2022-10-04
All’antimafia serve una svecchiata. I beni confiscati ai boss? Vendiamoli
Il magistrato in aspettativa della Dda, Catello Maresca: le bande che imperversano nelle città sono paramafiose. Servono nuove regole e un’organizzazione migliore. Non bastano le manette, la guerra si vince sul fronte sociale.Nel nostro Paese esiste un’emergenza sicurezza molto grave. Le nostre città sono ormai palcoscenico frequentissimo di episodi di violenza, spesso gratuita, senza che si riesca a porre un freno. Sembra mancare, aldilà delle singole iniziative delle locali prefetture, un piano strategico di lotta al crimine, anche organizzato.Ci sono realtà, ormai, al Sud come al Nord, preda di più o meno organizzate bande criminali e fatti gravi, anche omicidiari, sono all’ordine del giorno. In questi ultimi giorni, nell’area a nord di Napoli vi è stata una recrudescenza di violenza e di aggressioni, culminata nell’omicidio del professore nella scuola di Melito. Girano sulla rete video impressionanti di aggressioni a scopo di rapina nella vicina città di Afragola. Alcuni sindaci del circondario lamentano di essere abbandonati dallo Stato, dimenticando colpevolmente di essere essi stessi parte di quello Stato che criticano così aspramente. Eppure, si comprende il loro sfogo perché effettivamente c’è qualcosa che non va. Il nuovo governo dovrà prenderne atto e avrà il compito di elaborare una seria ed efficace strategia sul tema della sicurezza e della giustizia. Non si può più pensare che ad occuparsi di tutto possano essere solo i magistrati e le forze dell’ordine. Non è neanche solo questione di risorse di uomini e mezzi. La questione è prima di tutto strategica. Manca nel nostro Paese da tempo una seria e duratura programmazione delle attività antimafia. Le mafie a tutti i livelli ormai controllano le attività illecite. Soprattutto nelle grandi città, ma ormai anche nei piccoli centri, esistono bande (similmafiose) che si dedicano alle rapine, agli scippi, alla ricettazione dei veicoli, alla contraffazione dei beni, oltre allo spaccio di droga. Non si deve essere convinti sostenitori panmafiosi, per accorgersi che dietro tali complesse attività criminali vi sono gruppi organizzati. Le mafie non sono più fatte da uomini rozzi con coppola e lupara. Ormai le mafie sono imprese e operano attraverso schemi strutturati ed attrezzati. È per questo che serve una nuova visione dell’antimafia, non più estetica ma pragmatica. Dalla antimafia di facciata, abilmente praticata da certa politica arrivista ed esibizionista, si deve passare a quella vera, a quella praticata. E non mi riferisco solo al settore giudiziario, dove pure c’è bisogno di una inversione di rotta decisa e repentina, ma anche soprattutto all’aspetto della prevenzione. Bisogna abbandonare la faziosa propaganda antimafia che ai proclami roboanti non fa seguire quasi mai i fatti. Perché ciò accada le questioni devono essere affrontate scientificamente. Il problema è che, invece, l’approccio finora tenuto è stato tutt’altro che professionale. Tutti parlano di antimafia, ma pochi ne capiscono davvero. E così gli interventi spot non incidono se non in modo marginale sui problemi veri e gravi, e crescono insicurezza e criminalità. Serve, invece, un progetto organico di interventi per un contrasto senza frontiere. Innanzitutto bisogna risolvere il problema della copertura finanziaria attraverso la vendita dei beni confiscati non utilizzati per fini sociali e delle aziende destinate nel 98% dei casi al fallimento. Dobbiamo, perciò, intervenire sui compiti e sui poteri dell’Agenzia per i beni confiscati. E utilizzare i proventi delle attività per il finanziamento delle azioni per la sicurezza delle città. Poi occorrono subito nuove regole di ingaggio per le forze dell’ordine e per l’arresto in flagranza di reato. Si devono deliberare seri meccanismi di controllo e prevenzione antimafia per gli appalti del Pnrr. Bisogna inserire nelle misure antimafia la riqualificazione delle periferie attraverso i servizi (asili nido, scuole, luoghi di aggregazione e sport). Ed, infine, è arrivato il momento di prevedere pene certe ed efficaci per i trasgressori, unitamente ad una nuova idea del carcere e degli istituti penitenziari.
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