In due anni, 41 milioni in valuta digitale sono giunti all’organizzazione, capace di sfruttare funzionari Onu come corrieri, o basisti che spediscono denaro dall’Ue.
In due anni, 41 milioni in valuta digitale sono giunti all’organizzazione, capace di sfruttare funzionari Onu come corrieri, o basisti che spediscono denaro dall’Ue.Oltre un miliardo di dollari. Arrivano dall’Iran, dal Qatar, dalla Fratellanza musulmana, dai nemici di Israele sparsi per il mondo. Sono i soldi impiegati per pianificare azioni terroristiche come il «diluvio al Aqsa», com’è stato ribattezzato l’attacco senza precedenti di Hamas contro il territorio israeliano dello scorso 7 ottobre. Ufficialmente, quei denari dovrebbero essere destinati per sfamare la popolazione palestinese, da sempre sotto la soglia di povertà. Invece, continuano a essere impiegati dai leader dell’organizzazione terroristica. […]Ma quanto è costata davvero ad Hamas l’operazione «diluvio al Aqsa»? E chi ha materialmente fatto i bonifici per sovvenzionare il terrore jihadista? Sappiamo quanti soldi sono arrivati al gruppo terroristico per via digitale: negli ultimi 24 mesi, […] sono entrati dall’estero 41 milioni di dollari. Nello stesso periodo, Jihad islamica palestinese, l’organizzazione che contende la leadership del terrorismo ad Hamas, […] ha incassato 93 milioni di dollari in criptovalute.È noto che le monete virtuali vengano utilizzate come metodo privilegiato per reperire donazioni dall’estero: è il sistema cosiddetto della zakat, la «carità» che tutti i musulmani con un certo reddito sono obbligati a devolvere alla comunità musulmana […]. Un sistema irrintracciabile, che non viene registrato in alcun bilancio e i cui registri contabili sono subito distrutti. Lo scorso aprile, Hamas ha cessato di ricevere raccolte fondi tramite la criptovaluta Bitcoin, in ragione di «un aumento delle attività ostili contro i donatori». Il martedì successivo all’attacco del 7 ottobre, il più grande exchange di criptovalute al mondo, Binance, ha congelato centinaia di conti associati ai terroristi palestinesi. Il motivo? Provenivano da Maan Khatib, agente di Hamas sotto copertura che vive in Malesia con cittadinanza giordana, responsabile del centro sportivo Malaysian Arena di Kuala Lumpur: dietro quelle insegne, in realtà reclutava e addestrava unità Nakba, i paramilitari che abbiamo visto in azione nel deserto israeliano quando, con i parapendii a motore, hanno compiuto strage di giovani a un rave.Simili faccendieri, imprenditori e diplomatici con doppio passaporto varcano più volte in un anno il confine tra l’Egitto e la Striscia con borse piene di dollari. Talvolta, persino funzionari Onu. Provengono soprattutto dal Qatar e dall’Iran, e agiscono attraverso società di comodo direttamente da Israele o attraverso spedizionieri e grossisti di metalli e materiali edili che operano via mare. Ma non serve nascondersi: il Qatar fornisce già per via legale ai dipendenti pubblici del governo di Hamas circa 100 milioni di dollari l’anno. […] Così come non è un segreto che lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ministro degli Esteri del Qatar, incontri abitualmente il leader di Hamas Isma’il Haniyeh nella capitale Doha, dove vive in una sontuosa villa sul mare mentre il suo popolo patisce la fame. Sono loro a negoziare la cifra da destinare via via alla «causa palestinese». […]L’Iran non è da meno del Qatar. Anche il nemico numero uno di Israele finanzia ufficialmente il governo Hamas per 100 milioni di dollari l’anno. Ma nel 2022 è stata scoperta una rete segreta di società d’investitori persiani che, con triangolazioni in Turchia e persino in Arabia Saudita, ha movimentato almeno 500 milioni di dollari. […] È stato lo stesso leader Isma’il Haniyeh a rivelare che gli ayatollah hanno versato un totale di 70 milioni di dollari negli ultimi tempi, per aiutare Hamas a «sviluppare missili e sistemi di difesa», confermando che «l’Iran è il nostro principale donatore tra le nazioni».E i soldi arrivano […] anche da Stati Uniti ed Europa, specie da Germania, Paesi Bassi, Austria, Olanda e Italia. Denaro che la Commissione Ue e i Paesi destinano in teoria alle infrastrutture palestinesi (Hamas è considerata da Usa e Ue organizzazione terroristica), ma finiscono per lo più nelle casse di Ong dal dubbio profilo […]. Come dimostra l’arresto a Utrecht nel giugno 2022 di una famiglia islamica che aveva raccolto 2,6 milioni di euro tramite un’associazione benefica, e intendeva destinare ai terroristi quei proventi. In Francia e in Inghilterra è la Fratellanza musulmana a gestire in esclusiva le risorse piovute grazie all’associazionismo. In Germania, invece, i gruppi di sostegno alla jihad utilizzano un metodo più ingegnoso, legato al mercato delle auto usate: come per il traffico di droga, imbottiscono di soldi sedili e interni di veicoli e mezzi di soccorso della Luna Rossa, e poi li spediscono in Palestina via Balcani (secondo alcuni, anche da questi traffici illeciti deriverebbe la decisione del governo Meloni di sospendere temporaneamente Schengen al confine italo-sloveno).Secondo Ngo Monitor, banca dati israeliana che mappa i finanziamenti, tra il 2015 e il 2021 il governo italiano ha donato 23 milioni alla Palestina per progetti gestiti da associazioni operanti tra Israele, Striscia di Gaza e Cisgiordania. Di questi, una parte sarebbe finita in mano a soggetti privati nelle black list di Gerusalemme, per il sostegno al cosiddetto «Bds», il movimento di boicottaggio contro lo Stato di Israele.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





