Il giro d'affari di imprese e partite Iva perduto nel 2020 è di circa 350 miliardi. Gli aiuti ricevuti non sono neanche il 10% del calo di fatturato. E da maggio si ritorna a pagare
Il giro d'affari di imprese e partite Iva perduto nel 2020 è di circa 350 miliardi. Gli aiuti ricevuti non sono neanche il 10% del calo di fatturato. E da maggio si ritorna a pagareLe attività aperte al pubblico restano chiuse per tutto il mese di aprile. Forse riapriranno dopo il ponte del primo maggio. Purtroppo il calcolo dei danni non è più un esercizio matematico. Ma una dura realtà. Basta prendere la somma dei ristori erogati dai due governi Conte e Draghi e metterla in relazione al calo di fatturato delle imprese e delle partite Iva. Gli aiuti diretti sono stati 54 miliardi fino a dicembre e 11 contenuti del decreto Sostegni. Il giro d'affari perduto nel 2020 è di circa 350 miliardi. In proporzione gli aiuti non sono nemmeno il 20% del calo di fatturato. Se poi si prende in considerazione la somma effettivamente incassata a oggi non si supera quota 27 miliardi di euro. Molto meno del 10% dei mancati ricavi. Con tali premesse si capisce che insistere con tale schema è suicida per il Paese. Prima andrebbero erogati i soldi e poi andrebbero chiuse le aziende. In questo la linea operativa tra Mario Draghi e Giuseppe Conte non sta dimostrando alcun tipo di discontinuità. Nella sua prima conferenza stampa il premier ha tenuto a fare un importante inciso sulle scelte di politica economica che il governo metterà in campo per accompagnare il Paese verso la normalità. In sostanza, Draghi ha spiegato che la sola priorità adesso è vaccinare l'Italia. Solo dopo si potranno gettare le basi di un piano di rilancio con forte presenza statale e una spinta innovativa legata al Recovery plan. C'è però un problema. Assicurarsi che una volta effettuata la cura il paziente non sia morto. La campagna vaccinale non sta certo decollando e più si sommano le chiusure, più la possibilità che molte imprese non riaprano i battenti cresce. È vero che il Pnrr si concentrerà sui mega progetti e sul rilancio delle grandi imprese di Stato. Queste ultime faranno da volano. Ma l'Italia delle Pmi e degli artigiani non riuscirà a mettersi in coda. Per questo i mesi di maggio, giugno e luglio saranno decisivi. L'esecutivo ha promesso in occasione del Def un nuovo decreto con almeno 25 miliardi di nuovo sforamento di bilancio. L'obiettivo è consentire nuovi sostegni diretti e soprattutto evitare che il decreto Liquidità di un anno fa si secchi ed esaurisca le garanzie pubbliche. Il pericolo è che le aziende si ritrovino indebitate senza prospettive. Oppure che le banche si trovino a dover far rientrare i fidi per il timore di nuovi ed imponenti flussi di sofferenze. In entrambe i casi, i problemi remerebbero contro una qualunque forma di ripresa economica. Inoltre dopo un anno di pandemia abbiamo capito che la macchina burocratica è molto lenta. I soldi arrivano a chi ne ha bisogno solo con mesi di ritardo. Il percorso inverso invece è molto veloce. Dal primo maggio la macchina del fisco riparte. Come ha ricordato ieri mattina il quotidiano Italia Oggi, dal mese di maggio ripartiranno le procedure esecutive e le notifiche degli atti. Entro la fine del mese invece scatteranno i pagamenti delle imposte sospese per il periodo emergenziale. A fine luglio saranno in calendario le scadenze delle rottamazioni fiscali e del saldo- stralcio per le rate del 2020. Le competenze del 2021 andranno pagate a fine novembre. Una scadenza che sembra lontana ma in realtà è dietro l'angolo. Batoste per chi ha il fiato corto dopo un anno di serrate intermittenti. Certo, i dipendenti pubblici potranno pagare le tasse con piacere, ma le partite Iva, i ristoratori e i commercianti come faranno? La domanda è retorica. Purtroppo la riposta non lo è. In altri Paesi si protesterebbe