2025-05-27
Con la Salis Genova torna al passato. Ma i renziani e la sinistra già litigano
Dopo otto anni la città viene ripresa dai progressisti. Il nuovo sindaco, con scarso fair play, attacca subito il rivale sconfitto Piciocchi. Sul risultato ha pesato anche la timidezza di Fdi e Fi in campagna elettorale.Genova torna al centrosinistra dopo 8 anni di governo di Marco Bucci, l’uomo che ha si è issato sulle spalle la città dopo il crollo del ponte Morandi. Il suo delfino, l’avvocato amministrativista Pietro Piciocchi, non ce l’ha fatta a ribaltare i sondaggi negativi che angustiavano lui e la sua coalizione da mesi. Nell’ultima settimana il centrodestra aveva riniziato a sperare nel ballottaggio, ma la forte polarizzazione dello scontro (gli altri cinque candidati, quasi tutti di sinistra, hanno raccolto solo le briciole) ha consentito al vicepresidente vicario del Coni Silvia Salis, candidata civica dal volto fresco (un’azzeccata invenzione di Matteo Renzi e del Pd), di vincere al primo turno con circa il 51,6% dei voti, contro il 44, 2 del suo avversario. Già domenica sera nelle stanze dei partiti circolavano i risultati dei primi exit poll e non lasciavano speranza alla maggioranza uscente. E così la gioiosa macchina da guerra progressista si è ripresa la città, dopo averla governata ininterrottamente dal 1993 al 2017. Il primo a intestarsi la vittoria è stato proprio Renzi, che ha dichiarato: «Quando il centrosinistra è unito vince e stravince, specie quando mette candidati credibili come a Ravenna o a Genova, con Silvia Salis, vera rivelazione. Quando non mette veti come era accaduto alle Regionali, si vince». Poi ha attaccato la Meloni: «Ha preso una scoppola mica da ridere. Si è un po’ rotto l’incantesimo. In questo momento è come se “puff”, fosse svanito l’incantesimo di Giorgia». Eccitatissima anche Elly Schlein: il suo Pd ha sfiorato il 30% delle preferenze e così lei in attesa di festeggiare con la Salis, ha sparato: «Ormai è chiaro, il centrodestra esulta per i sondaggi, noi vinciamo le elezioni. Il Partito democratico conferma la sua crescita». Quindi ha lanciato l’urlo di battaglia: «Uniti si vince».Poco prima delle 19, nel suo «point» battezzato «È già domani», è apparsa la Salis, accolta dal coro «Silvia, Silvia». Lei, faccia angelica e camiciola bianca, ha, però, tirato fuori la grinta rabbiosa della lanciatrice di martelli. Si è subito capito che per i suoi nemici non sarà facile. Invece di godersi la vittoria e parlare di programmi ha sputato veleno sugli sconfitti, accusati di avere portato avanti una campagna elettorale di «livello becero». Si è nuovamente lamentata dei «continui attacchi personali», ha citato per l’ennesima volta la pubblicazione di una sua foto in costume da bagno sui social da parte di un assessore uscente, ha rimarcato di avere avuto con Piciocchi una «telefonata breve e formale», ribadendo di non aver apprezzato il tenore della campagna elettorale. Mentre insultava gli avversari, ha definito sé stessa «elegante» e dotata di «fair play» e ha segnato, con perfidia, la distanza dall’ex sindaco e attuale governatore ligure Bucci: «Non urlerò per avere intorno persone capaci e non mediocri».Ha mandato messaggi anche alla maggioranza di governo: «Il centrosinistra unito potrebbe vincere potenzialmente ovunque». E ha spiegato che la destra a Genova è stata «solo legittimata dalla non unione del campo progressista», che «unito, non solo è più forte, ma ha competenze che la destra non ha». E per chiarire il concetto ha aggiunto: «Noi non siamo quelli del “fare per finta” e dei rendering». Per non farsi mancare nulla ha definito «terribili le istituzioni che invitano a non andare a votare ai referendum».Infine, ha promesso che resterà sindaca per cinque anni e non si farà sedurre dalle sirene della politica nazionale. Ma in pochi le hanno creduto. Ben altro stile quello esibito da Piciocchi nella sua conferenza stampa. Ha ringraziato famigliari, collaboratori e dipendenti comunali, ma ha anche speso belle parole per l’avversaria: «Le ho fatto i complimenti, gli auguri e mi sono messo a disposizione per il passaggio di