2023-06-08
Mitologia hammers: come i tifosi del West Ham sono diventati idoli internazionali
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Tifosi del West Ham festeggiano la vittoria in Fa Cup del 1964 (Getty Images)
La vittoria degli inglesi in Conference League ha riproposto agli onori della cronaca gli hooligan della squadra dai martelli incrociati. Che, nel mondo del tifo, sono una leggenda.La vittoria del West Ham contro la Fiorentina nella combattuta finale di Conference League ha riportato all'attenzione del mondo calcistico europeo la squadra di Stratford, quartiere a Nord-Est di Londra su cui sventola il vessillo con i martelli incrociati. Chi segue il calcio giocato, del resto, non ha grossi motivi per seguire gli Hammers, la cui bacheca dei trofei è piuttosto sguarnita: ci sono tre vittorie in Fa Cup e una in Coppa delle Coppe nel 1964-1965, mentre in campionato sono a quota zero titoli. C'è però un altro ambito in cui il West Ham primeggia: è quello della tifoseria organizzata. Non che ieri abbiano brillato per particolare nobiltà, ad esempio ferendo il viola Cristiano Biraghi con il lancio di oggetti dagli spalti. Ma nella controversa mitologia ultras, dettagli del genere poco contano. Ben più importanza hanno episodi come quello accaduto qualche settimana fa, quando Chris Knoll, un tifoso degli Hammers, ha fermato praticamente da solo decine di ultras olandesi dell’Az Alkmaar, impedendo loro di accedere alla tribuna dove si trovavano tra gli altri anche le famiglie dei giocatori. Un gesto che in Inghilterra tutti hanno definito eroico e che in effetti ha denotato un notevole coraggio fisico, rinverdendo la fama della mitica Inter City Firm, il gruppo ultras del West Ham formatosi nel 1977 e divenuto appunto leggendario nel mondo del tifo organizzato di mezzo mondo (il gruppo prende il nome dai mezzi di trasporto utilizzati dai suoi componenti per assistere alle trasferte, i treni Intercity preferiti ai convogli speciali riservati ai tifosi). La leggenda narra che il mito dell'Icf sia nato quando un gruppo di giovani londinesi della classe operaia tra i 15 ed i 18 anni riuscì a mettere in fuga, nello stesso giorno, sia i tifosi dell’Aston Villa che gli acerrimi rivali del Millwall.Notorietà conquistata sul campo secondo logiche di strada? Sicuramente, ma una grossa parte del mito dell'Icf è dovuto alla loro incredibile capacità di fare autopromozione. Basti pensare che uno dei più grandi narratori del fenomeno hooligan, con diversi libri all'attivo, è Cass Pennant, uno dei leader dell'Icf, di origini jamaicane. Uno dei suoi libri, tradotto anche in italiano, si intitola: Congratulations, You have just met the Icf. Era la frase stampata su biglietti da visita che il gruppo lasciava sui luoghi degli scontri. Con trovate come queste e con i libri di Pennant, la notorietà internazionale della sigla era assicurata.Un’altra leggenda dell’Icf è senz’altro Carlton Leach, di cui è appena uscita in Italia l’autobiografia, Hooligan. L’ultima parola (Altaforte). «Tifare il West Ham», spiega, «per me era tutto: racchiudeva tutto ciò che sapevo e capivo della mia vita e della mia infanzia nell’Est di Londra. C’era sempre qualcosa di speciale nell’abitare nello stesso quartiere del capitano che ci ha portato in cima nel 1966: Bobby Moore, un ragazzo del posto […]. Essere stato un tifoso del West Ham mi ha dato un senso di orgoglio; per me è qualcosa che non può mai essere totalmente spiegato e certamente non in un modo che possa rendere giustizia a quest’esperienza». Leach descrive i tafferugli da stadio con toni alati: «Ciò che faceva risaltare i nostri era il loro livello di pura violenza e la volontà di infliggere quanti più danni e ferite agli ospiti, il tutto mentre si trovavano in totale inferiorità numerica e senza cedere di un centimetro. Era davvero qualcosa di cui volevo far parte in qualità di sostenitore incallito del club».Per sugellare questa mitologia hammers, bisogna infine citare Hooligan, il film del 2005 in cui Elijah Wood, il Frodo del Signore degli Anelli, interpreta un (improbabile) americano sbarcato a Londra e finito a fare scontri con l’Icf, che però nel film è chiamata Green Street Elite. La pellicola è stata accusata – non a torto – di una certa ambiguità, pretendendo di denunciare un fenomeno che però, in realtà, sembra decisamente esaltare. Più in generale, la mitologia hooligan evita accuratamente di fare i conti con eventi come la strage dell’Heysel e altre mattanze simili. Per non parlare degli intrecci sempre più pervasivi tra curve calcistiche e criminalità. Quel mondo di scontro fisico tra pari, in una dimensione di odio e rispetto, quel clima di goliardia ma anche di lealtà, quello spirito di corpo e di comunità che emerge dalle narrazioni ultras stride decisamente con le dinamiche ben più prosaiche che animano le gradinate dei nostri stadi. Ma è anche l’unica (sotto)cultura esistente che può spingere una persona a fronteggiare da solo un’orda nemica all’assalto, come capitato a Chris Knoll.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)