al grido di «no taxation without vaccination» che in Lombardia si traduce con «paghe mia, sensa la puntùra». Se il piano vaccinale è la sola priorità e il diritto alla salute diventa l'unico diritto, allora chi campa con il proprio lavoro (tutelato anch'esso dalla Costituzione) ha il diritto di recriminare il servizio mancato. Le tasse - purtroppo decenni di socialdemocrazia confondono le idee - non dovrebbero essere un balzello ma il pagamento di un servizio pubblico. Oggi non si fa più prevenzione sanitaria sui tumori, non si garantisce un trasporto pubblico sicuro, non si garantisce l'istruzione. Lo Stato si prodiga per evitare ci si ammali di Covid. Sacro santo. Ma non se si dimentica tutto il resto. Invece, le partite Iva cornute e mazziate continueranno anche a pagare le tasse. Magari a spizzichi e bocconi. Così entreranno nell'inferno della riscossione pubblica che diventerà ancora più vorace perché vedrà pure venire meno il gettito che alimenta la burocrazia. Una frenata di incassi che in specifici settori proprio non si comprende. Un esempio su tutti il comparto del gioco legale. In un regime normale di funzionamento rappresenta per l'Italia l'1% Pil, 14 miliardi di valore aggiunto, 11 miliardi di gettito erariale diretto, 5 miliardi di effetti economici indiretti, 150.000 occupati diretti ed indiretti, 3.200 imprese di gestione. Il comparto è rimasto chiuso 9 mesi su 12. Il 31 marzo sarà chiamato a versare le imposte sul gioco. È chiaro che molte aziende o non pagheranno o chiuderanno. In entrambi i casi sarà un fallimento e un circolo vizioso che più duraturo è, più irrecuperabile sarà.
Cristiano d'Arena (foto da Facebook)
È Cristiano D’Arena l’ultimo nome finito nell’inchiesta di Brescia: avrebbe venduto a Venditti e Mazza vetture a prezzi bassi in cambio di accordi per favorire un’altra sua società monopolista nel settore delle intercettazioni.
Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.
Luca Palamara (Ansa)
La nostra intervista ad Amara mette sotto i riflettori le azioni dei pm. Che così si mobilitavano per pilotare i giornali.
L’intervista rilasciata a questo giornale da Piero Amara ha fatto rumore. Le parole dell’ex legale sulla conduzione delle indagini nell’inchiesta per corruzione (che corruzione non era) nei confronti di Luca Palamara hanno innescato un comunicato dei legali dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Gli avvocati, Benedetto Buratti e Roberto Rampioni, dopo avere letto La Verità, hanno annunciato un esposto «per accertare la correttezza dell’operato del pubblico ministero sulla vicenda Palamara».
Ansa
Volkswagen taglia 30.000 posti in Germania e sposta la produzione e lo sviluppo tecnologico più avanzato delle elettriche in Asia. Intanto Rheinmetall smobilita dai siti italiani (Toscana e Abruzzo) che realizzano componenti per vari tipi di veicoli.
Mentre a Belém inizia lo stanco rito della COP (la numero 30), con il consueto corollario di allarmi sulla fine del mondo, in Europa la transizione green prosegue la sua opera di deindustrializzazione e di annientamento del lavoro. Le grandi case automobilistiche, in difficoltà, tagliano l’occupazione e delocalizzano, mentre il governo tedesco, con i consueti magheggi contabili, corregge le politiche climatiche che aveva sbandierato come irreversibili.
Ursula von der Leyen (Ansa)
S&D: «Modifiche di facciata». Carlo Fidanza: «Inaccettabile». Coldiretti: «Fuori dalla realtà».
Dopo la lettera con richiesta di retromarcia, firmata dai capigruppo dei 4-5 partiti che sostengono la sua maggioranza, Ursula von der Leyen tenta di ricomporre l’equilibrio politico attorno al nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea, ma la mossa sembra aver prodotto l’effetto opposto: le modifiche introdotte per andare incontro alle richieste dei gruppi parlamentari hanno finito per irritare quasi tutti.






