
Il caso del liceo romano Giulio Cesare è tipico di come la sinistra vuole ideologizzare gli argomenti etici presentando una sola faccia delle questioni e taroccando la realtà.La pretestuosa polemica ideologica, con la correlata campagna mediatica denigratoria, nei confronti della preside del liceo Giulio Cesare di Roma non accenna a spegnersi. Dunque, per amore di verità, è necessario tornarci sopra. Al netto del fatto che la professoressa ha agito nel rispetto di ogni norma e regolamento e che, dunque, il suo operato non ha nulla di ideologico, dobbiamo prendere atto che la vis polemica, senza argomentazioni oggettive, è tutta appannaggio di una parte minoritaria di studenti che si riconoscono nel collettivo «Zero alibi» e di forze esterne che strumentalizzano un evento che - con tutto il rispetto per il noto liceo romano - non ha certo un interesse nazionale. Oppure no: se ha interesse nazionale, è nel senso esattamente opposto rispetto a quello che la polemica mediatica sta sostenendo. Nei giorni scorsi sono stati gli stessi rappresentanti degli studenti a fornire una ricostruzione dei fatti dai quali risulta evidente il corretto operato della preside: ella ha richiesto un doveroso supplemento di chiarezza in ordine ai temi che si volevano affrontare (aborto e identità di genere) trattandosi di questioni delicate sotto vari aspetti, e che - in quanto tali - impongono una corretta informazione data ai genitori, che liberamente sceglieranno se dare o non dare il consenso di partecipazione per il loro figlio. Dunque, non un divieto a priori, ma un doveroso, legittimo e sensato atto di prudenza. Rispettati i necessari passaggi, evitate facili derive ideologiche, la scuola pubblica deve garantire la libertà di espressione del proprio pensiero da parte di chiunque attraverso lo strumento del confronto di posizioni, soprattutto se antitetiche, cardine ineludibile della democrazia. Appare, dunque, abbastanza strumentale la pagina di La Repubblica del 25 febbraio, con il titolo «La sfida degli studenti alla preside del Giulio Cesare». Ad onore del vero andrebbe chiarito che si tratta di una parte degli studenti (quelli, come detto, aderenti al collettivo sopra citato), non rappresentanti quindi la totalità, anche considerando che si sono alzate voci in difesa della preside e di denuncia di strumentalizzazioni politiche, con diffamazione dello stesso liceo (Lista Factotum). Così come pare poco onesto e piuttosto ingannevole il titolo «In piazza i corsi censurati» correlato da una fotografia che mostra sì una piazza con studenti, ma che si riferisce a un sit-in del gennaio scorso sulla questione della didattica a distanza.Non fa bene a nessuno, e in particolare ai giovani che stanno formando la loro personalità su questioni di carattere socioculturale che potranno essere fondamentali per le loro scelte di vita, ideologizzare argomenti eticamente delicati e sensibili, presentando una sola faccia delle questioni: il minimo sindacale che si deve richiedere è che si garantisca un aperto confronto e contradditorio. Peggio ancora se si tenta di mettere sotto accusa, silenziare e condannare chi non la pensa come si vorrebbe. È la cifra di una «dittatura» che la società in generale e la scuola pubblica in particolare non può e non deve tollerare.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






