2025-06-26
Whatsapp vietato ai parlamentari americani
Mark Zuckerberg (Getty Images)
Non si potrà più installare nei dispositivi ufficiali della Camera dei rappresentanti: «Rischi elevati per la sicurezza pubblica». Anche il capo della polizia italiana aveva lanciato l’allarme sulle app di messaggistica: il governo pensa ad alternative nazionali.Whatsapp è solo la punta dell’iceberg. Il recente divieto di usare l’app di messaggistica nei dispositivi ufficiali della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha riportato al centro del dibattito una questione che non riguarda solo la sicurezza informatica, ma anche la sovranità tecnologica, le reti di telecomunicazione e il potere delle piattaforme private.Pochi giorni fa il chief administrative officer della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Catherine Szpindor, ha spiegato che Whatsapp rappresenta «un rischio elevato» per la sicurezza pubblica. I motivi? Mancanza di trasparenza sulla gestione dei dati, assenza di crittografia per gli archivi e vulnerabilità nella struttura tecnica. Nonostante le rassicurazioni di Meta sul fatto che tutti i messaggi siano protetti da crittografia end-to-end, il governo statunitense ha deciso di vietarne l’uso su tutti i dispositivi governativi.Negli Usa Whatsapp non è il primo social a finire nel mirino. Tiktok è stato bandito già nel 2022 per motivi di sicurezza nazionale, con l’accusa di una eccessiva prossimità al governo cinese. Anche Telegram, Copilot di Microsoft, Deepseek, e Chatgpt sono stati oggetto di restrizioni o divieti parziali. Il minimo comune denominatore? L’opacità nella gestione dei dati e la difficoltà di monitoraggio da parte delle autorità.In Italia, a sollevare il velo su questa asimmetria è stato il capo della polizia Vittorio Pisani, in un intervento diretto e allarmante al Festival dell’economia di Trento. «Le piattaforme digitali sottraggono traffico e dati alle reti regolamentate, operando in una zona grigia», ha dichiarato. «Gli operatori telefonici devono collaborare con le Forze dell’ordine, conservare dati, fornire log e tabulati. Whatsapp, Telegram e simili no». Pisani ha denunciato come questa realtà stia ostacolando gravemente le indagini su reati gravi, dal terrorismo alla pedopornografia, dove le comunicazioni avvengono sempre più spesso attraverso canali blindati e incontrollabili.Le sue parole mettono in luce una distorsione normativa: chi investe in infrastruttura, sicurezza e trasparenza (ovvero le Telco) è spesso soggetto a vincoli pesanti; chi ne beneficia senza contribuire (le piattaforme digitali) opera in libertà, senza responsabilità operative o giuridiche. In tempo di dazi c’è chi si è già posto questa domanda. Ma ciò che sta emergendo negli ultimi tempi, e che spesso viene sottovalutato, è un paradosso strutturale: colossi come Meta, Microsoft, Openai si appoggiano interamente alle reti di telecomunicazione tradizionali per offrire i propri servizi - utilizzano la connettività, la banda, i cavi, i data center costruiti da altri -senza però sopportare alcun obbligo infrastrutturale o giuridico comparabile a quello imposto alle Telco.Perché se domani, ad esempio, il presidente degli Stati Uniti imponesse un embargo su Microsoft in Italia, le conseguenze sarebbero devastanti: dai sistemi scolastici a quelli sanitari, passando per le email istituzionali e i cloud pubblici, interi settori della vita nazionale collasserebbero, senza alternative pronte. In Francia si sono già portati avanti. Già da quasi due anni i ministri e i collaboratori francesi sono stati invitati a non usare più Whatsapp, Signal e Telegram e a passare all’app francese Olvid, certificata dagli standard di sicurezza dell’agenzia nazionale Ansii. Non solo. Di recente il Parlamento francese sta spingendo ulteriormente con una proposta di legge (legge «narcotraffico») che obbligherebbe piattaforme come Signal, Whatsapp e anche Protonmail a fornire messaggi decrittati alle Forze dell’ordine entro 72 ore, altrimenti rischierebbero sanzioni severe, fino al 2% del fatturato globale. In Italia qualcosa si sta muovendo. Sull’esempio della Francia, che ha bandito Whatsapp, Telegram e Signal dai dispositivi ministeriali e ha promosso l’app Olvid come piattaforma sicura nazionale, anche il nostro Paese sta valutando soluzioni «nazionali». Una di queste è l’app Telsyintouch, sviluppata dalla società italiana Telsy, il centro di competenza del gruppo Tim per la sicurezza delle comunicazioni e la cybersecurity che, secondo fonti giornalistiche è oggetto di valutazione da parte del governo italiano per un suo impiego come strumento ufficiale di comunicazione sicura tra enti pubblici. Telsyintouch è una piattaforma di messaggistica cifrata pensata per l’uso istituzionale, già utilizzata in ambienti pubblici, che offre comunicazioni voce, video, file e messaggi protetti da crittografia end-to-end. L’applicazione può essere implementata anche on-premise, garantendo il pieno controllo locale dei dati e dell’infrastruttura.Il valore di Telsy non risiede solo nell’app, ma nell’intera filiera tecnologica che propone: monitoraggio dei rischi, rilevamento spyware, infrastrutture certificate e servizi di cybersecurity integrati. Una vera infrastruttura nazionale della comunicazione sicura: un’opportunità concreta per rompere la dipendenza da infrastrutture e servizi stranieri, dotandosi di strumenti locali, verificabili e sottoposti alla normativa italiana.