2022-03-26
Negli Usa i dubbi dei conservatori. «Lo scontro si poteva evitare»
Nicolai N. Petro (Npetro.net)
Sulla rivista «The National Interest», Nicolai N. Petro vede come prioritario pacificare le due anime del Paese, altrimenti nessuna soluzione sarà duratura. Invece l’Occidente è mosso solo dal desiderio di punire Mosca.The National Interest è una autorevole rivista statunitense di orientamento conservatore, di certo non sospettabile di russofilia o sinofilia. È una lettura interessante, in questi giorni, perché - pur dal versante americano - affronta la crisi ucraina con estrema lucidità, contribuendo a illuminarne anche i lati più oscuri. Sono particolarmente utili, a tale proposito, gli articoli di Nicolai N. Petro, professore di Scienze politiche all’Università di Rhode Island, già Fulbright Scholar statunitense in Ucraina dal 2013 al 2014 nonché autore di un libro di prossima uscita intitolato The tragedy of Ukraine. Secondo Petro, il mondo occidentale ha commesso diversi errori nella gestione delle tensioni fra Kiev e Mosca. Per il professore quello a cui stiamo assistendo è prima di tutto «un conflitto all’interno dell’Ucraina, tra il suo Est storicamente più russofilo e il suo Ovest storicamente più russofobo. Questo conflitto su chi deve definire l’identità nazionale ucraina e il suo futuro va avanti da almeno 150 anni ed è esploso in gravi ostilità militari all’interno dell’Ucraina tre volte: durante la prima e la seconda guerra mondiale e dopo l’Euromaidan del 2014. Ogni volta, la violenza è esplosa perché i poteri esterni hanno cercato di far pendere la bilancia a loro favore». Questo conflitto interno «è il più importante, perché risolverlo eliminerebbe la principale fonte di tensione interna che gli attori stranieri hanno utilizzato per alimentare gli altri due livelli di conflitto. Tuttavia, può essere risolto solo attraverso il dialogo, la compassione e la riconciliazione reciproca tra gli stessi ucraini». Ma, appunto, le mosse compiute finora dall’Occidente non hanno giovato. «Nel conflitto strategico con gli Stati Uniti, Washington ha respinto le tre fondamentali richieste di sicurezza che la Russia ha presentato lo scorso novembre: nessun nuovo membro della Nato, in particolare l’Ucraina; nessuna arma strategica statunitense al confine con la Russia; e un ritorno al quadro di sicurezza paneuropeo adottato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa alla fine degli anni Novanta», spiega il professore. «Questo quadro sarebbe stato un riconoscimento reciproco della natura interconnessa della sicurezza di tutte le nazioni europee, inclusa la Russia, e un impegno a non minare l’attuale equilibrio di interessi attraverso l’espansione della Nato. Nel conflitto tra Ucraina e Russia, nel frattempo, l’Ucraina aveva voltato le spalle alla Russia», continua Petro. «Dopo che l’Ucraina ha modificato la sua costituzione nel febbraio 2019 per rendere l’adesione alla Nato un obiettivo obbligatorio per tutti i futuri governi, è diventata di fatto un baluardo militare della Nato anche senza l’adesione. Era armata secondo gli standard Nato e riceveva equipaggiamento e addestramento Nato, mentre la Gran Bretagna acconsentì a creare e fornire nuove basi navali nel Mar Nero».C’è infine da considerare la spinosa questione del Donbass, che è «diventato di fatto una guerra di logoramento contro la popolazione russofila del Paese», dice lo studioso. «Il processo di Minsk-II, promosso dalla Russia per sette anni, prevedeva un’Ucraina federale con protezioni culturali regionali per la popolazione di lingua russa. Ciò è stato esplicitamente respinto da alti funzionari del governo ucraino alla fine del 2021. Anche prima, inoltre, il principale politico d’opposizione del paese, Viktor Medvedchuk, è stato arrestato per tradimento. Tutte le principali televisioni e media dissidenti (che significa russofili) sono state chiuse dal governo ucraino. In sostanza, essere un russofilo ucraino era ora equiparato ad essere