2024-06-10
Andrea Mazzella: «Così formiamo i doganieri di Gaza»
Andrea Mazzella (Imagoeconomica)
Il responsabile esteri della nostra Agenzia dei monopoli: «Garantiremo a Israele che nella Striscia entrino solo medicinali e aiuti. In Moldova aiutiamo a combattere i traffici criminali, aumentati dopo la guerra in Ucraina». Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) sempre più proiettata all’estero. Numerosi incontri tenuti dal direttore Alesse con delegazioni provenienti da diverse aree geografiche, ma anche missioni condotte all’estero. La più recente, lo scorso 29 maggio, ha portato Adm in Moldova, un confine vicino al teatro bellico russo ucraino, e si è conclusa con la visita, da parte della delegazione italiana, del punto di attraversamento doganale di Palanca, al confine con l’Ucraina, snodo strategico verso il porto di Odessa. Abbiamo rivolto alcune domande al direttore delle relazioni internazionali Andrea Mazzella per approfondire gli obiettivi dell’internazionalizzazione di Adm Lei ha guidato l’Agenzia anche in aree più calde, come il confine tra Moldova e Ucraina. Quali sono le motivazioni alla base di questa ripresa dell’attività internazionale dell’Agenzia?«Riteniamo che Adm possa essere considerata un asset strategico per il sistema Italia, in grado di facilitare il commercio e mettere a disposizione la propria expertise per stabilizzare e rinforzare i punti di controllo delle aree dei Balcani occidentali, del Nord Africa, del Medio Oriente, e anche, come nel caso dell’ultima missione svolta, del confine moldavo ucraino».Come coordinare attività in aree così diverse tra di loro?«Evidentemente gli interventi possono essere di vario genere, a seconda del contesto. Adm ha un’area di competenza vastissima che copre il controllo doganale, le accise, i monopoli. Nell’ambito doganale, rivestono particolare rilevanza le attività antifrode relative al contrasto ai traffici illeciti di armi, stupefacenti e alla salvaguardia del Made in Italy. Più in generale va considerato, inoltre, che il sostegno alle dogane di uno Stato estero ne rafforza implicitamente la struttura delle istituzioni grazie all’aumento del gettito fiscale e in generale dei controlli in uscita e in ingresso del Paese. Ma le dogane fungono anche da catalizzatore e facilitatore dei flussi commerciali».In che modo l’agenzia fornisce supporto ai Paesi destinatari delle misure di sostegno? «Per fare qualche esempio concreto posso dire che attualmente: abbiamo concluso con l’Egitto un accordo per la facilitazione delle operazioni transfrontaliere delle spedizioni Ro.Ro. (Roll on - Roll off) tra Trieste e Damietta, che riduce i tempi di attesa per i prodotti della filiera agroalimentare anche di quattro o cinque giorni, abbattendo quindi i costi logistici che in ultima analisi si ripercuotono sui consumatori europei. Questo accordo avrà conseguenze concrete, concorrendo a moltiplicare il commercio tra l’Africa e l’Europa e rinforzando il primato di Trieste quale principale hub commerciale dell’Adriatico. In Tunisia ed Albania abbiamo proposto, di concerto con la Guardia di Finanza, un programma di assistenza tecnica per formare doganieri a tutto tondo, ivi incluso l’utilizzo dei nuovi laboratori di analisi chimica di cui si sono dotati e che potranno servire per i prodotti agricoli ma anche per gli olii e i carburanti». Qualche dettaglio in più sull’Albania?«In Albania stiamo coordinando il programma Seed+ (Systematic Electronic Exchange of Data), che si basa su una piattaforma di scambio di dati doganali in tempo reale tra le amministrazioni di Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. In Serbia e Bosnia stiamo portando avanti, in consorzio con realtà pubbliche e private, progetti nel campo della digitalizzazione delle dogane, dell’assimilazione della legislazione doganale europea, della gestione del rischio e dei controlli valutari». Vi occupate anche di Gaza?«Sì, da ultimo, nel quadro dell’operazione “Food for Gaza” lanciata dal ministro Tajani in collaborazione con la Protezione civile e con l’Autorità portuale di Gioia Tauro, Adm ha ricevuto una delegazione di doganieri palestinesi a scopi formativi e invierà uno scanner tridimensionale a Cipro con l’obiettivo di fornire un aiuto concreto alla popolazione di Gaza facilitando le operazioni di sdoganamento dei container che trasportano aiuti umanitari. Il contributo di Adm alla realizzazione della complessa operazione è centrale anche grazie all’invio di tre squadre che assisteranno le autorità cipriote nella messa in opera e gestione della delicata attrezzatura. Questi progetti vivono anche grazie al recente protocollo di intesa stipulato con l’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo, lo scorso marzo, che permette all’Agenzia di essere una delle leve a disposizione del governo, da utilizzare nel quadro del piano Mattei». Fate formazione diretta?