2022-04-05
Zelensky guarda in faccia la realtà: «Trattiamo nonostante le atrocità»
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il leader ucraino a Bucha: «Russi macellai». Però ammette che i negoziati devono proseguire. Joe Biden chiede un processo per crimini di guerra e l’invio di più armi. Da Mosca restrizioni ai visti dei cittadini di Paesi ostili.I negoziati diplomatici tra Kiev e Mosca si fanno sempre più in salita, con il massacro di Bucha che ha complicato ulteriormente la situazione. Ciononostante, Volodymyr Zelensky non ha chiuso del tutto la porta alle trattative. «È difficile dire come, dopo tutto quello che è stato fatto, possiamo avere qualsiasi tipo di negoziato con la Russia. Questo è a livello personale. Ma come presidente, devo farlo. Ogni guerra deve finire», ha dichiarato il presidente ucraino. «È molto difficile condurre i negoziati quando vedi cosa hanno fatto qui», ha aggiunto Zelensky nel corso di una visita effettuata ieri a Bucha. «Questi», ha proseguito, «sono crimini di guerra e saranno riconosciuti dal mondo come genocidio». In questo quadro, domenica scorsa, il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, ha detto che è troppo presto per parlare di un incontro tra Zelensky e Vladimir Putin: un incontro che, qualora fosse prima o poi organizzato, dovrebbe tenersi probabilmente in Turchia. Secondo quanto riferito da Cnbc, Medinsky aveva inoltre fatto sapere che le trattative tra le parti sarebbero riprese nella giornata di ieri. Nel frattempo, continua a tenere banco la probabile visita di Papa Francesco a Kiev. «Sappiamo che questa decisione di una visita in Ucraina è sul tavolo. Il Papa l’ha resa pubblica ufficialmente», ha detto il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak. «Sarebbe una visita storica; questo ha un’importanza fondamentale per noi», ha aggiunto. Ricordiamo, sotto questo punto di vista, che il pontefice dovrebbe avere un incontro entro l’anno anche con il patriarca di Mosca, Kirill: figura notoriamente vicina al Cremlino. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ieri ha dichiarato che la Russia intende «cogliere ogni opportunità per raggiungere un accordo con l'Ucraina». Ma intanto sale lo scontro sulle accuse a Mosca di crimini di guerra. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha respinto ogni addebito, mentre il presidente americano Joe Biden si è mostrato di tutt’altro avviso. «Dobbiamo continuare a fornire all'Ucraina le armi di cui ha bisogno. Questa persona (Putin, ndr) è brutale e quello che sta succedendo a Bucha è scandaloso e tutti lo hanno visto», ha dichiarato. «Penso che sia un crimine di guerra... Dovrebbe essere ritenuto responsabile», ha aggiunto. Biden ha inoltre detto che «bisogna ricostruire tutti i dettagli di quello che è accaduto e tenere un processo per crimini di guerra». «Stiamo vedendo le stesse immagini che vedete voi. Non abbiamo alcun motivo per confutare le affermazioni ucraine su queste atrocità - chiaramente, profondamente preoccupanti», ha affermato ieri un funzionario del Pentagono. «Il Pentagono non può confermare ciò in modo indipendente e da solo, ma non siamo nemmeno in grado di confutare tali accuse», ha aggiunto. «Proponiamo di istituire una commissione internazionale per indagare sui crimini nelle città ucraine», aveva detto poco prima il premier polacco, Mateusz Morawiecki. Di «brutali crimini di guerra» ha parlato inoltre la procuratrice generale ucraina, Iryna Venediktova. «È fondamentale che vengano compiuti tutti gli sforzi per garantire che ci siano indagini indipendenti ed efficaci su ciò che è accaduto a Bucha», ha dichiarato dal canto suo l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet. Stati Uniti e Regno Unito hanno anche chiesto che la Russia sia espulsa dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu. «Se gli americani vogliono investigare sui crimini di guerra, che inizino con i bombardamenti sulla Jugoslavia e con l’occupazione dell’Iraq», ha replicato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Il caso Bucha sarà comunque discusso oggi al Consiglio di sicurezza dell’Onu. La tensione aumenta anche sul fronte delle sanzioni. Mentre Biden ha annunciato ieri nuove misure a breve, Putin ha firmato un decreto per introdurre restrizioni ai visti di cittadini appartenenti a Paesi ritenuti «ostili». Il fronte europeo, dal canto suo, è attraversato da tensioni interne. Emmanuel Macron, ha invocato nuove sanzioni alla Russia nel settore del carbone e del petrolio: una linea, quella delle sanzioni energetiche, che è stata tuttavia respinta da Vienna. «Dipendiamo molto dal gas russo e penso che tutte le sanzioni che ci colpiscono più dei russi non sarebbero buone per noi», ha detto il ministro delle Finanze austriaco, Magnus Brunner. In tutto questo, la Lituania ha espulso l’ambasciatore russo. «È stato chiesto all’ambasciatore russo di lasciare la Lituania», ha twittato ieri il ministro degli Esteri di Vilnius, Gabrielius Landsbergis. «L’ambasciatore lituano in Ucraina sta tornando a Kiev», ha aggiunto. Sono invece 40 i diplomatici russi espulsi ieri dalla Germania, e 35 quelli allontanati dalla Francia. Nel mentre, non si arresta l’iperattivismo diplomatico di Tayyip Erdogan, che nelle scorse ore ha sentito al telefono il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente finlandese Sauli Niniisto e quello bulgaro Rumen Radev. Prosegue intanto l’atteggiamento ambiguo di Pechino. In una telefonata con l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha detto che la Repubblica popolare «manterrà una posizione obiettiva ed equa e continuerà a svolgere un ruolo costruttivo a modo suo». Insomma, Pechino non ha la minima intenzione di sganciarsi da Mosca.