
L'iniziativa «Pro integrazione» è sempre più in voga nelle scuole. Ma molti protestano, in un Paese che un tempo era un simbolo dell'Occidente per libertà e felicità.L'Olanda, almeno dal secondo dopoguerra, è divenuta una nazione simbolo in Occidente. Simbolo di libertà, di felicità, di trasgressione perfino, anche a causa della legalizzazione precoce di fenomeni diversi e libertari come la droga, il sesso a pagamento, il nudismo e l'assenza di legami.Ora però è stato pubblicato un dossier di 60 pagine (curato dall'associazione olandese Cultuur onder Vuur, cioè La cultura sotto attacco) in cui si mette il dito sulla progressiva, benché silente, islamizzazione culturale del Paese, proprio a partire dalle scuole dei più piccoli. La battagliera giornalista cattolica Jeanne Smits ha riportato e ampiamente commentato l'esplosivo documento di cui sopra, il quale non a caso porta il titolo di Classi in ginocchio davanti all'islam. Oltre alle faccende già note delle piscine a orari separati per uomini e donne, soprattutto nei Comuni in cui la presenza musulmana è forte, ora si fa notare una realtà più recente ma non meno significativa. Le scuole olandesi, salvo eccezioni, propongono sempre durante l'anno scolastico la visita culturale e religiosa alla moschea più vicina: e già qui non si sa dove finisca l'aspetto «cultura» e dove inizi l'ambito «religione». Ma poi, come dimostrano video e fotografie in gran quantità presenti in rete, gli alunni sono invitati/obbligati a prostrarsi more islamicum, ovvero rivolti alla Mecca e completamente a terra.A volte poi, la maestrina più aperta e integrata, fa recitare ai bambini della classe qualche formula in arabo per identificarsi meglio con il coetaneo di fede islamica. E tra queste, pronunciano anche quell'Allah Akbar che è divenuto tristemente noto in tutta Europa per fatti di sangue più che di devozione spirituale. È ovvio che il ragazzino che per ragioni diverse (fede cristiana, indifferenza religiosa o ateismo, legittima antipatia per l'islam e l'immigrazione) non volesse prostrarsi, sarebbe malvisto dai compagni e dalla scuola, e passerebbe per razzista o almeno per provocatore. E così sarebbe lui, la vera minoranza, a essere discriminato!È proprio per rimediare a questa discriminazione, detta a volte per giustificarla moralmente «discriminazione positiva» (sic), che l'associazione Cultuur onder Vuur è scesa in campo, e il suo dossier servirà alle famiglie a non restare passive di fronte a questa islamizzazione soft della prole.La semplice visita culturale a una moschea di rilievo artistico, come quelle del Cairo o di Istanbul, sarebbe un fatto in sé anodino e anzi positivo: la cultura per essere autentica richiede conoscenza, libertà e curiosità intellettuale. Ma quando essa si trasforma in un rituale obbligatorio, allora il discorso cambia. Un conto è Marco Polo o il teologo medievale Raimondo Lullo, che da cristiani consapevoli e aperti, apprezzavano certi elementi dell'islam, come invita a fare la Chiesa, e già da prima della svolta conciliare. Un conto è un contesto completamente diverso come il nostro, in cui il terrorismo islamico si diffonde anche grazie all'islamicamente corretto, che vieta a tutti di emettere la minima riserva sulla figura di Maometto o sulle possibili interpretazioni violente del Corano.Le stesse scuole private dei Paesi Bassi sentono sempre più il dovere morale di propagandare l'accoglienza senza limiti e organizzare queste visite «culturali», che magari sarebbero mal viste e bocciate dal collegio dei docenti se fossero rivolte a chiese e abbazie. Ci domandiamo: uno studente arabo, magari ben integrato in Europa o in Italia, accetterebbe mai dopo aver visitato San Pietro o le catacombe, di mettersi in ginocchio davanti a un altare?
Sanae Takaichi (Ansa)
La conservatrice Sanae Takaichi vuole alzare le spese militari e saldare l’asse con Washington: «Avrò discussioni franche con Trump».
(Guardia di Finanza)
Sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri oltre 250 tonnellate di tabacchi e 538 milioni di pezzi contraffatti.
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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Roberto Burioni (Ansa)
In un tweet se la prende con «La Verità»: i danni collaterali con mRna non esistono.
Domenico Arcuri (Ansa)
L’investigatore della Gdf audito in Commissione. I giallorossi cercano solo di estorcergli un’assoluzione per l’ex commissario.