«Mentre le parlo una delegazione palestinese della General Administration for Borders and Crossings (Gabc) è giunta in Italia per un modulo formativo da noi coordinato con la partecipazione di Gdf Carabinieri, Aifa e ministero della Salute. L’obiettivo è formare i tecnici doganali in grado di effettuare controlli rapidi facilitando l’accesso di medicinali e generi di prima necessità. Guardiamo già al momento in cui la situazione evolverà auspicabilmente verso una progressiva normalizzazione e quindi al momento in cui i funzionari Gabc, sotto il coordinamento della missione doganale europea Eubam Rafah, potranno tornare nei valichi di controllo. È evidente che il problema degli aiuti alla popolazione di Gaza è una questione essenzialmente politica ma noi possiamo fare molto dal punto di vista tecnico e amministrativo per rassicurare il governo israeliano, garantendo la natura degli aiuti che giungeranno alla popolazione palestinese». E la controparte israeliana?«Come direttore delle relazioni internazionali incontrerò, a margine della prossima Customs Cooperation Council del 27 giugno, il direttore delle dogane israeliane e ho intenzione di recarmi a Tel Aviv, per affrontare il tema del controllo doganale degli aiuti diretti a Gaza, con l’obiettivo di raggiungere con la nostra controparte un accordo tecnico che ne faciliti il flusso». Per tornare alla recente missione in Moldova, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati?«La Moldova è ormai divenuta de facto il punto di accesso tra l’Ucraina e l’Unione europea. Tra il territorio moldavo e quello ucraino esistono ad oggi otto punti di frontiera, a cui si aggiungerà presto il punto di attraversamento di Cosăuti, sul fiume Dnestr, che accelererà il traffico viaggiatori e merci tra Kiev e Chisinau di anche quattro-cinque ore. Sulla frontiera tra questi due Stati sono in aumento i fenomeni illegali. Su quel confine transitano i profughi, prevalentemente donne e bambini, vittime del conflitto in corso, o gli uomini di nazionalità ucraina che tentano di sfuggire all’arruolamento coatto. Insieme al direttore delle dogane moldave, abbiamo visitato il punto di confine di Palanca, situato sull’asse stradale verso Odessa, che dista circa 50 chilometri, e fatto un breve assessment delle loro necessità più urgenti. Il nostro compito ritengo sia aiutare, nel modo più efficace, i moldavi a far funzionare le proprie dogane anche in questo momento così difficile, garantendone l’osmosi col territorio ucraino e contrastando al contempo le dinamiche patologiche, come le triangolazioni commerciali elusive e gli altri fenomeni illegali che la guerra ha portato con sé».Si riferisce all’apparato sanzionatorio e ai beni dual use diretti verso la Russia?«Sì, certo, ma non solo. Vi sono fenomeni e aree di illegalità che riguardano anche la Transnistria e tutte quelle realtà criminali che non possono più operare indisturbate nel territorio ucraino a causa della guerra e che si sono trasferite altrove e ora puntano a speculare in ogni modo sul conflitto in corso. Per questo dobbiamo elevare il livello di guardia, aiutando gli amici moldavi con i nostri sistemi di analisi del rischio e contrasto alle frodi. Con questo obiettivo abbiamo firmato, durante la missione a Chisinau, una “Dichiarazione di intenti” congiunta, che prevede lo scambio di informazioni ed esperienze, lo sviluppo di strategie di gestione dei rischi doganali e l’organizzazione di corsi formativi».Nel corso della sua carriera da diplomatico, ha servito in diversi Paesi caratterizzati da forte instabilità, come l’Albania del presidente Meidani, la Somalia e la Repubblica del Congo. Che cosa prevede per l’evoluzione del conflitto russo ucraino?«È difficile fare previsioni ottimistiche, giunti a questo punto su una vicenda che ci riporta indietro di settant’anni. Le nuove generazioni non conoscono la guerra, ma gli effetti sulla popolazione civile sono reali e si possono già riscontrare in tutta la loro crudeltà, anche in località come la Moldova ma anche la Lituania, la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria e la Romania. La gravità della situazione ci impone realismo e capacità di visione prospettica. Il livello tecnologico raggiunto dai contendenti è ormai tale per cui non ci sarebbe un vero vincitore e, qualora si arrivasse allo scontro diretto con la Russia, le conseguenze più devastanti sarebbero quelle sul territorio europeo. Per questo ritengo che l’Ue dovrebbe impegnarsi al massimo per scongiurare questa ipotesi catastrofica e trovare una soluzione diplomatica alla crisi, soluzione che, a mio modo di vedere, è ancora possibile».Fa riferimento alla conferenza di pace al Bürgenstock prevista in Svizzera a metà giugno?«Non spetta a me dirlo, nel senso che oggi svolgo un lavoro diverso. Evidentemente un negoziato diplomatico che possa chiamarsi tale ha alcuni presupposti irrinunciabili, come la presa in considerazione degli interessi vitali dei soggetti coinvolti. Tra questi c’è il diritto all’integrità territoriale dell’Ucraina ma anche la tutela dell’accesso al Mar Nero per la Russia che fa parte del Dna di quella nazione. Questo è il primo presupposto per sedersi seriamente al tavolo a dialogare sulla base del rispetto dei principi salienti del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. La pace, ritengo sia in questo momento una primaria responsabilità europea».
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 9 ottobre 2025. Ospite Francesca Pascale. L'argomento del giorno è: "Gaza, Flotilla, Francesca Albanese, diritti civili, politica e preziosi ricordi del presidente Berlusconi".
A Dimmi La Verità con Francesca Pascale parliamo di Gaza, diritti civili, politica e di Silvio Berlusconi.