
Caso spioni: è bufera sull’ex procuratore nazionale. Già nel 2020 il suo vice denunciava pratiche anomale e informazioni sensibili su canali impropri. La maggioranza: «Conflitto di interessi. Lasci la commissione». La relazione, anticipata ieri dalla Verità e trasmessa il 4 marzo del 2020 da Giovanni Russo, all’epoca procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia (Dna), al suo vecchio capo, Federico Cafiero De Raho, ha i crismi della profezia inascoltata.Precede, infatti, di molti mesi le accuse mosse dalla fine del 2022 al tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano dalla Procura di Perugia e relative a una presunta gestione borderline da parte dell’ufficiale di informazioni sensibili come le Segnalazioni di operazioni sospette. Quattro anni e mezzo fa, Russo, grazie a un’istruttoria interna, aveva accertato che Striano si era impossessato di pratiche non di sua competenza e aveva condiviso le risultanze delle sue analisi, scavalcando lo stesso Russo, direttamente con De Raho. Il quale avrebbe poi trasfuso il lavoro di Striano in atti di impulso indirizzati alle diverse Procure antimafia.Il ritrovamento della relazione e dei relativi allegati è avvenuto per caso durante alcuni lavori di ristrutturazione all’interno della Dna. L’attuale procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, dopo uno scambio di mail, il 16 ottobre 2024, informa della scoperta il collega Raffaele Cantone: «Mi pregio di trasmettere la nota […] ritenuta di rilevante interesse per le indagini in corso». Quindi chiede al collega di «voler valutare la possibilità di trasmettere copia al Presidente della commissione parlamentare» Antimafia Chiara Colosimo, «trattandosi di documentazione afferente all’audizione dello scrivente (Melillo, ndr) del 6 marzo scorso».Cantone ha immediatamente convocato come testimone Russo, il quale ha confermato la paternità della relazione e ha denunciato il mancato allontanamento di Striano dalla Dna, provvedimento da lui espressamente richiesto a De Raho. Il procuratore di Perugia ha prima depositato i nuovi atti presso il Tribunale del Riesame e poi li ha trasmessi alla Colosimo, come da questa richiesto, evidenziando che non erano «da considerarsi più coperti da segreto». Ma che cosa aveva scritto esattamente Russo? Aveva previsto lo scandalo dossieraggi con largo anticipo: «Sono persuaso che l’”attivismo” del luogotenente Striano (all’epoca non ancora promosso, ndr) sia ascrivibile a un soggettivo improprio modo di intendere il ruolo attualmente ricoperto. […] Laddove non si ponga rimedio a tale situazione, informazioni strategiche (quando non riservate) di pertinenza della Dna continueranno a essere trattate in maniera “non tracciabile” (e questo confligge non solo con le esigenze di segretezza e riservatezza delle informazioni, ma anche con le esigenze di trasparenza dei meccanismi di selezione dei casi da approfondire e della loro trattazione)». Proprio quello che oggi la Procura di Perugia sostiene essere accaduto. Ma non è finita. Nella relazione Russo evidenza anche che le succitate informazioni sensibili «rischiano di essere veicolate attraverso canali impropri a un numero di soggetti non noto, al di fuori del contesto delle responsabilità che la legge assegna al Procuratore nazionale antimafia e degli interessi proprio della Direzione nazionale antimafia». Per questo chiedeva l’«immediato allontanamento» di Striano. Istanza che De Raho non accolse. A distanza di anni, gli inquirenti umbri, dopo le fughe di notizie sui redditi del ministro della Difesa Guido Crosetto, hanno accertato la fondatezza del vaticinio di Russo e verificato che Striano avrebbe effettivamente condiviso notizie sensibili con numerosi soggetti non autorizzati, compresi diversi giornalisti.A dar vita al caso era stata la decisione di Striano di