2019-03-11
«Amo gli Stati Uniti ma l’accordo con la Cina si farà»
Il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi: «Sulla Tav nessun maquillage: è la legge. I 5 stelle? Sono coraggiosi, impareranno a governare». Edoardo Rixi è viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti. Genovese, 44 anni, leghista, grande amante della montagna (è istruttore di alpinismo del Cai), anche sui sentieri impervi dell'accordo sulla Tav, che ha messo a dura prova l'alleanza di governo, ha tenuto botta. Più o meno. «Sono in macchina» risponde alla nostra telefonata. «Vado a casa perché sento un po' di febbre». Gliel'ha fatta venire lo stress di questi giorni? (ride) «No no, me l'ha passata mio figlio». Impostiamo grammaticalmente l'intervista: si dice il Tav o la Tav, al femminile? «Se si parla di treno “il", di linea “la". Quindi la Tav. Che poi è sbagliato anche così: sono Treni ad alta capacità. Tac. Ma faceva pensare a un esame diagnostico». Soddisfatto dell'accordo? «Il futuro del nostro Paese dipende da questo. Da questo e dal Corridoio paneuropeo 5, dalla gestione del traffico merci dal nostro Paese verso il resto d'Europa». Agli occhi dei profani è tutto un po' complicato. Ci spiega con parole semplici semplici cosa è successo e cosa sta succedendo? «La Tav doveva essere fatta nel 2014 ma un'infinità di proroghe l'hanno fatta saltare. Due anni e mezzo fa il governo di centro sinistra si è anche messo d'accordo con Macron perché non voleva presentarsi alle elezioni con i bandi aperti. Di rinvio in rinvio si è arrivati alla scadenza irrevocabile di questo marzo: senza bandi si perdono 300 milioni in fondi europei e se ne devono restituire 500. Una bella pressione». Tanta pressione per tutti… «Sì, ma si è conclusa come si doveva concludere. Domani (oggi per chi legge, ndr) si fanno le manifestazioni di interesse che durano sei mesi e poi i bandi veri e propri». Le manifestazioni di interesse sarebbero gli avis des marchés. «Sì, secondo il diritto francese prima dei bandi veri e propri per assegnare i cantieri, bisogna avvisare società e aziende che possono manifestare il loro interesse. Lasciando la possibilità di verificare il loro stato patrimoniale, le loro capacità, eccetera. Dopodiché partono i bandi con la clausola di dissolvenza». Cioè? «A differenza del diritto italiano, si può decidere di non andare avanti con i lavori finché non si apre il cantiere. Anche se partono i bandi, ci possono essere revisioni di qualsiasi sorta. Anche annullare tutto, o al contrario potenziare le linee». Vi si accusa di maquillage giuridico… «No, rispettiamo semplicemente le leggi. In questo caso le leggi francesi visto che Telt, cioè Tunnel Euralpin Lyon Turin, è una società francese. Poteva risolversi anche tremesi fa nello stesso modo». Se era tutto pacifico e risolvibile tre mesi fa, perché non è stato fatto? «Per colpa dell'analisi costi benefici. La apprezzo come metodo ma non come è stata fatta. Se ci sono di mezzo progetti europei bisogna utilizzare le norme europee, che non prevedono l'inserimento di fattori come per l'esempio la minore riscossione di accise sui carburanti». Ne fa una questione economica. «Il tema non può essere di carattere ideologico, ma proprio economico. E su questo sono pronto a ridiscutere tutto. Da buon genovese dico che se una cosa che costa 100 la posso pagare 50 va più che bene. Se tre mesi di dibattito in Italia ci fanno costare meno la Tav io sono contento». Rimane il fatto che ci siamo ridotti all'ultimo perché l'analisi costi benefici del ministro Toninelli non arrivava. «C'è chi al lavoro è più veloce e chi più lento. Ma se arrivava un mese prima era meglio». C'è un voto di sfiducia che aspetta il ministro Toninelli, il 21 marzo. Toninelli è colpevole di qualcosa? O forse è un capro espiatorio? «No, le cose si risolveranno sia in aula sia fuori e senza bisogno di capri espiatori. Il nostro è un ministero difficile, esprime le maggiori differenze tra Lega e 5stelle. Però...». Però? «È chiaro che i cantieri vanno aperti. Bisogna velocizzarli, non si può aspettare che ogni singola opera aspetti la costi benefici. Se ne sbloccassimo un po' il trend economico nazionale che mostra segnali di ripresa migliorerà ancora. Se chiediamo a 5 persone di farci l'analisi di tutti i cantieri italiani, ci mettiamo anni e anni. Bisogna aprirne decine alla volta con tante costi benefici contemporaneamente». Nei giorni scorsi Di Maio avrebbe detto che Salvini «non può decidere da solo. Altrimenti potremo avere seri problemi sulle altre analisi che andremo a fare». Suona come una minaccia. «Di Maio lo stimo molto, ha dato dimostrazioni di grandi capacità. Ma su questo mi sorprende: le analisi non possono essere eterodirette, essere positive o negative a seconda di cosa dice Salvini. Il contratto di governo è molto chiaro e non ci sono stati problemi tranne che sulla Tav su cui