2025-10-11
Albanese e la sinistra: flirt già finito
Francesca Albanese (Imagoeconomica)
Le battute (l’ultima contro i napoletani) e gli scivoloni della relatrice Onu adesso inquietano i progressisti. Salvini duro: «Prenda una barca e non rompa i c...».Stavolta Francesca Albanese l’ha fatta grossa, inimicandosi una delle lobby più potenti in circolazione, con addentellati ovunque: i napoletani. Ospite del podcast Tintoria, la relatrice speciale delle Nazioni unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati si è lasciata sfuggire: «Per Gaza sono scesi in strada di notte anche i milanesi, che in genere, a differenza dei napoletani, hanno ben presente che la mattina presto devono alzarsi per andare a lavorare». Nel linguaggio a briglie sciolte tipico del podcast, condotto dai due stand-up comedians Daniele Tinti e Stefano Rapone, la battuta scivola via, ma il problema è a monte: perché, con quello che lei stessa definisce un genocidio in corso, e dopo aver folgorato a colpi di sorrisini, sopracciglia alzate, smorfiette chiunque raccontasse il dramma palestinese al di fuori dei canoni linguistici da lei stessa stabiliti, diventa ora normale andare in un programma di comici a raccontare Gaza facendo ironie anni Ottanta sui napoletani pigri? Il fenomeno Francesca Albanese è tutto in questa ambiguità: la pretesa di incarnare la norma e colei che la trasgredisce al tempo stesso. Autoproclamatasi unica «oncologa» (la metafora è sua) in grado di esprimere pareri sensati sulla malattia che attanaglia Gaza, dalla professione medica a quanto pare ha attinto anche le più recenti derive: il balletto accanto al parere saccente, la vignetta sagace accanto allo sfoggio del curriculum, lo stacchetto da TikTok accanto alla più rigida e pretenziosa epistocrazia. Del genocidio non si parla con chi non ha competenze, ha burioneggiato per giustificare l’abbandono della trasmissione tv in cui era accanto a Federico Fubini e Francesco Giubilei. Salvo poi gigioneggiare accanto a Diego Bianchi «Zoro», a Dibba, a Tinti e Rapone, note autorità mondiali nei Middle Eastern studies. Un doppio standard che, unito alle manie di onnipotenza, le sta già alienando simpatie in quella sinistra che sin qui l’ha santificata. E infatti i distinguo e gli imbarazzi cominciano a fioccare qua e là, soprattutto dopo la sufficienza con cui ha liquidato Liliana Segre, che la stessa sinistra aveva già blindato come icona intoccabile.Chi certamente non accusa l’incanto del personaggio è Matteo Salvini, che ieri, in un comizio, ha tagliato corto: «Francesca Albanese non rompa i coglioni» e se «non vuole la pace in Medio Oriente prenda una barca a Livorno e faccia una Flotilla personale».Nata nel 1977 in quella che Open ha definito «una famiglia più che benestante di Ariano Irpino, in provincia di Avellino», Francesca Paola Albanese si laurea in Giurisprudenza all’università di Pisa, ottiene un master in Diritti umani alla School of oriental and african studies di Londra. Nel 2022, le Nazioni unite l’hanno nominata relatrice speciale sui Territori palestinesi occupati. Il suo impegno per la Palestina, e i suoi toni spesso sopra le righe, le hanno causato notevoli grattacapi, come l’impossibilità di aprire un conto in banca. Pratica in effetti odiosa, ma di cui ha diritto di lamentarsi solo chi abbia a suo tempo solidarizzato con i camionisti canadesi sanzionati da Trudeau o con i numerosi movimenti anti Macron analogamente colpiti in Francia. Le disponibilità finanziarie non sarebbero comunque in cima ai problemi della Albanese che, sempre secondo Open, avrebbe ereditato dal padre diverse proprietà ed è sposata con Massimiliano Calì, funzionario della Banca mondiale.Come tutte le rampolle occidentali ben sistemate, ovviamente, la Albanese tende a presentarsi con toni particolarmente radicali. «Il pacifismo è decostruzione del patriarcato. Unione dei popoli, unione delle lotte!», scandisce con fierezza intersezionale. E attenzione: la lotta non termina nella Striscia. Francesca chiede «decolonizzazione non solo della Palestina, ma dei nostri spazi e dei nostri valori qua a casa nostra [...]. Oggi i palestinesi, domani le donne, i transgender, i migranti, i neri ecc». Competenze.