autoassegnarsi alcune note che l’Agenzia delle dogane aveva chiesto alla Dna di approfondire e che Russo, «come da prassi» in quel periodo, aveva, invece, affidato al brigadiere della Guardia di finanza Giorgio Mucciacciaro. Questi, dopo aver subappaltato la pratica ad altri due suoi colleghi, aveva scoperto che Striano aveva «avocato a sé» il dossier. Lo stesso brigadiere, in una nota inviata a Russo, aveva ricostruito: «Mi recai personalmente dall’ufficiale (Striano, ndr) chiedendo notizie sulle modalità anomale di quanto accaduto. Il sottotenente Striano giustificava il proprio operato con la necessità di visionare tutte le attività svolte dai militari del Nucleo speciale di polizia valutaria impiegati presso questa direzione», nucleo di cui l’attuale indagato faceva parte. Striano, dopo aver puntualizzato che il proprio operato era volto a «riscontrare/verificare le informazioni relative ai nominativi segnalati» dalle Dogane, coinvolgeva De Raho. Infatti, informava Mucciacciaro che «la pratica era stata evasa» e gli mostrava «la nota a firma del Procuratore nazionale Antimafia con la quale era stato inoltrato un atto di impulso alla Procura distrettuale competente».Mucciacciaro contesta allora a Striano che «il processo lavorativo della pratica» non era «stato regolarmente evaso in quanto» Russo, «formalmente assegnatario della pratica», non aveva ricevuto «gli esiti degli approfondimenti effettuati». A questo punto Striano avrebbe dato una risposta sconcertante, da marchese del Grillo, spiegando di «non avere interesse alcuno per gli aspetti che riguardano l’iter di assegnazione e di evasione della pratiche».Mucciacciaro, nel novembre del 2019, fa anche a sapere a Russo che Striano, da poco distaccato alla Dna, aveva pure chiesto, senza ottenere soddisfazione, di farsi mostrare «il funzionamento del sistema relativo alla gestione delle Segnalazioni di operazioni sospette». Successivamente Striano sarebbe tornato alla carica e avrebbe ribadito la propria «intenzione di occuparsi in toto della gestione delle Sos, in ragione della sua appartenenza al Nucleo speciale di polizia valutaria».A quel punto Mucciacciaro avrebbe chiesto al magistrato responsabile del settore, Antonio Laudati, oggi indagato insieme con Striano, «se fossero intervenute variazioni delle disposizioni relative al ciclo di lavorazione delle Sos, ricevendone esplicita risposta negativa». La toga avrebbe pure ribadito che di «tali attività» avrebbe dovuto continuare a occuparsi Mucciacciaro.Striano, in una sua «nota informativa» del 5 dicembre 2019, rispedisce le accuse al mittente. Conferma di aver acquisito la bozza dei colleghi e di averla «rivista e completata con l’aggiunta di ulteriori elementi preinvestigativi». Ma aggiunge di aver consegnato la «trattazione» a Laudati, «attesa l’assenza dall’ufficio» di Russo (in quel momento in ferie), e di aver provveduto, «previa condivisione del contenuto, a inviarla al Procuratore nazionale Antimafia per il successivo atto d’impulso alla Procura distrettuale competente». Quanto alla mancata delega formale da parte di Russo per la ricerca di informazioni e la redazione della scheda informativa finale, Striano ha la risposta pronta: «Accordi in tal senso sono stati intrattenuti con il consigliere Laudati, con il precipuo scopo di agevolare e contribuire fattivamente alla risoluzione delle incombenze del gruppo di lavoro Sos-Nspv».La posizione di Striano è ulteriormente aggravata da due diverse annotazioni del dicembre 2019 firmate dal coordinatore operativo del Gruppo ricerche e supporto informatico (struttura che operava parallelamente al Gruppo Sos di Striano e che con questo aveva avuto dei contrasti), il luogotenente dei carabinieri Gennaro Salese. Il militare informa Russo che nella cartella condivisa denominata «Analisti Nucleo speciale polizia