2025-07-06
Abbuffata di farmaci tra gli anziani. «Ma con carico ridotto più benefici»
Tra gli over 65 sottoposti a terapie contro le malattie croniche, il 30% assume un «cocktail» di almeno dieci medicinali. Gli esperti: «Rischio di eventi avversi e fragilità, serve una de-prescrizione guidata».La pluripatologia cronica è una condizione sempre più frequente nell’anziano, sottoposto a trattamenti farmacologici che possono essere eccessivi quanto inutili. Il recente symposium «Medicina dei sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione», evento in diretta streaming dall’Università degli studi di Milano, ha affrontato le problematiche di una popolazione che vive più a lungo, ma non sempre meglio. Molte diagnosi e cure non necessariamente aiutano, il sovraccarico di terapie aumenta la fragilità del soggetto, sofferente per due o più malattie, e può anche essere anche causa di insuccesso perché il paziente non ha la costanza di assumere tutti i farmaci prescritti.«La deprescrizione guidata, un processo clinico che prevede la sospensione sicura di farmaci non più necessari soprattutto nei pazienti con pluripatologie, è una delle strategie che si possono utilizzare», spiega il professor Giorgio Lorenzo Colombo del Centro di economia e valutazione del farmaco e delle tecnologie sanitarie (Cefat), che fa parte del dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università degli Studi di Pavia. Chiarisce: «Serve a ridurre effetti collaterali, interazioni e carico terapeutico. Esempi pratici includono l’interruzione di statine in pazienti oncologici avanzati, o di benzodiazepine in persone con demenza. Con protocolli strutturati e il coinvolgimento di medici e farmacisti, si migliora la qualità della cura e della vita».Alessandro Pizzoccaro presidente di Guna, azienda farmaceutica leader in Italia nella low dose medicine, invita a cercare soluzioni «che possano diminuire, dove necessario, il numero di farmaci al paziente politrattato. Basti pensare che, in Italia, tra gli over 65 che fanno uso di farmaci, la quota maggiore (28,5%) è rappresentata da coloro che assumono 10 o più medicinali, mentre meno del 10% rientra nella fascia di chi ne assume da 1 a 9». Non si tratta di togliere farmaci a caso, ma deve essere un processo clinico ragionato e condiviso, finalizzato a individuare tra le tante medicine che un paziente prende quelle che sono potenzialmente inappropriate. La politerapia, infatti «aumenta il rischio di interazioni, eventi avversi e bassa aderenza», fa sapere l’esperto. Ridurre il carico farmacologico avrebbe effetti benefici sulla salute del singolo soggetto, e aiuterebbe a contenere una spesa sanitaria che lievita con la cronicità. «Può essere fino a 21 volte superiore», è stato segnalato nel corso del convegno, così da assorbire quote considerevoli delle risorse destinate alla salute collettiva. «Solo in Lombardia, i pazienti cronici inglobano oltre il 70% della spesa sanitaria regionale. La mancata aderenza, da parte dei pazienti, alle terapie prescritte aggrava le patologie croniche, aumentando le ospedalizzazioni e incrementando, di conseguenza, il costo a carico dei servizi sanitari regionali».La cura è fondamentale e non si deve andare al risparmio bensì alla selezione di farmaci, per non costringere una persona in età avanzata a cocktail che possono risultare dannosi e nello stesso tempo privarlo di un medicinale salvavita. L’ha raccomandato anche il fondatore dell’istituto Mario Negri di Milano, Silvio Garattini, in un intervento di pochi giorni fa sul Corriere della Sera: «I medicinali dovrebbero essere tutti prescritti dai medici, ma in modo razionale».Senza dimenticare che il paziente spesso non segue alla lettera le indicazioni terapeutiche, o le interrompe senza aver consultato il medico. È la questione dell’aderenza terapeutica, mai sufficientemente monitorata e che secondo il professor Colombo andrebbe affrontata con programmi di automonitoraggio e autogestione dei medicinali, con maggiori spiegazioni in merito all’utilità dei farmaci e ai danni della loro scorretta assunzione. Così pure coinvolgendo i farmacisti nella gestione dei farmaci e semplificando gli schemi terapeutici da adottare.A monte, rimane il problema che «in Italia, rispetto a Paesi dal medesimo livello di sviluppo, si arriva a intercettare la patologia con un ritardo di 3 o 4 anni, quando, spesso, è ormai arrivato il momento di iniziare le terapie. Dobbiamo partire da questo», conclude l’esperto.Mentre si cerca di ridurre il numero dei farmaci, rivedendo la loro appropriatezza, assistiamo alla ripresa della strategia «più vaccini» negli over 65. «La vaccinazione è uno strumento formidabile per prevenire malattie infettive, ridurre il carico di morbosità e mortalità, limitare le ospedalizzazioni e preservare l’autonomia dei soggetti», ha dichiarato Michele Conversano, presidente del Comitato tecnico scientifico di HappyAgeing, piattaforma che ha l’obiettivo di promuovere in Italia politiche e iniziative per la tutela della salute dell’anziano. Aggiungeva: «L’introduzione di nuovi vaccini, sempre più mirati e frutto dell’innovazione tecnologica, rappresenta una grande opportunità di protezione per gli over 60 e per le persone adulte affette da comorbidità. Ma le coperture sono ancora troppo basse».Per questo, nel documento «Verso un nuovo modello di prevenzione vaccinale nell’anziano», chiede al governo di «aumentare dal 5% al 7% la quota del Fondo sanitario nazionale destinata alla prevenzione, vincolando una parte di tale capitolo alla vaccinazione. Alle Regioni si propone, parallelamente, di incrementare la quota dei propri bilanci riservata alla prevenzione vaccinale».Mai, nemmeno una riga, sulla scarsa efficacia di molti vaccini e su incontrollati eventi avversi.
(Totaleu)
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