anti-ucraino». Capite bene che si tratta di una narrazione molto diversa da quella che siamo abituati a sentire in questi giorni. Parlando con La Verità, il professor Petro è stato piuttosto diretto. Gli abbiamo chiesto se in Ucraina si stia consumando un conflitto tra Usa e Russia e la risposta è stata affermativa. «In parte questo conflitto è una guerra per procura tra Russia e Stati Uniti per l’Ucraina, non diverso dalle guerre per procura che gli Stati Uniti e l’Urss hanno combattuto in tutto il mondo durante la Guerra Fredda. Ciò che rende questo conflitto così pericoloso rispetto agli altri è che prima non ci sono stati conflitti che si siano svolti così vicino alla Russia».Lo studioso americano tende a ridimensionare la grande ombra della Cina che molti vedono sullo sfondo. A suo parere, non si tratta di uno scontro tra Usa e Russia per colpire il Dragone: «Non credo che questa sia la motivazione principale di nessuna delle parti nell’attuale conflitto, ma penso che la riluttanza della Cina a sostenere sanzioni contro la Russia derivi dalla sua percezione che sarà il prossimo obiettivo dell’America», spiega. Restano, in ogni caso i gravi errori commessi lo scorso novembre, quando l’Occidente ha rifiutato le richieste avanzate dalla Russia per garantire la propria sicurezza interna. «A quanto ho capito», ci dice, «gli Stati Uniti e la Nato si sono rifiutati di impegnarsi in qualsiasi dialogo con la Russia che le avrebbe dato voce nel quadro di sicurezza dell’Europa. Il risultato è che la Russia è stata permanentemente osteggiata dal concerto delle nazioni europee, cosa che non è mai accaduta prima in tutta la storia europea». Dunque lo scontro armato si sarebbe potuto evitare? Secondo Petro la risposta è sì, se si fossero rispettati gli accordi di Minsk. «Senza dubbio. Come scritto e firmato, Minsk-2 avrebbe posto fine al conflitto e riportato tutte le regioni ribelli del Donbass in Ucraina, in cambio di una maggiore autonomia locale e dell’uso della lingua e della religione locali. L’Ucraina, tuttavia, ha rifiutato di accettare queste condizioni». E qui si torna al grande «problema interno» dell’Ucraina. «La causa principale», ci spiega Petro, «è il conflitto irrisolto su chi può definire l’identità ucraina. Questo conflitto interno dura da almeno 150 anni. Il Maidan è stato visto come una rivolta popolare nell’Ucraina occidentale e un colpo di stato illegale nell’Ucraina orientale. È stato internazionalizzato nel 2014, quando la Russia ha supportato le ribellioni in Crimea e nel Donbass». È proprio in virtù di queste ferite interne che lo scontro potrebbe essere destinato a continuare a lungo. «Durerà fino a quando il conflitto di identità all’interno dell’Ucraina non sarà affrontato attraverso la compassione, il perdono e la riconciliazione. Fino a quando non ci sarà un riconoscimento del bisogno di compassione e una catarsi all’interno della società ucraina, ogni nuova generazione troverà nuove ragioni per continuare a combattersi».Ciò non esclude che si trovi una soluzione diplomatica, anche se alcuni (specie sul fronte americano) immaginano un nuovo Afghanistan. «La forma che assumerà il conflitto tra Ucraina e Russia dipenderà dall’accordo di pace. Se viene percepito come un accordo punitivo, allora ci sarà resistenza. Se viene percepito come un risultato onorevole per tutti, ci sarà ancora qualche resistenza, ma molto meno», dice Petro. Su tutti questi discorsi, in ogni caso, aleggia uno spettro oscuro: le spinte guerrafondaie di una parte dell’Occidente. Sembra proprio che il presidente Biden non sia molto interessato ad abbassare i toni, anzi continua ad alzare l’asticella. Petro conferma: «Sì. È molto pericoloso, ma anche molto tipico del pensiero ufficiale degli Stati Uniti, secondo i quali è più importante punire la Russia che salvare l’Ucraina».Il rischio è che, per punire la Russia, si finisca per punire tutta l’Europa, o forse peggio.
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