2023-09-30
«Bisessuali e amore libero». Alberto Angela riduce l’impero romano a un rave
Il conduttore forza la mano alla storia in prima serata su Rai 1. L’Urbe era libertina? Senz’altro, ma era patriarcale e virile. E i matrimoni gay non sarebbero stati capiti.L’ansia di nobili natali dei progressisti andrebbe studiata. Clinicamente. Ma come, racconti di portare la fiaccola del progresso e poi non resisti alla tentazione di sparare panzane sul passato per accreditare le tue ideologie? Non ha senso, eppure ci provano sempre: Enea profugo, Cleopatra black panther e ora pure l’impero romano in versione Woodstock. Persino il sobrio Alberto Angela si è piegato alla logica propagandistica dell’anacronismo ideologico. Nell’ultima puntata di Ulisse-Il piacere della scoperta, Angela si è lasciato andare a un volo pindarico rischioso. A Roma, ha detto, «le regole erano diverse, l’amore era vissuto in modo libero, non c’erano le categorie omo, etero o bi... C’era l’amore, che doveva essere vissuto in modo naturale, bello. Una cosa giustissima. L’uomo romano culturalmente era bisessuale. Un imperatore come Claudio, che era etero, era visto in modo un po’ strano, come una sorta di eccezione in questa società. Giulio Cesare era bisessuale». Ecco un tentativo per esorcizzare la perdurante ossessione da impero romano (una recente tendenza su TikTok ha mostrato come fra i maschi americani adulti l’Urbe resti radicata profondamente nell’immaginario comune). Basta spacciare Roma per una comune. Ma cosa c’è di vero? Certamente ai tempi c’era una morale sessuale diversa da quella cattolica. Ma, attenzione, anche da quella libertaria odierna. Per esempio è del tutto onirico che ai romani fregasse qualcosa dell’amore, tanto meno che esso ambisse a riconoscimenti pubblici. Per il romano, la famiglia era un dispositivo per assicurare la discendenza legittima e poi per allevarla, punto. La necessità di regolare giuridicamente un’unione infeconda, poi, non sarebbe stata nemmeno capita. Ha scritto, non a caso, Rosella Frasca, professore ordinario di Storia dell’Educazione e della Pedagogia a L’Aquila: «Polemiche come quelle assai vive in questi giorni, circa la concessione di un diritto a una coppia gay di metter su famiglia, non solo non sarebbero sorte, ma non si sarebbero neanche comprese». Sentimenti, desideri, preferenze, perversioni erano per i romani affare totalmente privato. È per questo che le norme erano tanto stringenti circa le questioni relative alla discendenza quanto «aperte» in relazione alle abitudini private. Secondo Florence Dupont, docente di Latino all’università di Paris VII, a Roma tutto è permesso, ma «con due riserve: l’abuso di piaceri sessuali è, come tutti gli altri abusi, un crimine morale, e poi conviene parlarne il meno possibile e non fare della sessualità un’arte, come i greci, perché si tratta in quel caso di un’autentica perversione. Quanto al modo pratico in cui si realizza l’amore, non c’è comportamento permesso ed altri vietati; l’importante non è l’atto in sé ma ciò che rivela dell’uomo. Il grande insulto a Roma è trattare qualcuno da “effeminato”». Ovvero impudicus, termine che non indica in origine uno «sporcaccione», ma un uomo che ha abdicato alla propria virilità. Ciò che ripugna la mentalità romana è la passività, nella vita come a letto. «Quella società», raccontava un luminare come Paul Veyne, «non perdeva tempo a chiedersi se le persone fossero omosessuali o no; in compenso, prestava un’attenzione smisurata a minimi dettagli di toletta, di pronuncia, di gesti, di andatura, per colpire con il suo disprezzo quelli che tradivano una mancanza di virilità, quali che fossero i loro gusti sessuali». Scrive ancora lo storico francese: «Gli omofili passivi erano cacciati dall’esercito, e si sa che l’imperatore Claudio, un giorno che faceva tagliar teste a tutto spiano, lasciò in vita un impudico che aveva “atteggiamenti da donna”: un essere simile avrebbe insudiciato la spada del boia». Un bel cambio di prospettiva: oggi ci è concesso di essere eterosessuali, a patto che non siamo virili; a Roma si poteva anche essere omosessuali, bastava essere virili. Anche se in realtà era la categoria sociologica in sé dell’omosessualità che mancava. A Roma esistevano solo le passioni e lo stile. Non c’erano passioni buone o cattive, c’erano solo individui che non perdevano lo stile di fronte allo slancio passionale e altri che invece compivano tale «peccato», l’unico ammesso nel sistema di pensiero romano. Quindi sì, era una morale diversa dalla nostra, ma è davvero rivendicabile per il mondo Lgbt odierno?Certo, da un certo punto in poi qualche estemporanea carnevalata si vide anche nella Roma della decadenza. Svetonio, fonte peraltro sospetta perché duramente avversa a Nerone, racconta come l’imperatore abbia sposato con cerimonia pubblica un ragazzo di nome Sporo. Non solo: dopo aver fatto da marito a Sporo, Nerone avrebbe anche fatto da moglie a Doriforo. Non sappiamo dove finisca la cronaca e dove inizi la calunnia. Il fatto che a raccontare tali usanze - così come del resto accadde con la famosa presunta bisessualità di Cesare - fossero soprattutto i nemici politici è indice che comunque certe pratiche non godessero di così tanto favore anche a Roma. In ogni caso, su di esse si espresse lapidariamente Marziale: «Il barbuto Callistrato ha sposato l’impettito Afro con lo stesso rito con cui una vergine prende marito. Hanno brillato le fiaccole, i veli nuziali hanno coperto i loro volti e non sono mancati neppure, Talasso, i canti in loro onore. È stata anche stabilita la dote. Ancora non ti sembra, Roma, di averne abbastanza? Aspetti per caso che un uomo anche partorisca?». Ama chi ti pare, ma non cambiare la natura e non sovvertire i riti. Non è esattamente la morale corrente. A meno che adesso non vogliano farci credere che Vladimir Luxuria sia in realtà l’ultimo erede della gens dei Luxurii.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.