2024-09-13
La 500 elettrica è un flop: Stellantis ferma Mirafiori per mancanza di ordini
Carrozzerie chiuse fino all’11 ottobre. L’azienda parla di «difficile fase» e di un nuovo modello ibrido che arriverà solo fra il 2025 e il 2026. Taglio pure per le Maserati.Il mercato dell’auto elettrica continua ad andare a picco. Ieri Stellantis ha annunciato uno stop alla produzione della 500 elettrica a Mirafiori fino all’11 ottobre, evento che induce più di qualche riflessione visto che la piccola del marchio Fiat era rinata per essere solo elettrica, salvo poi passare anche a una versione ibrida per scarsità di vendite. «Stellantis è fermamente impegnata a garantire la continuità di tutti i suoi impianti e delle sue attività e sta lavorando duramente per gestire al meglio e traguardare questa difficile fase della transizione», ha spiegato il gruppo guidato dall’ad Carlos Tavares. Nel comunicato si spiega che «per quanto riguarda le Carrozzerie di Mirafiori, grazie a un investimento di 100 milioni di euro, presto sarà potenziata la produzione della Fiat 500e con una nuova batteria ad alto potenziale, integrando nuove tecnologie per renderla più accessibile e migliorare l’esperienza cliente, ma a cavallo tra il 2025 e il 2026 sarà anche avviata la produzione della Nuova 500 ibrida, che sarà realizzata sulla base dell’attuale 500 elettrica».Fatto sta che lo stabilimento torinese è da tempo in difficoltà tra uno stop e l’altro della produzione. Il tracollo della storica fabbrica del gruppo Fiat è dovuto principalmente ai bassi volumi di vendita della 500 elettrica, elemento che contribuisce per il 90% alla diminuzione della produzione. A questo si aggiunge un taglio pure sui modelli Maserati, che da poco più di due anni vengono prodotti a Mirafiori seguendo la strategia di riduzione dei costi voluta da Stellantis che ha comportato la chiusura dell’impianto di Grugliasco dove Sergio Marchionne aveva progettato il «polo del lusso» (mai decollato). A Mirafiori si stima una produzione per il 2024 di circa 50.000 veicoli, 35.000 in meno rispetto al 2023. Rispetto alla fine del 2015 gli addetti alla produzione nel polo torinese si sono dimezzati, passando da 6.415 a 3.220, e con l’accordo di fine marzo sono stati firmati oltre 1.000 altri esuberi. Sul piede di guerra i sindacati. «È sempre più urgente incalzare governo e azienda a riprendere il confronto sul futuro di Mirafiori», ha detto Luigi Paone, segretario generale della Uilm di Torino. Più duro Gianni Mannori, responsabile di Mirafiori per la Fiom di Torino. «Siamo a livelli di schizofrenia assoluta. Stellantis chiede ai lavoratori di andare negli stabilimenti polacchi e francesi, ma parallelamente a Mirafiori arrivano addetti da Termoli, Cassino, Melfi e Pomigliano. Poi mandano mail per incentivare l’acquisto di Maserati da 200.000 euro a persone che ne guadagnano 1.200 al mese. E intanto la cassa integrazione continua inesorabilmente con un ennesimo stop produttivo di un intero mese. Invece di annunci di nuove produzioni continuano quelli sulla cassa integrazione. Stiamo rischiando il tracollo del sistema industriale torinese, Mirafiori ha la febbre altissima e l’indotto, di conseguenza, sta morendo».In compenso, mentre l’elettrico in Europa non decolla, lTavares ha scelto di investire 406 milioni di dollari per convertire all’elettrico tre fabbriche in Michigan. Lo stabilimento di assemblaggio di Sterling Heights produrrà, grazie a un investimento di 235,5 milioni, il pick up elettrico leggero Ram 1500 rev. All’interno del Warren truck assembly plant, grazie a 97,6 milioni di investimento, verrà invece prodotta la Jeep wagoneer elettrica. Infine, nello stabilimento Dundee engine, dove sono stati spesi 73 milioni, si produrranno porta batterie ed elementi strutturali della piattaforma Stla frame e Stla large. Peccato che i concessionari americani siano sul piede di guerra perché accusano Tavares di aver danneggiato marchi come Jeep, Ram, Dodge e Chrysler. A riferirlo è il Wall Street Journal che avrebbe ottenuto una lettera inviata in copia anche al presidente John Elkann nella quale i rivenditori chiedono più promozioni per disfarsi delle vetture invendute. In pratica, i concessionari lamentano prezzi troppo alti e pochi sconti. In effetti, nella prima metà del 2024 la quota di mercato di Stellantis oltreoceano è calata dal 10,4 all’8,5%, ben più di qualsiasi altro costruttore presente sul mercato americano. Certo è che le acque del mercato dell’auto sono ormai da tempo piuttosto movimentate. Secondo uno studio di eToro, dall’inizio dell’anno le maggiori case automobilistiche europee - Volkswagen, Stellantis, Renault, Bmw, Mercedes e Porsche - hanno visto evaporare circa 69 miliardi di euro di capitalizzazione (dati all’11 settembre). Tra questi crolli si segnala il 20% di calo di Porsche e il drammatico 50% di perdita di Stellantis. Per capirsi, di recente il titolo Stellantis è tornato ai livelli del primo giorno di Borsa, quello successivo alla fusione tra Fca e Psa, avvenuta il 18 gennaio 2021. D’altronde, le immatricolazione nell’Ue sono in stallo. Dal 2018 al 2023, il settore ha registrato una crescita annua composta negativa del 6%.Del resto, il comparto si trova a un bivio dove le istituzioni come l’Ue spingono per un repentino passaggio all’elettrico quando, però, le tecnologie offrono alla clientela non pochi disagi (scarsa autonomia e tempi biblici di ricarica) e costi elevati. Ma il mondo delle quattro ruote è fondamentale per il Vecchio continente. Secondo la Commissione europea, il comparto auto offre occupazione diretta e indiretta a 13,8 milioni di persone, pari al 6,1% dell’intera forza lavoro europea. Di queste, 2,6 milioni lavorano direttamente nella produzione di veicoli, pari all’8,5% dell’occupazione manifatturiera dell’Ue. Purtroppo, però, l’ad di Volkswagen, Thomas Schäfer, ha spiegato che i semplici tagli ai costi non risolveranno i problemi del settore. Un recente report di Bloomberg ha messo in evidenza come la sottoutilizzazione degli impianti europei sia un serio problema: quasi un terzo degli stabilimenti delle cinque maggiori case automobilistiche europee (Bmw, Mercedes, Stellantis, Renault e Volkswagen) ha prodotto meno della metà della capacità l’anno scorso. Questa inefficienza produttiva suggerisce che nuove chiusure di impianti potrebbero essere inevitabili, aumentando il rischio di una recessione prolungata per il settore.
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