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I dati smentiscono gli allarmismi: con numeri più alti si riaprì il Paese

Basta mettere in dubbio il dogma dell'utilità del green pass, oppure manifestare qualche perplessità circa la necessità di vaccinare i bambini, che si finisce direttamente iscritti alla lista degli ottusi No Vax. Chiunque non si conformi al pensiero unico della meraviglia del certificato vaccinale o non si adegui all'inderogabile necessità di inoculare gli adolescenti, è infatti catalogato fra gli svalvolati che credono ai complotti e sospettano che insieme alle dosi si inietti sotto pelle un microchip per trasformare le persone in automi.
In pratica, se non si capisce che il green pass e la vaccinazione dei ragazzini servono a restituirci la libertà, a proteggerci dal virus, a farci tornare alla normalità, o si è o irresponsabili o si è inguaribilmente stupidi. Allora, mettiamola così: in Germania governano i No Vax. E anche in Belgio, in Olanda e Spagna. Oltre che in tanti altri Paesi in cui il certificato vaccinale non è necessario per andare al bar o al ristorante. E, fatta eccezione per la Francia, nel resto d'Europa sono pure stupidi, perché invece di spingere i minorenni a vaccinarsi, li stanno frenando. Da noi l'associazione dei pediatri lancia appelli affinché tutti, immaginiamo anche gli infanti, si sottopongano a prima e seconda dose. In Germania, al contrario, l'associazione dei pediatri sconsiglia la vaccinazione di massa, suggerendo che a immunizzarsi siano solo i bambini con patologie gravi e dunque a rischio qualora contraggano il virus. Sono matti anche i medici tedeschi così come si vuol far passare per matto chiunque sollevi dubbi sulla corsa all'iniezione senza limiti di età?

Tutta questa fretta, a dire il vero, non si capisce.

Anche perché, nonostante ogni giorno si provveda a creare una situazione di allarme generalizzato, l'allarme non c'è. Per rendersene conto basta guardare qualche numero, il primo tra questi consiste proprio nella percentuale di vaccinati, che ormai ci colloca tra i Paesi in cui si registra il maggior numero di persone che si sono sottoposte all'inoculazione. Siamo davanti a Francia e Germania, tanto per rimanere ai nostri principali partner europei. Ma se ci si vuol confrontare con resto del mondo svettiamo. Il che, intendiamoci, è merito di questo governo perché, come è noto, se a Palazzo Chigi fosse rimasto Giuseppe Conte e al commissariato anti-Covid Domenico Arcuri, con le sue primule mai sbocciate, saremmo probabilmente gli ultimi. Ciò detto, e riconosciuto al generale Francesco Paolo Figliuolo quanto ha fatto, non si capisce l'agitazione con cui in questi giorni si segue la curva dei contagi. La grande stampa quotidianamente ci aggiorna su numeri, tassi di positività e decessi, avvisandoci di ogni variazione percentuale, quasi che la situazione stia rapidamente sfuggendo di mano. Il senso è chiaro: qualora si superasse una certa soglia di diffusione del virus, saranno necessarie nuove chiusure e il ritorno al semaforo che tanto piace a Roberto Speranza. Beh, allora sarà bene rinfrescarci la memoria. Quando il 22 aprile l'attuale governo varò il decreto Riaperture, i dati erano i seguenti. Nuovi positivi: 16.232. Tasso di positività 4,4 per cento. Totale positivi: 472.196 persone. Ricoverati: 22.094. In terapia intensiva: 3.021 pazienti. Morti: 360. Vaccinati, con prima e seconda dose: 4,7 milioni. Ieri, il ministero della Salute ha diffuso il seguente bollettino. Nuovi positivi: 7.270. Tasso di positività: 3,3 per cento. Totale positivi: 121.285. Ricoverati: 2.975. In terapia intensiva: 352. Morti: 30. Vaccinati con prima e seconda dose: 35,2 milioni.

La conclusione a cui qualsiasi persona, No Vax o Sì Vax che sia, può giungere, è che abbiamo deciso di riaprire l'Italia con mezzo milione di positivi, il 90 per cento della popolazione da vaccinare, 22.000 ricoveri e 300 morti al giorno. Oggi, con il 65% degli italiani over 12 ormai vaccinati, meno di 3 mila ricoveri e 31 morti vogliano richiuderla? O c'è qualche cosa che non funziona nei numeri che ci vengono forniti, o la propaganda ha preso il sopravvento sulla ragione.

Come abbiamo spiegato sin dall'inizio, siamo favorevoli alle vaccinazioni, ma con il buonsenso. E soprattutto senza terrorizzare le persone. È vero: da quasi due anni siamo alle prese con un'epidemia, ma il virus non ci ha contagiato il cervello.

Zelensky braccato per Tangentopoli. Si dimette il braccio destro Yermak
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.

Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.

Il Quirinale prepara un altro sgambetto
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.
Garofani ha fatto esaurire la bufera e ora sfoggia l’arroganza del potere
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Il consigliere anti Meloni applica il detto siciliano: «Piegati giunco che passa la piena».

La piena è passata e il giunco Francesco Saverio Garofani può tirare un sospiro di sollievo. Da giorni tutto tace e il consigliere di fiducia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sorveglia rinfrancato gli umori dei palazzi e i tam-tam dei media. Calma piatta, le ostilità si sono placate.

Secondo il procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, il ministro Nordio «realizza il Piano diabolico di Gelli del 1981». Ma paragonare il lavoro di governo e Parlamento a un’organizzazione eversiva è follia.

Facciamo il punto novembrino del confronto referendario: intanto, chi è il frontman della campagna del No?A rigor di logica e per obbligo di mandato correntizio dovrebbe essere il vertice Anm (il presidente Cesare Parodi, ndr), non foss’altro perché rappresenta quel sistema che dal sorteggio risulterebbe più che sconfitto; secondo altri, dovrebbe essere il procuratore di Napoli (Nicola Gratteri, ndr), per la migliore conoscenza dei salotti televisivi; secondo altri ancora dovrebbe essere il presidente del Comitato del No (Enrico Grosso, ndr), un accademico insigne e molto ottimista («Una volta emerso quel sistema opaco con Luca Palamara, è stata fatta pulizia. Lo stesso Csm ha dimostrato che le degenerazioni appartengono al passato», ha dichiarato sulla Repubblica del primo novembre).

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