2024-06-03
«Dopo il voto delle Europee sarà inevitabile un rimpasto»
Alessandro Campi (Imagoeconomica)
Il politologo Alessandro Campi: «La Meloni cambierà alcuni ministri che non sono apparsi all’altezza. Il sistema istituzionale e la dialettica dei partiti vanno liberati dalle interferenze dei pm».Professor Alessandro Campi, Giorgia Meloni si sottrae dalla commemorazione della strage di Piazza della Loggia e da possibili contestazioni di qualche manifestante. Sceglie di andare a Caivano e monopolizza l’attenzione dell’opinione pubblica scontrandosi con il governatore della Campania De Luca. Difficile pensare che tutto questo sia una coincidenza.«Ognuno guarda al suo elettorato potenziale. Ai temi che ritiene di maggior presa mediatica. Lo scontro con De Luca è stato certo studiato, esattamente come sono studiate le uscite di quest’ultimo, o quelle di Salvini, o di Conte. Mentre l’assenza della Meloni a Brescia non era per minimizzare quell’evento, ma solo per risparmiarsi gli insulti gratuiti in piazza degli oppositori. Le cose politicamente importanti che aveva da dire, sul fascismo e sulla violenza, mi sembra le abbia dette nel suo discorso alla Camera su Matteotti».Gli ultimi sondaggi ci restituivano un quadro simile ai risultati delle ultime elezioni del 2022. In tempi di turbo politica dove le leadership si consumano in fretta sembra essere una novità…«La mobilità degli elettori, che cambiano idea sempre più facilmente, dipende non solo dal loro stato ormai di perenne insoddisfazione, ma anche dalle novità che emergono sul lato dell’offerta politica. Si cambiano piatti se cambia il menu. Rispetto alle ultime elezioni politiche non ci sono state grandi novità in termini di nuove proposte, nuove leadership o nuovi partiti. E questo spiega la relatività stabilità degli orientamenti di voto. Ma parliamo di appena un biennio. Detto questo, i riflettori sono puntati anche stavolta sull’astensionismo».A proposito di astensione... I sondaggisti oggi si imbattono in elettori apparentemente motivati che poi però non vanno a votare. In pratica viene sempre sovrastimata la partecipazione alle urne.«Chi esprime posizioni pubbliche radicali è più facile che poi si rifugi nel non voto. Al tempo stesso, chi vota spesso decide all’ultimo minuto, in modo quasi impulsivo. Ci sono poi quelli che cambiano idea durante la campagna elettorale o che si divertono a dichiarare un voto diverso. In queste condizioni è facile sbagliare i sondaggi e le previsioni. Ormai sono sempre più non una fotografia attendibile degli umori dell’opinione pubblica, ma uno strumento per cercare di orientarla. Quasi sempre senza successo».L’elezione diretta del presidente del Consiglio è una riforma che, se non erro, non la convince. Cambiato idea?«Avrei puntato piuttosto all’elezione diretta del presidente della Repubblica, lasciandogli comunque un ruolo di garante della Costituzione e di rappresentante dell’unità nazionale, come già accade in alcuni Paesi europei, e ad un rafforzamento per via parlamentare dei poteri del capo del governo. L’elezione diretta di quest’ultimo, con la possibilità di disarcionarlo in corsa e senza peraltro aver ancora capito con che sistema di voto, mi lascia perplesso».Giorgia Meloni di fronte alla prospettiva del referendum confermativo potrà sfuggire alla personalizzazione? È una buona idea far svolgere il referendum in corso di legislatura? Non sarebbe più astuto dirigere gli eventi in maniera tale da far coincidere questo appuntamento con la fine del quinquennio? Il caso Renzi qualcosa dovrebbe insegnare… no?«Indipendentemente dai tempi di approvazione della riforma, sarà difficile sfuggire ad un referendum che sarà sulla riforma ma inevitabilmente anche su chi l’ha voluta. Con tutti i pericoli che la cosa comporta. Forse a Giorgia Meloni una simile prova di forza, per quanto rischiosa, non dispiace. Detto ciò, la personalizzazione è ormai un dato strutturale della politica contemporanea. Diventa pericolosa, sul piano del consenso, quando si da l’impressione di voler fare tutto da soli o di non avere nessuno intorno a sé di cui fidarsi». Si parla ancora di riforma della giustizia. Presumo che non venga toccata la Costituzione. Altrimenti lo si farebbe nel mentre si parla di elezione diretta del premier…«Nella cosiddetta riforma della giustizia il tema non è in che modo si vada eventualmente a modificare la Costituzione. Chi si erge a difensore di quest’ultima per criticare le scelte del governo, sa bene che la vera posta in gioco è tutta politica. Si tratta di liberare il sistema istituzionale italiano e la dialettica tra partiti dal condizionamento del potere giudiziario, divenuto talvolta un diritto di veto e forza di supplenza. Questa interferenza extra-politica è la patologia da sanare del nostro sistema democratico».Dopo le elezioni europee, con la scusa di insediare un ministro in carica nella nuova Commissione, ci sarà un Meloni bis con qualche innesto? Una sorta di valzer dei ministeri come quello delle panchine degli allenatori nel calcio…«Il voto europeo dovrebbe fotografare nuovi rapporti di forza all’interno della maggioranza. E questo già potrebbe spingere a un riequilibrio nel governo. Al tempo stesso, ci sono alcuni ministeri ai quali andrebbe conferito maggiore slancio (un eufemismo per dire che ci sono ministri che non appaiono all’altezza del loro ruolo). Un rimpasto chirurgico più che possibile mi sembra inevitabile e necessario. Sarebbe anche lo strumento per imprimere nuovo slancio all’azione del governo nel suo complesso».Ritiene probabile una riedizione in seno al Parlamento europeo della vecchia maggioranza popolari, socialisti, verdi e liberali alla luce dei sondaggi che vediamo un po’ ovunque in Europa?