2020-05-20
Altro che sussidio agli Stati. L’accordo franco tedesco è solo un prestito nascosto
Angela Merkel ed Emmanuel Macron (Ansa)
La propaganda è scatenata, ma non basta imboscare il Recovery fund nel bilancio dell'Ue. Un fondo di 500 miliardi per 27 Paesi non può distribuire il 25% solo all'Italia.Il giorno dopo la videoconferenza tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron che ha posto le basi politiche (forse solo quelle) per un accordo sul Recovery fund, sembra come il giorno dopo le elezioni. Tutti hanno vinto.L'unico risultato certo appare quello di aver allentato la pressione sul presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, la cui proposta di fondo per la ripresa, attesa per il 6 maggio, continuava a vagare per le nebbie di Bruxelles e, per questo, pesantemente attaccata sul Financial Times.Dopo Deauville e Meseberg, precedenti infausti per noi, è bastata una videoconferenza e 5 pagine di comunicato stampa per dare fiato alle trombe della propaganda ed innescare titoli come quello di La Repubblica - «Bazooka Merkel-Macron, aiuti Ue per 500 miliardi. Cento verso l'Italia. L'accordo sui bond della Commissione, non saranno prestiti» - o del Sole 24 Ore - «Piano di rilancio Merkel-Macron: 500 miliardi dalla Ue (non prestiti)» - per nulla scalfiti dalla relativa cautela con cui il presidente Giuseppe Conte aveva accolto a caldo l'esito dell'incontro.Conte sa bene, per esserci passato di recente, che il luogo in cui ci sarà il vero accordo politico è il Consiglio europeo, sede in cui solo a febbraio scorso non si riuscì a raggiungere un accordo sul bilancio Ue per il periodo 2021-2027, per la ferrea volontà del blocco nordico (in cui la Germania recita il ruolo del poliziotto buono) di non rinunciare a vecchi privilegi, oltre all'opposizione alla richiesta di aumento delle dimensioni del bilancio. Subito dopo il comunicato, ci ha pensato il premier austriaco Sebastian Kurz a serrare le fila del suo gruppo e confermare che la loro linea resta quella dei prestiti (loans) e non dei sussidi (grants). E, non pago, ieri ha rincarato la dose annunciando la proposta di un loro piano alternativo. Sarà una lotta casa per casa.La propaganda si nasconde dietro una foglia di fico verbale: i 500 miliardi saranno distribuiti agli Stati membri attraverso il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (Qfp), che normalmente eroga contributi a fondo perduto, finanziati da risorse proprie, cioè contributi degli Stati membri. La novità è che quella somma aggiuntiva sarà finanziata con obbligazioni a lungo termine emesse dalla Ue, sulla base di garanzie prestate dagli Stati membri in proporzione al Pil. Da notare che il bilancio Ue prevede ogni anno una distribuzione di risorse pari a circa 160 miliardi. Quindi verrebbe praticamente raddoppiato il bilancio dei prossimi 3 anni. Ma se la Ue farà debiti per erogare quei sussidi e prima o poi qualcuno dovrà pagarli o con un piano di rimborsi o con tasse autonomamente riscosse dalla Ue, allora che sussidio è? Di fatto è un prestito con rimborsi molto dilazionati e a nulla vale imboscarlo tra le pieghe del bilancio Ue per fargli assumere la veste di sussidio. Solo la Bce può creare denaro da nulla. Tutto il resto si paga, prima o poi.Ma cosa non va bene per l'Italia?1Il vincolo di destinazione. Saranno infatti privilegiati gli investimenti verso la tutela dell'ambiente e la digitalizzazione. E se avessimo altre priorità?2Le risorse ricevute potrebbero richiedere una quota di cofinanziamento nazionale, avranno una entità e una scadenza ben definita e, soprattutto, saranno strettamente correlate ad un piano di rimborso vincolante il cui orizzonte temporale oltrepassa quello del Qfp. Se c'è un rimborso, allora è un prestito.3C'è la condizione di un chiaro impegno degli Stati membri a seguire un'agenda di riforme ambiziosa e sane politiche economiche. In altre parole, Troika a Palazzo Chigi.4 Il saldo fra entrate ed uscite. Non bisogna dimenticare i termini della nostra partecipazione al bilancio Ue: siamo i terzi contribuenti ed i quinti beneficiari. Nel 2018, il contributo netto al bilancio Ue è stato di circa 6 miliardi (differenza tra 16 miliardi di contributi erogati e 10 miliardi di contributi ricevuti). È immaginabile che questa ripartizione possa subire un ribaltamento a nostro favore? Al punto da farci diventare beneficiari netti per una somma che abbia un qualche rilevanza a livello macroeconomico? Com'è possibile credere che un fondo di 500 miliardi per 27 Paesi, distribuisca il 25% solo all'Italia? Sarà decisivo conoscere la chiave di ripartizione dei benefici e quella dei rimborsi, necessariamente diverse.A questo proposito, Henrik Henderlein, direttore dell'istituto Delors di Berlino, ha sottolineato proprio la modesta solidarietà finanziaria riferendosi all'Italia, per la quale il saldo tra contributo ricevuto e debito da rimborsare rischia di essere simbolico.In conclusione, il Recovery fund viene osannato perché promette di superare una barriera fino a ieri invalicabile: contrarre prestiti per erogare sussidi. Peccato che quei prestiti dovranno essere ripagati, ed il saldo netto non sembra promettere nulla di buono per il nostro Paese che, ancora oggi, raccoglie la fiducia degli investitori sui mercati e non ha certo bisogno di essere intermediato dalla Commissione Ue per indebitarsi e finanziare la ripresa.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)