2022-03-20
Zelensky invoca Putin: «È ora di vederci»
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il presidente ucraino chiede un incontro con il leader russo: «Vediamoci, altrimenti le perdite della Russia saranno enormi» Ma il Cremlino esclude summit a due prima dell’accordo formale. Dopo la telefonata tra Biden e Xi torna la tensione a Taiwan.Pur tra mille difficoltà, si continua a intravvedere qualche spiraglio nella complicata trattativa diplomatica tra Ucraina e Russia. Ieri, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha invocato una svolta nei negoziati. «Abbiamo sempre insistito sui negoziati. Abbiamo sempre offerto il dialogo, offerto soluzioni per la pace», ha detto. «E voglio che tutti mi ascoltino ora, specialmente a Mosca. È tempo di incontrarsi. È tempo di parlare. È tempo di ripristinare l’integrità territoriale e la giustizia per l’Ucraina. Altrimenti, le perdite della Russia saranno così enormi, che diverse generazioni non saranno sufficienti per riprendersi», ha proseguito. Negli scorsi giorni, si è del resto parlato più volte di un possibile vertice tra Zelensky e l’omologo russo, Vladimir Putin. Mosca ha tuttavia sin da subito subordinato una simile eventualità al raggiungimento formale di un accordo tra le due delegazioni. In tutto questo, non è per ora chiaro neppure dove il vertice potrebbe in caso avere luogo. Zelensky aveva proposto in un primo momento Gerusalemme, mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ipotizzato di ospitare il summit direttamente in Turchia. Ricordiamo che Ankara sta cercando di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella mediazione della crisi. «Il nostro presidente ha avuto due telefonate con il presidente Zelensky e il presidente Putin dall’inizio di questa guerra. Stiamo tutti cercando di riunire i nostri diversi punti di vista e canali per porre fine a questa guerra», ha dichiarato ieri il portavoce presidenziale turco, Ibrahim Kalin. «Il presidente Putin ritiene che la sua posizione, al momento, sulle principali questioni strategiche del Donbass e della Crimea non sia abbastanza vicina per accordarsi con il presidente Zelensky», ha aggiunto, specificando inoltre che, pur a fronte delle difficoltà, nei negoziati «sembra esserci un consenso crescente». Duro verso Putin si è mostrato invece Boris Johnson. «Cercare di rinormalizzare i rapporti con Putin dopo questo, come abbiamo fatto nel 2014, significherebbe ripetere esattamente lo stesso errore. È per questo che Putin deve fallire», ha dichiarato. Continua frattanto a tenere banco il controverso ruolo della Cina nella crisi, dopo il colloquio dell’altro ieri tra Joe Biden e Xi Jinping: va sottolineato che, nel corso della conversazione, il leader cinese ha continuato a non condannare l’invasione russa dell’Ucraina. Inoltre, il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, ha pronunciato proprio ieri delle parole molto amichevoli nei confronti di Pechino. «Questa cooperazione si rafforzerà, perché in un momento in cui l’Occidente sta palesemente minando tutte le basi su cui si poggia il sistema internazionale, ovviamente noi - come due grandi potenze - dobbiamo pensare a come andare avanti in questo mondo», ha affermato. Insomma, come prevedibile, le speranze della Casa Bianca di portare Pechino dalla propria parte sembrano destinate a fare un buco nell’acqua. Non è tuttavia ancora chiaro se Biden inizi realmente ad accorgersene o meno. Per il momento, la Casa Bianca ha fatto comunque sapere che il presidente americano discuterà del ruolo di Pechino nel corso del suo viaggio in Europa la prossima settimana. In tutto questo, sta aumentando la tensione su Taipei. Pechino ha definito ieri «provocatorio» il passaggio del cacciatorpediniere americano Ralph Johnson nello Stretto di Taiwan lo scorso 17 marzo. Ricordiamo che, dal canto suo, la Cina non solo aveva inviato venerdì una propria portaerei nello Stretto ma che ha anche ripreso le incursioni militari nello spazio di difesa aerea dell’isola. Una posizione abbastanza critica nei confronti del Dragone è arrivata inoltre ieri da Kiev. «La Cina può essere l’elemento importante del sistema di sicurezza globale, se prende la decisione giusta di sostenere la coalizione dei Paesi civili e condannare la barbarie russa», ha twittato il capo della delegazione ucraina, Mikhailo Podolyak. Un problema di ambiguità si sta registrando anche con l’India, che ha evitato di condannare l’aggressione russa e che sta studiando un meccanismo valutario volto ad aggirare le sanzioni occidentali. In tal senso, il premier giapponese, Fumio Kishida, si è recato ieri nel Paese, con l’obiettivo di spingere Nuova Delhi a un maggiore allineamento con Washington. Ricordiamo che, insieme a Stati Uniti e Australia, Giappone e India fanno parte del Quad: un quartetto di Paesi che punta ad arginare l’influenza cinese sull’Indo-Pacifico. Il disallineamento di Nuova Delhi è quindi un tema che dovrà essere affrontato, perché rischia di inficiare la strategia americana nei confronti della Cina e, al contempo, di rendere meno efficaci le sanzioni occidentali alla Russia. Si pone poi un nodo su Iran e Venezuela. «Non tradiamo mai i nostri amici in politica. Il Venezuela è nostro amico e l’Iran è uno Stato che ci è molto vicino. In secondo luogo, non perseguiamo interessi egoistici, a differenza degli americani», ha detto ieri Lavrov. Ebbene, non bisogna trascurare che, mentre commina sanzioni a Mosca, Biden sta allentando la pressione su Caracas e Teheran: un evidente cortocircuito geopolitico, vista la stretta vicinanza di questi due Paesi alla Russia sotto il profilo politico, economico e militare. Tra l’altro, non solo la Casa Bianca starebbe considerando l’ipotesi di togliere le Guardie della rivoluzione islamica dalla lista delle organizzazioni terroristiche, ma Kiev ha sostenuto che tra i combattenti coinvolti dalla Russia in Ucraina figurerebbero anche miliziani di Hezbollah: organizzazione libanese sciita, notoriamente sostenuta dall’Iran.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)