2022-12-13
Altro che «vite salvate»: più lockdown, più morti. Il caso Svezia lo dimostra
I dati sull’extramortalità nell’ultimo triennio sono sconvolgenti: 2021 e 2022 peggiori del 2020. Poche eccezioni, tra cui Stoccolma.Gli «esperti» additarono la Svezia per non aver imposto i lockdown. Ora, i dati danno ragione a Stoccolma: il Paese nordico mostra un calo di decessi dal 2020 al 2022 rispetto agli anni prima. Invece, i Paesi che emularono la Cina, come l’Italia, registrano ancora un eccesso di mortalità non causata dal virus. Lascienza - quella da scrivere tutto attaccato -, le autorità sanitarie e i social media hanno profuso molte energie, nel 2020, per screditare la Great Barrington declaration. Ma rileggendo i numeri oggi e osservando il bilancio dei morti in eccesso, attraverso i dati di Mortality watch, quel manifesto anti lockdown esce ampiamente vendicato. Alla fine, il Paese che, in proporzione, ha pianto meno vittime e, addirittura, dal 2020 al 2022, ha sepolto meno morti rispetto ai cinque anni precedenti, è stato proprio quello che più si è avvicinato ai principi promossi da Jay Bhattacharya, Sunetra Gupta e Martin Kulldorf: la Svezia.Cominciamo da un breve riepilogo. La Great Barrington declaration fu sottoscritta da un gruppo di luminari il 4 ottobre 2020 e, in poco tempo, raccolse decine di migliaia di firme di ricercatori e medici nel mondo. I suoi capisaldi erano semplici. Il documento suggeriva di evitare una lotta al Covid basata sulle serrate alla cinese, che avrebbero provocato effetti collaterali sulla salute fisica e mentale delle persone, prediligendo la protezione mirata dei vulnerabili: anziani e malati. Gli altri, cioè i giovani e gli adulti sani, avrebbero dovuto essere lasciati liberi di vivere e di immunizzarsi naturalmente, entrando in contatto con il virus. Apriti cielo: quel testo fu considerato il breviario dell’eresia medica. Anthony Fauci, virologo della Casa Bianca, definì il progetto «ridicolo», un «nonsenso totale», oltre che «molto pericoloso». Il suo collega dei National institutes of health, Francis Collins, accusò Bhattacharya e soci di essere «epidemiologi estremisti», invocando «una rapida e devastante demolizione» delle tesi avanzate nel documento. I sostenitori occidentali del lockdown cinese - gli stessi che adesso si sono affrettati a puntare il dito contro gli spropositi del Covid zero - hanno avuto la meglio: la maggior parte dei governi, incluso quello britannico, dapprima tentato dalle sirene dell’immunità di gregge, ha seguito il «modello italiano». Che a sua volta tentava di replicare il metodo di contenimento del morbo attuato da Xi Jinping. Quello che l’Oms, in un documento di febbraio 2020, copriva di lodi: «Il più ambizioso, agile e aggressivo nella storia». Le cose, però, sono andate esattamente come paventavano gli ideatori della Great Barrington declaration. Non solo l’ambizione e l’aggressività di quell’«approccio audace» (è sempre l’Oms che parla) non sono bastate a eradicare il Sars-Cov-2; sulle nazioni emulatrici si sono puntualmente abbattuti i postumi dei lockdown. E i dati di Mortality watch, che consentono di stimare, per gli anni 2020, 2021 e 2022, i decessi in sovrannumero come percentuale rispetto ai picchi del quinquennio precedente, ne danno la dimostrazione. I casi dei vicini asiatici del Dragone sono impressionanti. Hong Kong, Corea del Sud, Singapore e Taiwan hanno tutti messo in campo rigide misure per impedire la diffusione del patogeno. E se, nel primo anno, hanno potuto limitare i danni, nel 2021 e soprattutto nel 2022 hanno scontato una recrudescenza delle dipartite non causate dal Covid. Eloquente pure la statistica che riguarda l’Italia: l’eccesso di mortalità, nel 2021, è stato superiore a quello del 2020; per i 12 mesi che termineranno tra poche settimane, il dato è appaiato a quello del primo anno di pandemia. Tra gli Stati sviluppati dell’Europa occidentale, siamo quelli con i risultati peggiori, anche se la propensione al «rimbalzo» è evidente ovunque siano state perpetrate severe chiusure: la Germania, per dire, presenta una diminuzione percentuale dei decessi nel 2020 e, invece, un’extra mortalità crescente nel 2021 e nel 2022. Con ciò, veniamo finalmente alla liberale Svezia. Ancora a marzo 2022, Nature accusava la nazione scandinava di aver optato per una linea fallimentare: nell’anno in cui è comparso il Covid, scriveva la rivista, il Paese «ha avuto tassi di mortalità da Covid dieci volte più alti a confronto con la vicina Norvegia». Il fatto è che l’analisi andava ponderata. Sia Stoccolma sia Oslo, infatti, due anni fa hanno registrato un «difetto» di mortalità rispetto ai cinque anni passati: insomma, ci sono state meno dipartite che nel quinquennio pregresso. La tendenza si è mantenuta pure nel 2020, ma mentre in Norvegia, quest’anno, essa si è invertita, le percentuali svedesi portano ancora il segno meno davanti. Con buona pace delle scuse del re e dell’ex premier per i mancati lockdown.È la prova che le strategie anti Covid devono essere valutate sul medio-lungo termine. Alla fine della primavera 2020, era facile battere le mani per gli zero contagi a Wuhan. Un successo effimero, ottenuto a costi economici altissimi. Senza contare le ripercussioni sul benessere della gente. Ne sanno qualcosa in Inghilterra, dove è da quest’estate che si discute delle curve dell’extra mortalità e di una «epidemia di tumori», innescata dalla riduzione degli screening oncologici. Non è una vittoria, se per ridurre le vittime del Covid si aumentano quelle stroncate da altre malattie. Volete vedere che i pericolosi «estremisti», alla fine, erano i cervelloni della cerchia di Fauci?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)