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2025-01-12
Alberto Martini ed Edgar Allan Poe: storie straordinarie in mostra a Oderzo
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Un’arte onirica, visionaria, enigmatica e piena di simboli quella di Alberto Martini (Oderzo, 1876-Milano, 1954), la cui fama, più che alla pittura, è legata al suo straordinario talento per il disegno, mezzo preferito per esprimere un impulso creativo dirompente e una vocazione particolare per il macabro e la satira:«La penna è il bisturi dell’arte, è strumento acuto e dificile come il violino (...) La mia penna è, a seconda dei casi, forte come un bulino e leggera come una piuma», scrisse l’artista nella sua biografia e la sua amatissima penna, il suo « bisturi artistico», lo rese famoso, in Italia e in Europa. In Inghilterra (nel 1914 la stampa inglese lo definì « Italian pen - and link genius») e a Parigi soprattutto, dove Martini trovò parecchi estimatori della sua arte fantastica e inquieta, tardo-romantica e decadente, in cui l’elemento macabro si fondeva con l’inconscio e il sogno: e fu proprio nella capitale francese,dove visse tra la fine degli anni ’20 e il 1934 nel quartiere di Montparnasse, che Martini sviluppò il proprio linguaggio surrealista « poiché ogni cosa - scrisse in Vita d’artista - è come uno specchio dove si riflette la nostra anima ».
Un linguaggio fatto di raffinatezza tecnica e potente immaginario («chi non ha immaginazione vegeta in pantofole: vita comoda, ma non vita d’artista»), che ha ispirato artisti, musicisti, autori di fumetti e registi, da Dylan Dog ad Alfred Hitchcock e che Oderzo, sua città natale e sede della Pinacoteca a lui dedicata, celebra con una grande mostra, un viaggio alla scoperta dell’universo mariniano e del «lato oscuro» della sua arte, con un focus particolare – vero fulcro dell’esposizione – sulla serie di illustrazioni a china dei racconti fantastici di Edgard Allan Poe (diffusi in Europa soprattutto nella traduzione francese di Charles Baudelaire del 1856), che tanto colpirono l’immaginazione degli artisti del tempo. Realizzata da Martini tra il 1905 e gli anni Trenta, la serie, chiaro esempio di anticipazione surrealista , apre alla dimensione dell’inconscio, una dimensione ben evidenziata anche nei sorprendenti autoritratti - specchio dell’Io e del suo doppio - che chiudono il ricco percorso espositivo.
La Mostra
Con oltre 120 opere fra disegni, incisioni, olii e pastelli, l’esposizione - introdotta dall’autoritratto di Martini in veste di biglietto da visita del 1914 e dall’iconico Lucifero, famosa illustrazioni della Divina Commedia - inizia con alcuni fra i primissimi lavori dell’artista (molto interessanti i disegni del ciclo Le corti dei miracoli , ispirati a Victor Hugo); omaggia il sodalizio fra Martini e il critico napoletano Vittorio Pica (tra i fondatori della Biennale di Venezia e suo segretario generale dal 1920 al 1928) con lo splendido olio su tela La Fiaccola (o Allegoria del genio della Poesia o dell’Arte), un’opera simbolista del 1906, mai esposta prima in Italia; prosegue con due meravigliosi disegni del ciclo La parabola dei celibi, immagini dalle atmosfere notturne, oniriche e potenti e prima di arrivare al focus dedicato a Poe, il visitatore incontra Nel sonno, Diavolessa e Notturno, un trittico definito dalla curatrice Paola Bonifacio «estremamente raffinato e cerebrale, legato al tema dell’esaltazione della Notte». Straordinaria anche la serie di sontuosi pastelli dedicati alla donna-farfalla, ed è sempre all’universo femminile che Martini guarda nelle due splendide oniriche litografie su pietra Il Bacio e La bocca del 1915 e ne La Bellezza della donna (1905) «disegno significativamente scelto da Salvador Dalì - ha spiegato uno dei curatori, Alessandro Botta - a corredo di un articolo sull’immaginario spiritico del 1914 per la rivista Minotaure , fondamentale per gli sviluppi del movimento surrealista».