«L’Europa, proprio per la sua natura politicamente eccentrica, nasce consociativa, trasversale e inciucista. Difficilmente si può immaginare che venga governata da maggioranze politicamente omogenee, secondo la tradizionale divisione destra-sinistra. La logica delle “grandi coalizioni” è ciò che ne ha garantito una relativa stabilità e che ha consentito di condividere le grandi scelte strategiche che sono state adottate nei decenni. La novità stavolta potrebbe essere rappresentata dall’ingresso in partita di componenti politiche, come i conservatori, che ne sono rimaste a lungo estranee. Il che potrebbe significare una maggioranza ancora più ampia dell’attuale». Marine Le Pen prima attacca Giorgia Meloni per un ipotetico appoggio alla rinomina di Ursula von Der Leyen presidente di Commissione. Poi partecipa ad un evento in Spagna organizzato da Vox alleato con Fratelli d’Italia. Che significa?«È il tentativo di superare una condizione di marginalità politica che non coincide più con le sue ambizioni in Francia. Lì il suo partito è in testa in tutti i sondaggi per le Europee e per la corsa all’Eliseo. Nella sua nuova veste presidenziale e repubblicana, Marine Le Pen tenta di entrare, per il tramite dei conservatori guidati da Giorgia Meloni, nella partita per l’Europa di domani, dove certi partiti - sinora sempre esclusi dai suoi meccanismi di governo - potrebbero avere finalmente un ruolo». Salvini e Le Pen espellendo AfD dal loro raggruppamento Identità e Democrazia perdono seggi. Ha politicamente senso?«Avere “nemici a destra”, lasciando i tedeschi di Afd al loro destino, è il prezzo da pagare per realizzare l’operazione di avvicinamento verso il mondo conservatore di cui parlavo. D’altro canto, la compagnia di quel partito si era fatta francamente imbarazzante». Professore, a sinistra il Pd sembra aumentare il vantaggio sul M5s che però si atteggia a forza egemone. Incapacità di Elly Schlein a far valere i rapporti di forza?«Conte ha meno voti del Pd ma riesce a far pesare di più la sua linea politica, ad esempio su temi come la politica estera. Rispetto alla Schlein ha inoltre il vantaggio di un partito che gli obbedisce interamente, mentre tra i democratici continua come sempre il balletto delle correnti romane e dei potentati territoriali che non si riconoscono pienamente nell’azione e nelle scelte della nuova segretaria. Il M5s è una monarchia assoluta. Il Pd una struttura semi-feudale. Anche su questo terreno le elezioni europee potrebbero però segnalare una novità nei rapporti di forza tra i due partiti. Il M5s, stando ai sondaggi, avrà molti meno voti del Pd. A quel punto sarà difficile per Conte continuare nel controcanto quotidiano alla Schlein».Trova novità degne di nota in questa campagna elettorale dove tutti fanno a gara a distinguersi dagli alleati? Penso alle posizioni della Lega in materia di Europa e guerra rispetto agli alleati…«Non mi sembra francamente che la Lega abbia forzato più di tanto sul terreno della politica estera, in sé delicato e scivoloso, specie se si sta al governo di un Paese che ha scelto, insieme ai suoi alleati, di sostenere l’Ucraina. Salvini, guardando ai manifesti in giro per l’Italia, si è piuttosto concentrato sulla difesa delle case e delle auto degli italiani. Una scelta che hanno fatto anche altri leader, visto che le preoccupazioni economiche tra gli elettori sono forti quanto quelle relative alla pace e alla sicurezza. Semmai si è parlato, come al solito, poco dell’Europa e della sua agenda futura. Ancora una volta le campagne sono state nazionali e tutte giocate sui problemi interni».Finiamo con Trump. La condanna pregiudica la sua corsa alla Casa Bianca?«Pare proprio di no. Dopo la condanna la sua raccolta fondi ha avuto un’impennata. I suoi elettori si sono ulteriormente galvanizzati. I panni del perseguitato da una magistratura politicizzata finiscono per creare consenso, come sappiamo bene in Italia con l’esperienza di Berlusconi. D’altro canto, anche il Wall Street Journal è sceso in campo per dire che questa condanna è stata una palese forzatura giudiziaria. Resta il fatto che gli Stati Uniti contesi tra un presidente che perde colpi e uno che minaccia sfracelli fanno paura al mondo, se questi ne sono i gendarmi».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)