consegne».Alla fine, a denti stretti, ha ammesso che non tutta la coalizione ha lavorato per questa campagna allo stesso modo: «Alcuni partiti all’inizio sono stati un po’ lenti a partire» ha detto. Quindi ha sottolineato come Fratelli d’Italia (poco sopra al 12%) e Forza Italia (sotto il 4) abbiano avuto «un risultato inferiore alle aspettative» e ha invitato tutti a farsi un esame di coscienza.A riportare sulla terra il centrosinistra ci ha pensato Gianni Pastorino, leader di «Linea condivisa», civica di sinistra che ha colonizzato la lista «Silvia Salis sindaca»: «Genova era già vinta con Andrea Orlando a ottobre».Tradotto: la presa del capoluogo ligure da parte dell’ex campionessa di lancio del martello era nelle cose. In città Orlando aveva distaccato Bucci di 8 punti percentuali (quasi 19.000 voti di differenza). Ma il segnale di un ritorno al passato era arrivato ancora più forte alle ultime Europee, dove il Campo larghissimo che ha sostenuto la Salis aveva totalizzato quasi 30 punti in più rispetto agli avversari di centro-destra (una forbice di 58.000 voti).Questo non significa che la sconfitta fosse inevitabile, ma l’impressione è, come ha ammesso Piciocchi, che non tutti i partiti del centrodestra abbiano davvero creduto nel recupero. L’unico politico di livello nazionale che si è speso pancia a terra per settimane è stato il viceministro genovese delle Infrastrutture Edoardo Rixi che sul porto e sulle grandi opere in costruzione in città punta molto. Anche Matteo Salvini ha fatto convintamente campagna elettorale. Il premier Meloni e i suoi, invece, hanno preferito rimanere defilati, forse a causa dei sondaggi o perché Genova era considerata, a torto o a ragione, un feudo leghista. La coordinatrice di Italia viva in Liguria, Raffaella Paita, ha attaccato Rixi e ha mandato l’avviso di sfratto a Bucci («Il risultato per come si è sviluppato porterà a delle conseguenze anche a livello regionale»), ma ha lanciato una frecciata pure ai compagni di coalizione: «Se non ci fosse stato l’errore di non avere il centro anche alle scorse regionali avremmo vinto pure allora». Pastorino le ha subito risposto per le rime: «Al contrario suo non do sempre le colpe agli altri. Se non si è riusciti ad allargare l’alleanza alle precedenti elezioni non tutte le responsabilità possono essere attribuite del centrosinistra progressista, qualcosa ci avrà messo anche lei». Se il buongiorno si vede da mattino non sarà facile tenere insieme i renziani e la sinistra nella prossima giunta e nel prossimo consiglio comunale. Vedremo. Di certo in questo momento a dover fare i conti con la sconfitta sono i rappresentanti del centrodestra che dovranno ricostruire un tessuto civico che aveva portato alle vittorie del 2017 e del 2022, quando Bucci prese (entrambe le volte) 112.000 voti. Un tesoretto di preferenze che sembrava inscalfibile, mentre gli avversari a ogni tornata perdevano elettori: il loro candidato si fermò al 45% nel 2017, addirittura al 38 cinque anni dopo. A spingere il centrodestra erano state le liste civiche di Bucci e Giovanni Toti, che raggranellarono numeri da record. Poi è arrivato l’arresto dell’ex presidente della Regione e il vento è cambiato, a partire dalle Europee. Controtendenza anche l’affluenza: nel 2022 era scesa da 48,39 a 44,17. Ieri il dato è salito a 51,92%, quasi 8 punti in più. A sinistra parlano già di «laboratorio Genova».Nel comitato della neo sindaca sono accorsi due ex ministri come Roberta Pinotti e Orlando, ideatori dell’operazione Salis: «È stata punita l’arroganza della destra» ha detto l’ex Guardasigilli, il quale, a chi gli chiedeva se il Campo larghissimo fosse esportabile, ha lanciato le nuove parole d’ordine, buone anche per il governo nazionale: «Unità e cambiamento».Poi non ha risparmiato un’altra stoccata agli avversari: «Chi usa il fango in campagna elettorale viene punito». Uno dei presenti al point della Salis sussurra: «Genova ha un’altra sindaca sampdoriana». Il precedente è quello di Marta Vincenzi. Non è finita bene.
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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