Amico di Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D’Annunzio, Margherita Sarfatti e dell’eccentrica e facoltosa Marchesa Luisa Casati Stampa, a lei, tra il 1912 e il 1934, dedica ben 12 ritratti: furono tuttavia i Racconti straordinari di Edgar Allan Poe ad ispirare al meglio la genialità creativa di Martini, che, fra il 1905 e il 1936, realizzò 105 disegni intrisi di un cupo e fantastico mistero, esempio sommo di quell’ «estetica dello spaesamento » che lo porterà verso il surrealismo. La scrittura di Poe arricchì la già fervida immaginazione di Marini con nuove, lugubri, grottesche e allucinate visioni, fatte di scheletri, mostri, personaggi terrificanti e,sempre ispiratoda Poe, creò un linguaggio totalmente nuovo, ponendosi in un dialogo ideale con lo scrittore statunitense. Entrambi amanti dell’oscurità animata da demoni e fantasmi, entrambi alla ricerca dei significati più reconditi dell’anima , Martini e Poe si mossero fra visioni e sogno, cogliendo gli aspetti più misteriosi, enigmatici e reconditi della realtà
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È la cornice di Palazzo Foscolo a Oderzo (TV) ad ospitare un’importante mostra dedicata ad Alberto Martini (1876-1954), pittore simbolista ma soprattutto illustratore di opere letterarie. Organizzata per celebrarne i 70 anni dalla morte, l’esposizione (visitabile sino al 25 marzo 2025) raccoglie ben 120 opere, tra cui alcuni lavori inediti e mai esposti prima.Un’arte onirica, visionaria, enigmatica e piena di simboli quella di Alberto Martini (Oderzo, 1876-Milano, 1954), la cui fama, più che alla pittura, è legata al suo straordinario talento per il disegno, mezzo preferito per esprimere un impulso creativo dirompente e una vocazione particolare per il macabro e la satira:«La penna è il bisturi dell’arte, è strumento acuto e dificile come il violino (...) La mia penna è, a seconda dei casi, forte come un bulino e leggera come una piuma», scrisse l’artista nella sua biografia e la sua amatissima penna, il suo « bisturi artistico», lo rese famoso, in Italia e in Europa. In Inghilterra (nel 1914 la stampa inglese lo definì « Italian pen - and link genius») e a Parigi soprattutto, dove Martini trovò parecchi estimatori della sua arte fantastica e inquieta, tardo-romantica e decadente, in cui l’elemento macabro si fondeva con l’inconscio e il sogno: e fu proprio nella capitale francese,dove visse tra la fine degli anni ’20 e il 1934 nel quartiere di Montparnasse, che Martini sviluppò il proprio linguaggio surrealista « poiché ogni cosa - scrisse in Vita d’artista - è come uno specchio dove si riflette la nostra anima ».Un linguaggio fatto di raffinatezza tecnica e potente immaginario («chi non ha immaginazione vegeta in pantofole: vita comoda, ma non vita d’artista»), che ha ispirato artisti, musicisti, autori di fumetti e registi, da Dylan Dog ad Alfred Hitchcock e che Oderzo, sua città natale e sede della Pinacoteca a lui dedicata, celebra con una grande mostra, un viaggio alla scoperta dell’universo mariniano e del «lato oscuro» della sua arte, con un focus particolare – vero fulcro dell’esposizione – sulla serie di illustrazioni a china dei racconti fantastici di Edgard Allan Poe (diffusi in Europa soprattutto nella traduzione francese di Charles Baudelaire del 1856), che tanto colpirono l’immaginazione degli artisti del tempo. Realizzata da Martini tra il 1905 e gli anni Trenta, la serie, chiaro esempio di anticipazione surrealista , apre alla dimensione dell’inconscio, una dimensione ben evidenziata anche nei sorprendenti autoritratti - specchio dell’Io e del suo doppio - che chiudono il ricco percorso espositivo. La MostraCon oltre 120 opere fra disegni, incisioni, olii e pastelli, l’esposizione - introdotta dall’autoritratto di Martini in veste di biglietto da visita del 1914 e dall’iconico Lucifero, famosa