2025-09-10
Dall’eredità Agnelli sbuca fuori un tesoro nascosto da 250 milioni
Margherita Agnelli (Ansa)
Le rogatorie da Svizzera e Lussemburgo svelano un nuovo patrimonio, che ha spinto gli Elkann a versare 183 milioni al Fisco. John ai servizi sociali in un istituto dei salesiani, ai quali il trisnonno «regalò» una scuola.Nell’inchiesta sull’eredità di Marella Caracciolo che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di John Elkann nell’inchiesta per dichiarazione infedele e truffa ai danni dello Stato, spuntano nuovi asset patrimoniali rimasti sino a oggi segreti e che valgono, in base a quanto scoperto dalla Procura di Torino, guidata da Giovanni Bombardieri, circa 250 milioni di euro. Nonostante l’accordo per la messa alla prova di John, la richiesta di archiviazione integrale per le posizioni del notaio svizzero Urs Robert Von Grunigen, di Lapo e Ginevra Elkann, e di quella parziale per il delitto di «dichiarazione infedele» del presidente di Stellantis e del commercialista Gianluca Ferrero, però, l’indagine non si è fermata. Sono finite agli atti due rogatorie internazionali sulle disponibilità patrimoniali, avanzate dagli inquirenti alla Confederazione elvetica e al Granducato del Lussemburgo, alle quali è stato dato «riscontro». La Svizzera, dove si trovavano i decisivi atti ufficiali legati al trasferimento ereditario e alle dichiarazioni fiscali, è il cuore dell’intera vicenda. Negli atti d’indagine si legge che Marella Caracciolo risultava formalmente residente a Lauenen, nel Canton Berna. È qui che gli Elkann e i consulenti, stando all’accusa, avrebbero costruito la residenza fittizia della nonna: chalet, uffici di facciata, personale assunto fittiziamente. Ma emergeva anche l’esistenza di conti correnti e strutture di appoggio svizzeri. Il Lussemburgo è il secondo snodo. Negli atti vengono citate due società, una delle quali si occupa di investimenti e nella quale sarebbero confluite quote della Caracciolo. È lo strumento finanziario che avrebbe permesso, stando all’accusa, di accumulare rendite e capitali fuori dalla tassazione italiana. Le due rogatorie, dunque, erano mirate a scovare a quanto ammontasse l’eredità per cui gli Elkann non avrebbero pagato le tasse di successione. Un tesoro che i pm, assistiti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, hanno quantificato in circa 1 miliardo di euro. Già al momento del sequestro di 75 milioni era emerso che quella cifra rappresentava soltanto una parte dell’imposta che si presume fosse stata evasa. Per arrivare ai 183 milioni versati al Fisco dagli Elkann, nel calcolo del tributo non saldato sono entrate anche le risultanze investigative maturate grazie alle verifiche internazionali. In più sono state aggiunte sanzioni e interessi. Dalle risposte arrivate dal Lussemburgo e dalla Svizzera sarebbe stato possibile consolidare il quadro patrimoniale, facendo emergere un ulteriore asse ereditario non dichiarato al Fisco e già transitato agli eredi. In sostanza il patrimonio complessivo sarebbe più vasto di quanto si credesse. Tra gli elementi nuovi messi in luce dalle rogatorie ci sarebbero asset patrimoniali che prima non erano stati intercettati. Si tratterebbe soprattutto di disponibilità di tipo finanziario, strumenti complessi, ma riconducibili a somme liquide. Questa parte ulteriore, ricostruita con le informazioni ottenute oltre confine, varrebbe, come abbiamo riferito, circa 250 milioni di euro. In definitiva, all’asse già noto si sarebbe aggiunta una componente significativa, che completerebbe la mappa di un’eredità nascosta dietro strutture societarie e residenze fittizie. Un altro filone importante dell’indagine riguarda i maneggi intorno alla Dicembre società semplice, la cassaforte di famiglia che controlla Exor. Per questa parte d’indagine ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini l’unico dei personaggi sotto inchiesta che non ha trovato un accordo con la Procura e che sembra pronto ad affrontare il processo, ovvero il notaio Remo Maria Morone. Il professionista è accusato di falso, una contestazione che, per chi deve certificare la bontà di compravendite e operazioni simili, è particolarmente imbarazzante. Nel 2021 il suo consiglio di amministrazione risultava composto anche da soci ormai defunti: un consiglio di fantasmi. Per rimettere ordine, secondo la Procura, sarebbero stati creati due atti falsi. Il primo è una scrittura privata originariamente senza data, trasformata nel 2021 in un documento che recava la data manoscritta «19 maggio 2004». Lì donna Marella figurava come socio d’opera. Un’aggiunta retroattiva, apposta, secondo l’accusa, «su indicazioni di Ferrero ricevute il 28 giugno 2021». Il secondo è un atto ricevuto da Ferrero il 14 giugno 2021, che attestava la cessazione della qualifica di socio d’opera di Marella. Era privo di data, ma nella declaratoria notarile venne presentato con il timbro «1 settembre 2015». Un modo, secondo chi indaga, per far risultare che la Caracciolo fosse uscita formalmente dalla società già quattro anni prima della morte. Due ipotesi di «falso» che, scrive la Procura, avrebbero «attestato falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità». Morone, come detto, è finito indagato per falso in atto pubblico. Secondo la Procura, garantito sull’autenticità di scritture private che sarebbero state alterate su indicazioni di Ferrero, «mediante l’apposizione manoscritta del 19 maggio 2004». Documenti che sarebbero stati piegati alle esigenze della famiglia. Adesso il cerchio si chiude. L’erede Elkann, che guida la holding Exor e siede al vertice di Stellantis, dovrà sottostare al programma di riabilitazione sociale. Con ogni probabilità, come rivelato dalla Verità, in una struttura dei salesiani. «Ho visto che verrà qui da noi, ma non so in quale delle quattro strutture…». Al centralino della direzione regionale della Circoscrizione Piemonte dell’Opera salesiana, a Torino, ieri, ci ha risposto una donna, dalla voce giovane e un po’ imbarazzata. E ci ha confermato, con grande trasparenza, che Elkann svolgerà, se arriverà l’assenso del giudice, i lavori di pubblica utilità in una delle loro strutture. Un’ipotesi vagliata anche dall’Ufficio di esecuzione penale esterna (che deve verificare che la struttura sia convenzionata con il Tribunale per questo tipo di soluzione), dopo il via libera ottenuto dalla Procura torinese. Elkann potrebbe persino fare servizio in uno degli istituti fondati dalla sua famiglia quasi un secolo fa. In una sede che non è un posto qualunque. Si tratta, infatti, dell’Istituto internazionale Edoardo Agnelli, nel quartiere Mirafiori Nord, su corso Unione Sovietica. È la scuola fondata negli anni Trenta dal patriarca Giovanni Agnelli come ristoro ai salesiani che gli cedettero il terreno su cui, in parte, sorse proprio lo stabilimento Mirafiori. Agli Agnelli la fabbrica, ai Salesiani la scuola. La intitolarono a Edoardo, morto nel 1935 in un incidente aereo. La prima pietra dell’istituto venne posata il 3 luglio 1938. Su un’area di 40.000 metri quadrati nacquero un oratorio, una chiesa, le aule, le officine e un cine-teatro. Oltre 80 anni dopo il nipote dell’Avvocato senior potrebbe tornarci, ma non come studente, né come docente. Tanto meno da benefattore, bensì da imputato in messa alla prova. Dunque Elkann, che guida la holding Exor e siede al vertice di Stellantis, potrebbe sottostare al programma di riabilitazione sociale in una struttura nata da un accordo tra i salesiani e i suoi antenati. Un capovolgimento del destino: la dinastia che plasmò Torino torna a inchinarsi davanti alla stessa città che l’ha resa potente.