valutaria» era presente un dettagliato riepilogo delle attività svolte, ivi compreso l’elenco degli atti di impulso inviati alle Procure italiane. «I dati appaiono come un automatismo di comunicazione tra la sezione Nspv in Dna e il proprio comando» si legge nella comunicazione.Nella cartella erano presenti «anche dei report contenenti le Sos» e «le informative di approfondimento su alcuni soggetti sfociate in atti di impulso da parte del Procuratore nazionale antimafia». Proprio un elenco contenente 48 di questi atti sarebbe stato trasmesso anche a un ufficiale del comando della Gdf.Appresa la notizia della condivisione con il quartier generale delle Fiamme gialle di tale file Russo si mostra sconcertato: «Fornisce al predetto comando della Gdf un quadro di conoscenza abbastanza completo degli atti di impulso inviati dal Procuratore nazionale alle Direzioni distrettuali Antimafia, con grave nocumento alla riservatezza di tali informazioni e senza alcuna autorizzazione da parte del Procuratore nazionale». Vale a questo punto la pena di ricordare che Melillo, sentito a Perugia come testimone, aveva raccontato le autorevolissime raccomandazioni ricevute da parte di importanti generali a favore di Striano.Non basta. Il tenente, sottolinea Russo, si sarebbe «appropriato del lavoro di appartenenti ad altro reparto» della stessa Gdf: alcune informative, «indirizzate direttamente» a Laudati e «redatte prevalentemente dagli analisti del Scico della Gdf», avrebbero subito «una modifica […] risultando firmate a nome del Gruppo di lavoro Sos dal sottotenente Striano», sebbene non vi fossero state «modifiche sostanziali alle informazioni contenute». Un patrimonio di informazioni che «non competeva in alcun modo al comando di Polizia valutaria» e per la cui «tesaurizzazione» non vi era stata alcuna autorizzazione.L’allora procuratore aggiunto rimarca pure che «l’invadenza-per usare un eufemismo- dell’operato dell’ufficiale in questione si registra anche in relazione alle attività dell’Ufficio Sos della Direzione investigativa Antimafia». Una riflessione collegata al sorprendente esito dell’esame della cartella ove venivano memorizzate le attività svolte dal gruppo di lavoro della Dia: «Si evince che, inspiegabilmente, il sottotenente Striano firma anche le loro informative». Di fronte a questo quadro Russo denuncia i «plurimi profili di gravità» del comportamento di Striano: «Ha avuto accesso a pratica non assegnatagli; ha potuto decidere, in totale autonomia, di sottrarla al normale (e formale) ciclo di “lavorazione”; ha proceduto -attraverso una sorta di autoassegnazione (o peggio, in base a una asserita funzione di supercoordinamento nei confronti di personale di pg assegnato alla Dna, addirittura anche proveniente dalla Dia)- alla disamina dei contenuti, nonché degli esiti preinvestigativi già raccolti; ha -senza autorizzazione- proceduto a una rielaborazione dei predetti esiti; ha-arbitrariamente e con una decisione perturbativa delle regole di assegnazione degli affari di giustizia- sottoposto il proprio elaborato a magistrato diverso da quello assegnatario». Nonostante questo sconcertante j’accuse e la richiesta di allontanamento di Striano avanzata dal proprio vice, De Raho lasciò Striano al suo posto.Dieci giorni fa, a Perugia, Russo ha ricordato il faccia a faccia con il suo capo: «Gli esposi in modo vibrato quanto era accaduto e soprattutto in modo altrettanto vibrato gli esposi la necessità di allontanare dall’ufficio il sottotenente Striano». Ma De Raho non si scompose e non mandò via nessuno. Per questo Russo ha ammesso con Cantone: «Rimasi un po’ deluso». Difficile non condividere il suo stato d’animo.
Giulio Tremonti (Ansa)
L’ex ministro Giulio Tremonti: «Trump ha trovato la tregua coinvolgendo i Paesi arabi. Altro che esportare la democrazia come fosse un panino...».