illustrazioni della Divina Commedia - inizia con alcuni fra i primissimi lavori dell’artista (molto interessanti i disegni del ciclo Le corti dei miracoli , ispirati a Victor Hugo); omaggia il sodalizio fra Martini e il critico napoletano Vittorio Pica (tra i fondatori della Biennale di Venezia e suo segretario generale dal 1920 al 1928) con lo splendido olio su tela La Fiaccola (o Allegoria del genio della Poesia o dell’Arte), un’opera simbolista del 1906, mai esposta prima in Italia; prosegue con due meravigliosi disegni del ciclo La parabola dei celibi, immagini dalle atmosfere notturne, oniriche e potenti e prima di arrivare al focus dedicato a Poe, il visitatore incontra Nel sonno, Diavolessa e Notturno, un trittico definito dalla curatrice Paola Bonifacio «estremamente raffinato e cerebrale, legato al tema dell’esaltazione della Notte». Straordinaria anche la serie di sontuosi pastelli dedicati alla donna-farfalla, ed è sempre all’universo femminile che Martini guarda nelle due splendide oniriche litografie su pietra Il Bacio e La bocca del 1915 e ne La Bellezza della donna (1905) «disegno significativamente scelto da Salvador Dalì - ha spiegato uno dei curatori, Alessandro Botta - a corredo di un articolo sull’immaginario spiritico del 1914 per la rivista Minotaure , fondamentale per gli sviluppi del movimento surrealista». Amico di Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D’Annunzio, Margherita Sarfatti e dell’eccentrica e facoltosa Marchesa Luisa Casati Stampa, a lei, tra il 1912 e il 1934, dedica ben 12 ritratti: furono tuttavia i Racconti straordinari di Edgar Allan Poe ad ispirare al meglio la genialità creativa di Martini, che, fra il 1905 e il 1936, realizzò 105 disegni intrisi di un cupo e fantastico mistero, esempio sommo di quell’ «estetica dello spaesamento » che lo porterà verso il surrealismo. La scrittura di Poe arricchì la già fervida immaginazione di Marini con nuove, lugubri, grottesche e allucinate visioni, fatte di scheletri, mostri, personaggi terrificanti e,sempre ispiratoda Poe, creò un linguaggio totalmente nuovo, ponendosi in un dialogo ideale con lo scrittore statunitense. Entrambi amanti dell’oscurità animata da demoni e fantasmi, entrambi alla ricerca dei significati più reconditi dell’anima , Martini e Poe si mossero fra visioni e sogno, cogliendo gli aspetti più misteriosi, enigmatici e reconditi della realtà
In Toscana un laboratorio a cielo aperto, dove con Enel il calore nascosto della Terra diventa elettricità, teleriscaldamento e turismo.
L’energia geotermica è una fonte rinnovabile tanto antica quanto moderna, perché nasce dal calore naturale generato all’interno della Terra, sotto forma di vapore ad alta temperatura, convogliato attraverso una rete di vapordotti per alimentare le turbine a vapore che girando, azionano gli alternatori degli impianti di generazione. Si tratta di condotte chiuse che trasportano il vapore naturale dal sottosuolo fino alle turbine, permettendo di trasformare il calore terrestre in elettricità senza dispersioni. Questo calore, prodotto dai movimenti geologici naturali e dal gradiente geotermico determinato dalla profondità, può essere utilizzato per produrre elettricità, riscaldare edifici e alimentare processi industriali. La geotermia diventa così una risorsa strategica nella transizione energetica.
L’energia geotermica non dipende da stagionalità o condizioni climatiche: è continua e programmabile, dando un contributo alla stabilità del sistema elettrico.
Oggi la geotermia è riconosciuta globalmente come una delle tecnologie più affidabili e sostenibili: in Cile, Islanda, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Filippine e molti altri Paesi questa filiera sta sviluppandosi vigorosamente. Ma è in Italia – e più precisamente in Toscana – che questa storia ha mosso i suoi primi passi.
