2025-01-17
«In Veneto c’è Zaia». Lega e Salvini per il terzo mandato, palla al premier
Luca Zaia (Imagoeconomica)
Il Consiglio federale blinda il governatore e rilancia l’elezione diretta dei presidenti provinciali partendo da Sicilia e Friuli.«Non si può fare l’asso pigliatutto. Come dice la saggezza popolare, chi troppo vuole nulla stringe»: l’autorevole esponente della Lega commenta così alla Verità la posizione del partito al termine del consiglio federale di ieri a Roma. Il riferimento, manco a dirlo, è a Giorgia Meloni e alla sua ambizione di candidare un esponente di Fratelli d’Italia alla presidenza del Veneto.Al consiglio, riunito alla Camera, sono presenti Matteo Salvini; i suoi vice,Claudio Durigon, Alberto Stefani e Andrea Crippa; il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e quello per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. Collegati da remoto i governatori del partito, Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana. Mai come stavolta, le dichiarazioni in pubblico sono soltanto in minima parte più diplomatiche delle considerazioni in privato: i big del partito sono tutti schierati sulla stessa linea, in Veneto la Lega non intende cedere il passo. «Totale sintonia e condivisione degli obiettivi», recita una nota della diffusa al termine del vertice, «fra Matteo Salvini, Luca Zaia e l’intero federale. Il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a livello nazionale e internazionale. Per la Lega, squadra che vince non si cambia». «È stato un consiglio federale», commenta all’uscita il capogruppo al Senato del Carroccio, Massimiliano Romeo, «che si è concluso all’unanimità. La Lega, essendo un partito del territorio, si vuole tenere le regioni dove governa, il buon governo. È interesse della Meloni trovare una soluzione soddisfacente che faccia sì che gli alleati leali e collaborativi alla fine siano soddisfatti».Tutti al fianco di Luca Zaia? «Assolutamente sì», risponde il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. «La quadra con gli alleati? Si trova, si trova», aggiunge sornione Giorgetti. Un auspicio o una previsione? Non si sa: quello che si sa è che Giorgia Meloni è chiamata a «privilegiare», come ci sottolinea un altro big della Lega, «lo spirito di coalizione rispetto alla competizione interna». Detto ciò, c’è un dato che non si può non tenere in considerazione: Fratelli d’Italia non esprime né il governatore del Veneto, né quello della Lombardia, né quello del Piemonte, né quello del Friuli Venezia Giulia eppure è di gran lunga il partito più forte del centrodestra, con il triplo dei voti di Lega e Forza Italia. In Veneto, alle Europee dell’8 giugno 2024, Fdi ha preso il 37,5%, contro il 13,1% della Lega e l’8,6% di Forza Italia. Numeri che fotografano una realtà completamente capovolta rispetto alle elezioni europee del 2019, quando in Veneto la Lega prese il 49,9% e Fdi e Fi rispettivamente il 6,8% e il 6,1%. Se è vero che il Veneto è la culla del leghismo, è vero pure che gli elettori hanno manifestato molto chiaramente il loro orientamento, premiando il partito della Meloni.Come si risolve questo braccio di ferro tra alleati? Come si è risolto sempre: affidando ai leader nazionali del centrodestra il compito di trovare la famosa quadra e il fatto che l’intero consiglio federale abbia riconosciuto come legittima l’aspirazione della Lega del Veneto a continuare a esprimere il candidato a presidente semplifica il quadro, (ri)nazionalizza la questione. Alzare la posta per poi chiudere un buon accordo: è la regola quando si tratta di decidere le candidature e ricordiamo, tra l’altro, che nel 2025 vanno al voto, oltre al Veneto, anche Puglia, Campania, Marche, Toscana e Valle d’Aosta.Fratelli d’Italia esprimerà di certo il candidato delle Marche, il presidente uscente Francesco Acquaroli; per il resto, il dibattito è aperto, e ora che la vicenda veneta è tornata ad essere puramente nazionale, al di là di proclami localistici e tatticismi, la scelta del candidato alla presidenza si inquadrerà nel mosaico complessivo delle regioni al voto quest’anno. Altro elemento-chiave: il caso di Zaia, che ha già quasi completato il terzo mandato, è completamente diverso da quello di Vincenzo De Luca, anche se molti osservatori impropriamente li accostano. Il Consiglio regionale del Veneto, infatti, ha recepito nel 2012, con Zaia alla prima legislatura da presidente, la legge nazionale 165 del 2004 che impone il vincolo dei due mandati, e così lo stesso vincolo è partito dalla legislatura successiva. Zaia si è, quindi, ricandidato e ha vinto nel 2015 e nel 2020. De Luca, invece sta, finendo il suo secondo mandato e il Consiglio regionale campano ha recepito lo scorso novembre la legge nazionale del 2004, con una legge regionale impugnata poi dal governo davanti alla Consulta. Se pure la Corte dovesse dare ragione a De Luca, Zaia resterebbe ineleggibile: la Lega potrebbe in teoria riaprire con più forza la questione del tetto ai mandati a livello nazionale, e null’altro.Torniamo al consiglio federale: «La compattezza dei nostri alleati», commenta all’Ansa il senatore Luca De Carlo, coordinatore regionale di Fdi, «è sempre garanzia di un confronto sereno che sono sicuro porterà il centrodestra alla scelta del miglior candidato per guidare la Regione per i prossimi 10 anni». Il consiglio federale della Lega ha, inoltre, espresso parere favorevole all’elezione diretta dei presidenti di Provincia. In particolare, è stata manifestata la volontà di renderlo possibile in Sicilia già dalla prossima primavera. La Lega è favorevole all’elezione diretta di tutti i presidenti delle Province e, nel corso del vertice, è stato fatto un approfondimento particolare anche sul Friuli Venezia Giulia, che ha già avviato l’iter votando la reintroduzione delle Province elettive in Consiglio. Ora la palla passa al Parlamento che deve approvare le modifiche di statuto.
Jose Mourinho (Getty Images)