2019-12-07
Allarme banche. La Popolare di Bari e Carige chiedono aiuto
Attesa per gli orientamenti di Bruxelles sulla crisi pugliese. Le perdite del gruppo ligure superano già l'aumento di capitale.Mentre i ministri delle Finanze dell'area euro continuano a discutere sulla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, è bene ricordare che oggi in Italia ci sono due istituti bancari in difficoltà. Si tratta della Banca popolare di Bari, la cui prima richiesta di aiuto è di recente arrivata al Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) e di Banca Carige, istituto le cui perdite superano già i soldi chiesti ai soci attraverso l'aumento di capitale in corso.Trattandosi di gruppi da migliaia di dipendenti (Carige conta circa 4.000 dipendenti, ma sono previsti altri tagli per circa 1.000 professionisti, mentre l'istituto barese conta circa 3.000 persone), entrambi i gruppi si stanno muovendo per scongiurare il peggio. Come ha spiegato la Banca popolare di Bari, il programma di incontri e contatti con investitori istituzionali, finalizzato al rafforzamento patrimoniale della dell'istituto, «prosegue intensamente». La conferma arriva dal consiglio di amministrazione dell'istituto che in una nota annuncia anche l'obiettivo «di pervenire entro le prossime due settimane all'approvazione di un piano industriale e patrimoniale concordato tra le parti».Va detto che il percorso di ristrutturazione della popolare barese è legato a doppio filo a una norma sulle dta (deferred tax assets), le imposte differite attive, che potrebbe essere inserita nel decreto crescita. L'ipotesi consiste nella trasformazione delle imposte differite attive in crediti d'imposta. Se la norma - che deve passare anche il vaglio delle autorità europee - dovesse essere approvata, per la banca guidata dall'ad Gregorio Monachino, tutto sarebbe molto più semplice: il gruppo, così facendo, potrebbe tornare ad avere in pancia una cifra stimata tra i 350 e i 500 milioni di euro, a tutto vantaggio del suo stato patrimoniale. Non a caso, nella nota di ieri, la banca ha sottolineato che il suo percorso di crescita potrà «sostanziarsi con la definizione operativa del provvedimento sulle dta contenuto nel decreto crescita approvato dal Parlamento e che la banca auspica possa avvenire a breve, nel rispetto delle normative comunitarie». La popolare, continua il comunicato, ha avviato un processo di «discontinuità e di profondo rinnovamento», cominciato ad agosto 2019, ponendo le basi per la stabilizzazione dei requisiti patrimoniali e il rilancio della redditività operativa.Sulle difficoltà della Popolare di Bari, indiscrezioni stampa hanno dato conto di un fabbisogno di capitale da un miliardo di euro, la cifra tuttavia al momento non trova una conferma ufficiale perché manca ancora una due diligence (l'attività di analisi e di approfondimento che si porta avanti prima di indicare una strategia aziendale) e un piano industriale.Quando potremo, dunque, sapere qualcosa di più sulla sorte della banca? La tempistica di intervento non dipende dal fondo interbancario bensì dalla rapidità con cui verrà imbastito il piano: tempi che sono stati ufficializzati ieri e contabilizzati in un paio di settimane.Va ricordato, inoltre, che anche Mediocredito Centrale è della partita per salvare la popolare, ma il suo intervento è inserito in un contesto più ampio perché al momento ancora non ha i mezzi per fare un'operazione di questo genere. Non si sa infatti se Mcc verrà affiancato da un partner industriale visto che questo aspetto dipende dal fabbisogno di capitale necessario. C'è poi il tema di Banca Tercas, sempre del gruppo Banca Popolare di Bari. Nel dicembre 2015, la commissione decise che il sostegno dell'Fitd (fondo partecipato da banche private) alla banca di Teramo costituiva un aiuto di Stato incompatibile con le norme Ue. Fatto poi smentito in primo grado dalla corte europea di giustizia. Peccato che il 5 dicembre l'antitrust Ue abbia concesso un finanziamento alla banca tedesca a partecipazione statale NordLB (2,9 miliardi di euro) affermando che in questo caso non si possa parlare di aiuti di Stato. La questione ha scatenato non poche polemiche accusando le istituzioni europee di essere filotedesche. Ora però sono in molti ad attendere un intervento all'interno della prossima manovra che possa salvare la popolare barese. C'è poi Banca Carige. Il 4 dicembre (fino al 13) ha preso il via l'aumento di capitale da 700 milioni approvato dall'assemblea del 20 settembre. Nei primi nove mesi del 2019 il gruppo guidato dall'ad Fabio Innocenzi ha registrato perdite nette per 594 milioni su cui pesano le svalutazioni relative ai 2,8 miliardi di crediti deteriorati da cedere alla società pubblica Amco, la ex Sga. Pallottoliere alla mano, il dato porta le perdite attese a fine anno a 783 milioni, superando lo sforzo chiesto agli azionisti per rimettere in sesto la banca. Viene quindi da chiedersi, senza che a breve non si decida di procedere a una nuova ricapitalizzazione, come i commissari straordinari possano continuare la loro manovra di rafforzamento patrimoniale prevista all'interno del piano industriale 2019-2023.Come hanno affermato i vertici del gruppo, il piano si propone l'obiettivo di rispettare i requisiti di vigilanza prudenziale della banca e provvedere al rilancio. Si attende, però, un «colpo di scena», altrimenti appare difficile capire come potranno essere portati a compimento gli obiettivi del piano. La situazione appare insomma difficile. Al momento, si legge nel prospetto informativo approvato dalla Consob, la banca non dispone di capitale circolante in misura idonea a soddisfare le proprie esigenze attuali per un periodo di almeno 12 mesi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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