tanto intrigante nella sua livrea cromatica quanto stimolante di … lacrimose papille golose.Dopo gli studi in agraria il nostro approda ad Assisi, settore alberghiero. È da poco terminato il conflitto mondiale e il turismo, soprattutto straniero, riappare nella terra francescana. Il ragazzo è sveglio, annusa che c’è tutto un mondo da scoprire con la valigia in spalla. Passa un anno a Londra e raddoppia poi a Monaco di Baviera. Nel 1961 atterra a Spoleto, in un gran hotel dove incontra Luigi Carnacina, altro padre nobile della cucina italiana, che per lui sarà sempre Gigetto. I due si annusano a vicenda e quel primo maestro lo stimola ad approfondire i suoi talenti tra le pentole. Ma è ancora presto. L’Angelo culinario, in attesa di spiccare il volo, tiene i piedi ben saldi per terra, in questo caso tra le pareti dei nascenti Motel Agip lungo le autostrade, bretelle veloci a collegare le diverse realtà nazionali. Dapprima a Bologna, poi a Firenze.È una sorta di direttore di sala che dimostra talento nel pilotare quanto esce dalle cucine verso i tavoli di una clientela quanto mai variegata. Ai vertici dell’Enel, proprietaria dei motel, iniziano a tenerlo d’occhio e lo mettono alla prova sul campo. Gli viene affidata l’ultima creatura, il villaggio turistico a Pugnochiuso, con magnifica vista sul Gargano. Non solo conferma la sua straordinaria abilità, indiscusso regista nell’organizzare feste e banchetti, ma ha pure conferma di come la componente food sia fondamentale nel coinvolgere e magari fidelizzare anche quella clientela non specificatamente gourmet. Un successo dopo l’altro, tanto che è lo stesso Paracucchi a chiedere ai vertici l’autorizzazione per utilizzare alcuni locali per avviare una scuola alberghiera, nel 1966. È tempo di cambiare passo. Paracucchi diventa apripista con garanzia di successo. Sarà lui a gestire il Motel Agip di Sarzana, in quella Lunigiana terra di confine tra Toscana e Liguria. Mai scelta fu più azzeccata. Leggenda racconta che seriali peccatori di gola, magari diretti da Roma a Milano, deviavano senza sensi di colpa per un pieno (calorico) in quel di Sarzana, grazie a quel personaggio che oramai aveva preso le redini della regia ai fornelli di quello che non era più solo un locale da mordi e fuggi con l’occhio al contachilometri. Fu lì che avvenne un altro incontro fondamentale nella vita del nostro Angelo perugino. Capitò da lui, e non certo per caso, un certo Gino Veronelli che, assieme a Mario Soldati, amava raccontare le bellezze del Bel Paese e, se seduti a tavola, ancor meglio. Conseguente l’invito a fare da testimone ai fornelli de La Meridiana, una fortunata serie di alfabetizzazione culinaria in onda sui canali di mamma Rai.La cucina con vista sulle quattro corsie autostradali oramai andava stretta, era ora di innescare la freccia del cambio di direzione, quello definitivo. Nel 1975, con l’aiuto dell’architetto Vico Magistretti, compasso ispirato, nasce la Locanda dell’Angelo, in quel di Ameglia, a due passi dal casello di Sarzana. Qui Paracucchi vola verso le stelle, tanto da essere uno dei primi sette titolari nazionali dell’ambito simbolo assegnato dalla guida gommata transalpina, anche se poi, chissamaiperchè, non si schiodò più dalla monostella per «volare» più in alto, mentre invece continuarono a valorizzarne il talento, sulle rispettive guide, Gino Veronelli e Enzo Vizzari, ovvero L’Espresso, la «rossa» nazionale.Oramai l’Angelo nostro ha mano libera, deve rispondere solo a sé stesso e i risultati gli danno ragione. È una calamita di papille ognidove tanto che, all’inizio, dissero di lui che era il cuoco de «i sceicchi» posto che, dalle terre del petrolio, sempre più venivano a sedersi alla sua tavola anche perché a un tiro di schioppo dall’armigera Oto Melara, così come dalle cave di Carrara per abbellire le loro regge nascenti.In realtà questa era una conseguenza, una delle tante, a fronte dell’impegno di un artigiano del focolare che aveva come regola prima la qualità del prodotto a cui dare, poi, il massimo valore. Tanto che ai primi giornalisti che venivano a intervistarlo chiedendogli come mai, visto il suo successo, non avesse aperto un locale a Milano, la risposta conseguente, come descritto da Salvatore Marchese, era: «A Milano c’è, probabilmente, il mercato più fornito che un cuoco possa immaginare, sia per freschezza sia per varietà dei prodotti. Per uno come me, tuttavia, può non bastare. Le stesse cose, alla Locanda, le posso trovare sulla porta di casa». E, da lì, una descrizione in diretta che dà la chiave di lettura dello spirito che animava il talentuoso personaggio. «Acquisto i branzini dai soliti amici che vanno a pesca quasi per hobby. Le verdure e i funghi li scelgo presso i banchi di simpatiche vecchiette che vengono al mercato per arrotondare la pensione. Per strada incontro gente che mi saluta amichevolmente e mi ferma per scambiare quattro chiacchiere sulla mia ultima trasmissione in televisione o sull’articolo di giornale che mi riguarda».Concludendo poi che, a differenza della città e di una progressiva omologazione di produzione e distribuzione dei prodotti «qui poi la sequenza delle stagioni, per la cucina e il paesaggio, ha ancora un senso». Non erano affermazioni da influencer ante litteram, ma quadretti di vita quotidiana, ben impressi nella mente di chi li ha vissuti. Era lotta tra i fornitori per essere ammessi a consegnare i loro prodotti nella dispensa angelica, tanto che qualcuno si offriva gratis. Ma prima dovevano passare l’esame.Diplomato in Agraria, il nostro conosceva bene i fondamentali di un prodotto e come questo poteva, poi, essere declinato ai fornelli. Si alzava all’alba per andare al vicino mercato di Pallodola, poco fuori Sarzana. Un crocevia di produttori e acquirenti, un baricentro privilegiato tra Riviera ligure e Versilia per arrivare sino alle colline parmensi. Spesso colleghi che passavano da lui per perfezionarsi al suo fianco, o clienti fidelizzati, nell’accompagnarlo dopo il caffè dell’alba potevano assistere a autentici fuoriprogramma. Ad esempio vederlo convincere una signora a vendergli un sacchetto di fagiolini che aveva già nel carrello ed erano migliori di quelli rimasti sul banco. Oppure bloccare per strada, prima di arrivare al mercato, quel certo furgone dove sapeva di trovare dei carciofi che non poteva permettersi il rischio di perdere. Sembrano quadretti un po’ bohémien a dimensione goliardica, ma ne dà una sintesi puntuale Eleonora Cozzella: «L’innovazione di Paracucchi sta proprio nell’aver messo in rassegna il patrimonio dei prodotti tradizionali, di terra e di mare, per poi confrontarlo con l’uso passivamente accettato nella cucina tramandata (di famiglia ma anche della ristorazione tradizionale) e trovare nuovi accostamenti e nuove tecniche, più rispettose dei prodotti e del mutato modo di vivere».Un innovatore, quindi, ma saldamente ancorato alla tradizione della sua terra, posto che si considerava un regionalista i cui ricettari pescavano indifferentemente tra la natia Umbria, l’adottiva Liguria, così come Emilia, Toscana e quanto di buono gli passasse per la dispensa.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.