2020-01-07
Ai Golden Globes vince Hollywood. Flop di «The Irishman» e Netflix
Axelle/Bauer-Griffin/FilmMagic/Getty Images
La piattaforma streaming aveva fatto incetta di nomination ma porta a casa solo due premi, sperando ora di rifarsi agli Oscar. Riconoscimenti per Quentin Tarantino (film), Joaquin Phoenix (attore), Renée Zellweger (attrice).Netflix avrebbe potuto fare la storia, ai Golden Globes. Invece, domenica sera, quando Hollywood ha assegnato i propri premi, la rivoluzione è rimasta, tutta, nel condizionale. La piattaforma streaming, che con trentaquattro nomination pareva destinata a demolire il tradizionale corso dell'intrattenimento, ha finito per collezionare un bel, e blasonato, niente. Il colosso si è portato a casa due sole statuette: una, assegnata a Laura Dern, per la propria performance in Marriage Story, l'altra, recapitata ad Olivia Coleman, per avere dato corpo e voce alla Regina Elisabetta II nella serie The Crown. Ma, del pienone che era stato pronosticato, del successo che le produzioni Netflix avrebbero dovuto avere, non si è avuta traccia. The Irishman, con cinque nomination, avrebbe dovuto mettere a ferro e fuoco i Golden Globes. Martin Scorsese avrebbe dovuto vincere il premio per la miglior regia, lui cui gli anni non hanno tolto onestà né genio. Al Pacino avrebbe dovuto essere incoronato miglior attore, Joe Pesci sua migliore spalla. Invece, la storia di Frank Sheeran, confezionata con una fedeltà tale alla propria arte dall'essere (quasi) manieristica, si è vista passare avanti «gli altri». I tradizionalisti, quelli che i film preferiscono spedirli in sala anziché in salotto. A vincere come miglior regista, è stato Sam Mendes che, nel ritirare il Globo portatogli dal suo 1917, non se l'è sentita di tacere la propria (e livorosa) gioia. «Spero che (la mia vittoria, ndr) significhi che la gente va a vedere i film sul grande schermo, nel modo che era inteso all'origine», ha bofonchiato il regista, suggellando in una sola battuta le ragioni di una guerra che si protrae da anni.Netflix ci ha provato, a vendersi come produttore cinematografico al pari delle major più note. E, quasi, è parso che potesse farcela, a convincere Hollywood, il pubblico. A riscrivere le regole di un'industria determinata ad ignorare le modalità di fruizione che il progresso tecnologico si è portato appresso. Invece, delle quattro pellicole con le quali l'impresa avrebbe dovuto essere condotta, non una ha potuto superare l'opposizione della Foreign Press Association. L'organizzazione, deputata all'assegnazione dei Golden Globes, si è rifiutata di decretare la vittoria del nuovo sul vecchio. E di quei quattro film, capitanati da un fiero Martin Scorsese, ha fatto altrettante meteore. Netflix, dalla gran soirée, se n'è andato solo, Cenerentola di un mondo che sembra metterlo ai margini. E, nell'attesa che lunedì 13 gennaio, con la proclamazione ufficiale delle nomination, gli Oscar gli concedano una seconda occasione per sognare il proprio riscatto, ha fatto buon viso a cattivo gioco. Non un comunicato ha lasciato Los Gatos, non una battuta piccata ha fatto capolino sul profilo Twitter del colosso. Netflix, consapevole, forse, di aver perso una battaglia, non la guerra, ha proseguito la propria marcia, promettendo per il 2020 altri film: altre opere che, come le precedenti, possano evitare il debutto nelle sale preposte per essere rilasciate online.Come, dunque, sia destinata a concludersi la lotta tra Netflix e Hollywood, è presto a dirsi. Certo è che, domenica sera, a vincere, è stato il tradizionalismo. A Los Angeles, nel corso di una manifestazione permeata dall'ormai nota retorica ambientalista, da cene vegane e gran discorsi sulla (presunta) pochezza di Donald Trump, a trionfare è stato Quentin Tarantino. Il regista si è portato a casa un Globo al miglior film (C'era una volta… a Hollywood), uno al miglior attore non protagonista (Brad Pitt, splendido nei suoi 56 anni), un altro alla miglior sceneggiatura. Joaquin Phoenix, il cui discorso di ringraziamento s'è concluso con un ficcante «una cena vegana non basta a fare la differenza», ha trionfato come miglior attore protagonista, per il Joker di Todd Phillips, mentre Renée Zellweger, con la propria interpretazione di Judy Garland nel film Judy, ha fatto suo il Globo per la miglior attrice protagonista. Ad aggiudicarsi, ancora, il Golden Globe per il miglior film straniero, è stato l'acclamatissimo Parasite di Bong Joon-ho, regista coreano che, nello spazio di una commedia nera, ha saputo infilare una bruciante satira al sistema capitalista. Awkwafina, premiata come miglior attrice in un film commedia o musical (The Farewell), ha scritto la storia, diventando la prima asiatica ad essere insignita di una tale onorificenza. «Se mai mi troverò in difficoltà economiche, potrò vendere il Golden Globe, dunque grazie», ha detto, ridendo, sul palco della manifestazione che, dal cinema, è passata a decretare il meglio della stagione televisiva, scegliendo una volta ancora di camminare in bilico tra tradizione e innovazione.A collezionare Globi e applausi, domenica sera, è stata Chernobyl, miniserie Hbo, ed è stata Fleabag, serie Amazon.
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