2021-07-18
Altre spese record per City e Psg. Ma con gli sceicchi la Uefa sta zitta
Gianluigi Donnarumma (Ansa)
Finanziamento da 650 milioni per i citizens, mentre i francesi coprono d’oro i giocatori. Il palazzo del calcio non fa obiezioni Dopo il rientro nei ranghi delle squadre ribelli che avevano tentato il golpe Superlega - torneo continentale per club ricchi e indebitati fino al collo, sganciato dalle istituzioni calcistiche tradizionali - l’Uefa, capeggiata da Aleksandr Ceferin, aveva annunciato un periodo di riforme per consentire al mondo del pallone costi di gestione sostenibili: tetto salariale agli ingaggi dei giocatori, investimenti mirati, fair play finanziario per evitare manovre furbesche da parte chi potrebbe in teoria spendere e spandere senza limiti. In teoria, ma pure in pratica. La sostanza, a oggi, ci consegna un quadro ben incastonato nel detto: «Fai come il saggio dice, ma non fare come il saggio fa», e il saggio in questione potrebbe somigliare a Ceferin. In parole povere: gli sceicchi, che non avevano abboccato al golpe della Superlega, se la ridono, Barcellona e Real Madrid, che la Superlega avevano contribuito a progettarla, si leccano le ferite. Partiamo dal Manchester City. Il club inglese, satellite nell’orbita del City Football Group, holding societaria controllata dalla famiglia regnante di Abu Dhabi, ha appena concluso un’operazione di finanziamento dalle proporzioni gargantuesche. Il Final Times ha spiegato come la società madre a cui i citizens fanno riferimento abbia raccolto 650 milioni di dollari (circa 550 milioni di euro) attraverso un prestito di sette anni, con scadenza a luglio 2028, sottoscritto con Barclays, Hsbc e Kkr Capital Markets. Lo scopo è utilizzare i fondi per finanziare progetti infrastrutturali, come il nuovo stadio del New York City Fc (società a sua volta collegata alla holding) e per acquisire liquidità volta a compensare le perdite dell’ultimo periodo. Le entrate annuali del City Football Group sono scese a 637 milioni di euro nell’anno finanziario conclusosi a giugno 2020, un calo di quasi il 14% rispetto all’annata precedente, a causa dei mancati incassi degli stadi chiusi per Covid-19 e del ridimensionamento delle entrate provenienti dai diritti televisivi. Una perdita netta annuale arrivata a 240 milioni di euro rispetto ai 100 milioni della stagione 2018/19. Logico supporre che il finanziamento, a tutti gli effetti una forma mostruosa di indebitamento, consentirà ai britannici di puntellare pure l’allestimento di una rosa costosa e competitiva, e di mantenere gli standard attuali di gestione. L’accordo supera persino il debito di 525 milioni di euro raggiunto nello scorso giugno tra Goldman Sachs e Barcellona. Se da Manchester ci si sposta a Parigi, la musica non cambia, soprattutto perché la proprietà del Psg fa capo al cugino del proprietario dei citizens. Se non è zuppa, è pan bagnato da fiumi di danaro. I parigini hanno acquistato per la prossima stagione il terzino Achraf Hakimi dall’Inter pagandolo 68 milioni di euro, offrendogli un contratto di 5 anni a 8 milioni netti a stagione. Poi è arrivato Sergio Ramos dal Real Madrid. A parametro zero, ma con 15 milioni di euro all’anno di stipendio per due stagioni. Non scordando il parametro zero che fa sanguinare il cuore ai milanisti, il portierone Gigio Donnarumma. Per lui, accordo quinquennale da 12 milioni di euro a stagione. Se si conta l’arrivo a zero pure di Georginio Wijnaldum dal Liverpool (3 anni a 10 milioni di euro), il pallottolliere rischia di saltare a suon di milionate luccicanti. Ceferin e la Uefa, nel chiusi nel loro palazzo, in questo caso però non strillano. I grandi blasoni di Spagna, nel frattempo, sono costretti a vendersi l’argenteria di casa a fronte di debiti per 2 miliardi complessivi. Raphael Varane in casa del Real Madrid e Antoine Griezmann per i blaugrana di Barcellona partiranno con l’arrivo di un’offerta adeguata. Varane, centrale fino a oggi a disposizione del neo allenatore Carlo Ancelotti, potrebbe vestire la casacca del Manchester United in Premier League. Per Griezmann la faccenda è complicata. L’attaccante francese guadagna 15 milioni di euro netti all’anno e non intende farseli decurtare. Sul Barca incombe il diktat del presidente della Liga spagnola Javier Tebas («Per ogni 4 euro incassati dalle vendite o risparmiati sui salari, il Barcellona può reinvestirne uno») e l’accordo sul rinnovo di Leo Messi, che ha accettato 20 milioni netti all’anno, tuttavia non ancora inseriti a bilancio perché fuori dal tetto di spesa previsto. Delle due, una: o viene ceduto Griezmann, o Messi non può rientrare nei limiti salariali imposti dal campionato iberico. Il presidente catalano Joan Laporta ostenta ottimismo, è probabile che una quadra verrà individuata. Ma è pure evidente come, al di là dei rispettivi pasticci gestionali, le strategie consentite alle grandi d’Europa siano differenti.
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