2025-01-30
Appellandosi subito alla ragion di Stato il governo ne sarebbe uscito più forte
L'arrivo a Tripoli di Njeem Osama Almasri (Ansa/Courtesy Fawaselmedia.com)
L’esecutivo doveva dire chiaramente che consegnare Almasri metteva in pericolo la sovranità, come le norme consentono.Di Pietro Dubolino, Presidente di sezione emerito della Corte di Cassazione Con riguardo alla sciagurata vicenda dell’ex comandante della polizia libica Njeem Osama Almasri, prima sottratto alla consegna alla Corte penale internazionale, che ne aveva ordinato l’arresto, e poi espulso dall’Italia verso la Libia, in quanto ritenuto «persona pericolosa», si può forse essere d’accordo, per una volta tanto, in una qualche misura, con Matteo Renzi, se è vera l’affermazione che gli è stata attribuita secondo cui si è trattato non di un crimine ma di qualcosa di peggio: cioè di un errore.un errore Che, in politica, gli errori siano peggio dei crimini è, del resto, cosa nota. Lo aveva già detto, a suo tempo, il ministro degl’Interni Joseph Fouchè a Napoleone I, quando seppe che quest’ultimo aveva fatto fucilare senza processo il duca di Enghien, rientrato clandestinamente in Francia dall’esilio e sospettato di voler creare disordini. In quel caso l’errore, secondo lo scaltro ministro, era stato quello di aver creato un «martire», nel nome del quale i movimenti antinapoleonici avrebbero potuto trovare maggior sostegno nella pubblica opinione. Nel caso attuale non è stata sacrificata, per fortuna, alcuna vita umana, ma l’errore appare individuabile - a prescindere da quella che, al riguardo, possa essere l’opinione di Renzi -nel non avere avuto, il governo, il coraggio e l’onestà intellettuale di proclamare apertamente che il vero obiettivo della sua condotta era quello - più che legittimo ma, anzi, doveroso - di evitare il grave danno che al nostro Paese sarebbe derivato dalle prevedibili ritorsioni che, nel caso di convalida dell’arresto e successiva consegna dell’Almasri alla Corte penale internazionale, vi sarebbero state, da parte della Libia. Ritorsioni che sarebbero consistite, se non altro, nell’interruzione della collaborazione della guardia costiera libica alla lotta contro l’immigrazione irregolare, con conseguente, esponenziale aumento del flusso dei «migranti» verso l’Italia, quale già rilevato, guarda caso, fin dal primo giorno successivo a quello dell’arresto. Si è invece preferito ricorrere ad una dissimulazione, che, per giunta, si è rivelata tanto maldestra da essere facilmente riconoscibile, atteso che della pretesa pericolosità dell’Almasri, se rimasto nel nostro Paese, non risulta fornita la benché minima dimostrazione. I crimini, veri o presunti, che gli sono addebitati risultano, infatti, inscindibilmente connessi all’esercizio dei poteri derivanti dalle funzioni di comando che, in patria, gli erano attribuite. Non si vede, quindi, su quali basi, mancando tale condizione, potesse fondarsi il timore che analoghi crimini egli avrebbe commesso in Italia; né risulta addotta alcuna ragione tale da far apparire probabile che ne avrebbe commessi altri di diversa natura. cosa dice la leggeIl tentativo di dissimulazione sarebbe stato, peraltro, scusabile se non vi fosse stato altro mezzo per far apparire legalmente giustificata la mancata consegna dell’Almasri alla Corte penale internazionale. Ma così non è. La legge n. 327 del 2012, attuativa, per l’Italia, delle disposizioni contenute nello statuto della Corte penale internazionale, prevede, infatti, all’art. 3, che: «In materia di consegna, di cooperazione e di esecuzione di pene si osservano, se non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto, le norme contenute nel libro undicesimo, titoli II, III e IV, del codice di procedura penale». E fra tali norme, non espressamente derogate né dalla legge speciale né dallo statuto della Corte penale, vi è quella costituita dal comma 1 bis dell’art. 697, in forza del quale: «Il ministro della Giustizia non dà corso alla domanda di estradizione quando questa può compromettere la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato». Ciò significa che, invocando tale norma, il ministro della Giustizia avrebbe potuto, del tutto legittimamente, dichiarare di astenersi da ogni iniziativa finalizzata alla consegna dell’Almasri alla Corte penale internazionale.Dopodiché nulla avrebbe impedito di procedere comunque all’espulsione, se ritenuta necessaria, per pericolosità o per qualsiasi altra ragione. In tal modo si sarebbero certamente deluse - come, del resto, doveva necessariamente avvenire ed è avvenuto - le aspettative della suddetta Corte e della folta schiera dei giustizialisti in servizio permanente effettivo, fedeli all’antico motto «fiat iustitia et pereat mundus» (si faccia giustizia e vada pure il mondo in rovina). Si sarebbe, però, almeno, offerta all’opinione pubblica l’immagine di un governo che non teme di perseguire con decisione, alla luce del sole, avvalendosi degli strumenti che l’ordinamento giuridico pone a sua disposizione, il vero interesse dello Stato, chiaramente coincidente, nel caso in questione, con quello riconosciuto o riconoscibile come tale anche dalla maggioranza dei semplici cittadini. parare il boomerangE si sarebbe, altresì, evitato di offrire il facile destro alla presentazione di denunce penali come quella di cui si è reso autore l’avvocato ed ex parlamentare di lungo e variegato corso Luigi Li Gotti, secondo il quale sarebbero addebitabili alla presidente del Consiglio, ai ministri della Giustizia e dell’Interno ed al sottosegretario alla presidenza del Consiglio i reati di favoreggiamento personale e peculato. Sulla palese inconsistenza di tali addebiti non è neppure il caso di spendere parole. Resta però il fatto che la denuncia, comportando comunque la necessità di una pronuncia, quale che sia, della magistratura, potrà facilmente trasformarsi in un’ennesima occasione, per quest’ultima, di esprimere giudizi e valutazioni attinenti a quella materia politica alla quale, invece, dovrebbe rimanere rigorosamente estranea. E del prodursi di tali occasioni è proprio ciò di cui, oggi più che mai, si avverte meno il bisogno.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.