La presenza dei soffioni boraciferi nel territorio di Larderello (Pisa), da sempre caratterizzato da manifestazioni naturali come vapori, geyser e acque termali, ha fatto intuire il valore energetico di quella forza invisibile. Già nel Medioevo erano attive piccole attività produttive basate sul contenuto minerale dei fluidi geotermici, ma è nel 1818 – grazie all’ingegnere francese François Jacques de Larderel – che avviene il primo utilizzo industriale. Il passaggio decisivo c’è però nel 1904, quando Piero Ginori Conti, sfruttando il vapore naturale, accende a Larderello le prime cinque lampadine: è la prima produzione elettrica geotermica al mondo, anticipando la nascita nel 1913 della prima centrale geotermoelettrica al mondo. Da allora questa tecnologia non ha mai smesso di evolversi, fino a diventare un laboratorio internazionale di ricerca e innovazione.
Attualmente, la Toscana rappresenta il cuore della geotermia nazionale: tra le province di Pisa, Grosseto e Siena Enel gestisce 34 centrali, per un totale di 37 gruppi di produzione che garantiscono una potenza installata di quasi 1.000 MW. Questi impianti generano ogni anno tra i 5,5 e i quasi 6 miliardi di kWh, pari a oltre un terzo del fabbisogno elettrico regionale e al 70% della produzione rinnovabile della Toscana.
Si tratta anche di uno dei più avanzati siti produttivi dal punto di vista tecnologico, che punta non allo sfruttamento ma alla coltivazione di questi giacimenti di energia. Nelle moderne centrali geotermiche, il vapore che ha già azionato le turbine – chiamato tecnicamente «vapore esausto» – non viene disperso nell'atmosfera, ma viene convogliato nelle torri refrigeranti, che con un processo di condensazione ritrasformano il vapore in acqua e lo reimmettono nei serbatoi naturali sotterranei attraverso pozzi di reiniezione.
Accanto alla dimensione produttiva, la geotermia toscana si distingue per la sua capacità di integrarsi nel tessuto sociale ed economico locale. Il calore geotermico residuo – dopo aver alimentato le turbine dell’impianto di generazione - è ceduto gratuitamente o a costi agevolati per alimentare reti di teleriscaldamento che raggiungono oltre 13.000 utenze, scuole, palazzetti, piscine e edifici pubblici, riducendo le emissioni e i consumi di combustibili fossili. Lo stesso calore sostiene attività agricole e artigianali, come serre per la coltivazione di fiori e ortaggi e aziende alimentari, che utilizzano questo calore «di scarto» invece di bruciare gas o gasolio. Persino la produzione di birra artigianale può beneficiare di questa fonte termica sostenibile!
Ma c’è dell’altro, perché questa integrazione tra energia e territorio si riflette anche sul turismo. Le zone geotermiche della cosiddetta «Valle del Diavolo», tra Larderello, Sasso Pisano e Monterotondo Marittimo, attirano ogni anno migliaia di visitatori. Musei, percorsi guidati e la possibilità di osservare da vicino fenomeni naturali e impianti di produzione, rendono il distretto un caso unico al mondo, dove la tecnologia convive con una geografia dominata da vapori e sorgenti naturali che affascinano da secoli viaggiatori e studiosi, creandoun’offerta turistica che vive grazie alla sinergia tra Enel, soggetti istituzionali, imprese, tessuto associativo e consorzi turistici.
Così, oltre un secolo dopo le prime lampadine illuminate dal vapore di Larderello, la geotermia continua ad essere una storia italiana che unisce ingegneria e paesaggio, sostenibilità e comunità. Una storia che prosegue guardando al futuro della transizione energetica, con una risorsa che scorre sotto ai nostri piedi e che il Paese ha imparato per primo a trasformare in energia e opportunità.
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Ecco #DimmiLaVerità del 18 dicembre 2025. Con il nostro Stefano Piazza facciamo il punto sul terrorismo islamico dopo la strage in Australia.
A Bruxelles c’è nervosismo: l’Italia ha smesso di dire sempre sì. Su Ucraina, fondi russi e accordo Mercosur, Roma alza la voce e rimette al centro interessi nazionali, imprese e agricoltori. Mentre l’UE spinge, l’Italia frena e negozia. Risultato? L’Italia è tornata a contare. E in Europa se ne sono accorti.