c'è stata una ridiscussione integrale. Ma non c'è scritto che tutte le opere vanno sottoposte ad analisi costi benefici». Le batoste 5 stelle alle elezioni amministrative e nei sondaggi stanno condizionando Di Maio? «Lo capisco. Non è facile in questo momento per loro stare al governo». Giorgetti ha detto che i 5stelle sono «come la Lega nel 1994: un alleato immaturo». «Condivido le sue parole. Per noi allora non fu facile e non lo è oggi per loro. Chi non ha mai governato grandi realtà a volte non riesce a capire che su certe cose bisogna lavorare nei modi e nei tempi corretti. Ma non li critico. Non è facile gestire la mutazione da movimento a forza di governo. Spero trovino la formula giusta». Per esempio? «Non mi sento di dare suggerimenti, anche la Lega in passato ha sbagliato. Solo che...». Dica. «A volte non ascoltano quello che diciamo perché pensano che lo facciamo per il loro male e non per il loro bene». La corrente che si oppone ai 5stelle governativi è forte. Stefano Buffagni, tra i più battaglieri, dice che vede avvicinarsi il divorzio... «In passato i governi di centro sinistra hanno tenuto fermi i bandi per non affrontare le frange interne. Invece i 5stelle hanno avuto coraggio. Gli va riconosciuto. Altri si riempiono la bocca che la Tav va fatta, ma quando potevano farla hanno rimandato». D'altro canto anche la Lega sta tirando la corda con i suoi elettori. In Lombardia e in Veneto c'è un calo nelle intenzioni di voto, migrano verso altri partiti di destra. «Non possiamo crescere all'infinito. Di questo sono poco preoccupato. L'importante è rimanere coerenti con il contratto. Lo dobbiamo rispettare, con trasparenza. Ma ricordiamo che nel contratto c'è anche l'Autonomia: sono vent'anni che la Lega cerca di introdurla e la stiamo realizzando». E come la vede la sinistra? Chiamparino si è ringalluzzito. Zingaretti dice che se le cose stanno così si deve votare. I voti lasciati sul campo dal 5stelle fanno gola. «Lo penso anch'io. Il Pd ha la tattica dell'avvoltoio. Aspetta che ci sia qualche morto per sfamarsi. Ma per ora gli è andata male. Chiaro che sulle elezioni in Piemonte c'è una prova importante. Chiamparino sfrutta la Tav. Ma mi ha sorpreso: ha chiamato al referendum salvo poi accorgersi di non avere realizzato in tempo la legge attuativa. Peccato, l'avremmo firmato subito». Che ci dice del ponte di Genova? «I lavori vanno avanti senza ritardi». E l'amianto trovato nei piloni? «Un falso problema. I coefficienti di controllo che abbiamo richiesto sono di gran lunga al di sotto del minimo di legge italiana ed europea. Non sono rifiuti speciali». Perché non si sbloccano i cantieri? «Si sbloccano, ma c'è una cosa su cui si sta facendo molta confusione: dire che i cantieri bloccati sono colpa della politica. Non è così nella maggior parte dei casi. Un'opera su due si ferma a cantiere aperto per fallimento. Per questo dico che non dovremmo in nessun modo rallentarle». Non vuole più analisi costi benefici? «Facciamole ma senza il fermo dell'opera. Dobbiamo stabilire un tempo e farne partire tantissime in parallelo. Non 5 tecnici ma 500». Grillo è stato contestato anche per il Tap. Sarà la prossima grana? «Ma no. Poi Grillo è simpatico. Sono cresciuto guardando Te la do io l'America». Il 21 marzo arriva Xi Jinping: tre giorni per assicurarsi che la Via della seta si faccia. È un imponente progetto infrastrutturale. Gli Stati Uniti si sono molto innervositi. «Questo mi sorprende. Con gli Stati Uniti abbiamo verificato sui canali ufficiali e sono consapevoli di cosa facciamo. Sono alleati e bisogna rispettarli, ma noi andiamo avanti perché è importante che Xi riconosca l'Italia come Paese strategico nel Mediterraneo». Scusi se insisto ma per gli Stati Uniti questo è un confronto sui nuovi equilibri del mondo. «Lo capisco, ma se ci dicono che non possiamo commerciare con la Russia, né con la Cina, né con l'Iran, né con buona parte dei Paesi africani e mediorientali. Se non arriva una nave americana nei porti italiani... Con chi commerciamo, scusate. Possiamo anche decidere di non far niente e che ci diano loro il reddito di cittadinanza». Questa poi! «Io sono d'accordo a mantenere vivi gli accordi internazionali e mi stanno più simpatici gli Stati Uniti della Cina, sono un occidentalista. Detto ciò, gli Usa si sono molto allontanati dallo scacchiere mediterraneo. Ci dicono che non dobbiamo incontrare il leader cinese ma due giorni dopo lui va a Marsiglia. Non vorrei che quello che l'Italia non può fare poi lo fa la Francia». Quindi il memorandum of understanding con Xi Jinping si firmerà? «A meno che non ci sia una netta posizione ostativa degli Stati Uniti, che devono spiegare, sì. Siamo in un posto dove passerà l'80% del commercio mondiale. Che facciamo: rinunciamo agli accordi per passarli a Marsiglia e a Rotterdam?».
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