2021-12-01
Ancora guai per Amara e Verdini
Il «pentito» della loggia Ungheria patteggia per bancarotta: 6 mesi da sommare alle altre condanne. L’ex senatore dovrà risarcire 8,6 milioni di contributi all’editoriaNon bastava l’inchiesta avviata in modo rocambolesco a Milano e finita a Perugia a turbare tranquillità e riservatezza degli uomini della presunta Loggia Ungheria: ora, in un solo giorno, Denis Verdini, indicato come uno dei confratelli nei verbali milanesi e indagato dai pm perugini, è stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire un danno erariale da 4,8 milioni di euro alla Presidenza del Consiglio, mentre l’avvocato-faccendiere Piero Amara, la gola profonda che ha svelato l’esistenza di Ungheria, ha patteggiato a Roma una pena da sei mesi di reclusione per una bancarotta fraudolenta da 1,4 milioni di euro. La condanna di Amara, detenuto a Terni per un cumulo di pene, si va ad aggiungere a quelle precedenti. La società mandata a gambe all’aria è la P&G corporate srl, su cui i magistrati della Capitale avevano avviato un’indagine. L’ex pm Stefano Fava, ora giudice a Latina, proprio in questa inchiesta avrebbe voluto arrestare Amara, cosa che non si concretizzò, perché il procuratore aggiunto Paolo Ielo lo riteneva un importante testimone d’accusa. In realtà le vicende successive hanno dimostrato che anche dopo l’inizio della finta collaborazione, Amara ha continuato a commettere reati, come denunciato da Fava, dall’Eni e da diverse altre Procure. Nell’udienza di ieri il giudice dell’udienza preliminare ha ratificato il patteggiamento, a 1 anno e 4 mesi di reclusione, anche per Diego Calafiore, fratello di Giuseppe, avvocato e collega di studio (e di loggia) di Amara, la cui posizione è stata stralciata. «La società è di Calafiore», spiega l’avvocato Savino Mondello, che difende Amara, «il mio assistito risulta coinvolto perché la Procura ha ritenuto che fosse un amministratore di fatto, posizione questa che ovviamente noi contestiamo. È stata scelta la strada del patteggiamento per evitare di affrontare i molteplici capi d’imputazione, seppure questi siano arrivati all’udienza preliminare già molto ridimensionati. Non c’era nulla da risarcire, perché non ci sono somme distratte né profili rispetto ai quali qualcuno può essere stato danneggiato. La bancarotta, peraltro, ci appare di natura molto dubbia». Gli altri imputati, invece, sono stati rinviati a giudizio. Il processo per l’imprenditore Fabrizio Centofanti e altre due persone è fissato per il 7 giugno davanti ai giudici del collegio del Tribunale di Roma. Nel capo di imputazione la Procura contesta ad Amara e agli altri imputati di avere concorso a «cagionare il fallimento della società per effetto di operazioni dolose, segnatamente interponendo sistematicamente la fallita nelle fatturazioni concernenti le asserite prestazioni professionali rese dagli avvocati Amara e Giuseppe Calafiore a soggetti terzi clienti, caricando di oneri di conseguenza la fallita delle imposte in relazione alle fatture emesse ed omettendo di pagare i debiti sociali per imposte e tasse per oltre 1,4 milioni di euro». Anche l’ex senatore di Ala (la stampella del governo di Matteo Renzi) Verdini, proprio come Amara, è stato considerato dall’accusa l’amministratore di fatto di una società, la Società toscana di edizioni, più nota come Ste (per la cui bancarotta fu condannato in sede penale nel 2018, in primo grado, a 5 anni e 6 mesi, insieme ad altri amministratori dell’azienda). La citazione in giudizio della Corte dei conti riguardava un presunto danno erariale collegato ai contributi pubblici percepiti, indebitamente secondo l’accusa, dalla Ste nelle annualità 2008 e 2009, dal fondo per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Inoltre, Verdini, socio pure della Sette mari scarl, è stato condannato in solido con gli altri convenuti (tra i quali compare anche Massimo Parisi, anche lui ex deputato di Ala), a rifondere 3.846.507 euro «a titolo di responsabilità principale dolosa», per altri contributi illeciti, percepiti dalla stessa editrice Sette mari, sempre per il 2008 e il 2009. L’indagine contabile è stata avviata oltre due anni fa e il procedimento è cominciato il 12 febbraio scorso. Nel giro di poche udienze si è giunti alla decisione, sfavorevole per Verdini & C. È stato proprio Amara a riferire ai magistrati che «Verdini era un associato» e che si era «manifestato a lui». E ha fornito ai pm un manoscritto «in originale redatto da Verdini» che conterrebbe le dichiarazioni che l’ex avvocato dell’Eni avrebbe dovuto rendere nel processo a carico di Verdini a Messina «per finanziamenti illeciti». D’altra parte, aggiustare i processi era una delle specialità di Amara. Una delle tante con cui si è ficcato nei guai.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)