La corsa del petrolio affonda anche la Borsa Usa, che in un primo momento aveva reagito alla guerra meglio di quelle europee. I capitali si spostano sui Treasury per stabilizzare i portafogli e ridurre le perdite.
La corsa del petrolio affonda anche la Borsa Usa, che in un primo momento aveva reagito alla guerra meglio di quelle europee. I capitali si spostano sui Treasury per stabilizzare i portafogli e ridurre le perdite.La scorsa settimana, mentre le Borse europee affondavano con un ribasso di oltre il 10%, Wall Street reggeva con un -2,5%, aiutata anche dalla sua lontananza dal campo di guerra e dall’indipendenza energetica. Nella prima seduta di questa settimana è bastato, però, che il vice primo ministro russo Alexander Novak affermasse che un embargo occidentale del petrolio russo potrebbe portare un barile di greggio a 300 dollari per far capitolare la Borsa a stelle e strisce con la peggiore seduta degli ultimi 18 mesi.«Quanto sta accadendo in Ucraina», dice Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «inizia a preoccupare sempre più seriamente poiché un impatto duraturo sui prezzi delle materie prime avrebbe conseguenze serie sulla crescita dell’economia mondiale (già è stata ridotta al +3,5% in questi giorni) e della locomotiva Usa».A soffrire particolarmente da inizio anno negli Stati Uniti sono le azioni tech con l’indice Nasdaq e i titoli parte del Dow Jones. In recupero, però, l’obbligazionario che, a inizio anno era invece arretrato. In particolare, a essere acquistati sono stati i Treasury collegati all’andamento dell’inflazione (i Tips) o collegati all’andamento dei tassi (floating rate). «Quando i prezzi delle azioni scendono fortemente come è successo finora nel 2022, gli investitori in genere acquistano obbligazioni per aiutare a stabilizzare i portafogli e ridurre le perdite», dice Gaziano.Resta comunque forte l’attenzione per il mercato azionario Usa, che oggi vale circa il 60% dell’indice azionario mondiale (negli anni Settanta questo livello è stato anche superiore) e rappresenta il motore del capitalismo mondiale, dove sono nate e si sono sviluppate la maggior parte delle aziende globali.Alcune società come Facebook, Amazon, Apple o Google (Alphabet) sono arrivate a capitalizzare più del Pil russo e presentano tassi di crescita forti perché continuano a innovare e investire a largo raggio. Alphabet è diventato il più grande gruppo mediatico del mondo con un fatturato di quasi 160 miliardi di dollari. La holding del motore di ricerca Google ha visto le vendite aumentare quasi di un terzo a 75 miliardi di dollari e l’utile netto del 36% a 20,6 miliardi di dollari. Gli investitori stanno attualmente pagando la società e scontando le sue azioni a 20,6 volte gli utili netti previsti a fine anno. Si tratta di valutazioni che non appaiono siderali rispetto a quelli di molti titoli tech.Sul fronte della old economy, il miliardario ultranovantenne Warren Buffett con la sua Berkshire hathaway resta sempre sulla breccia e negli scorsi giorni ha aumentato significativamente la partecipazione nella compagnia petrolifera statunitense Occidental Berkshire e ha incrementato il suo utile operativo del quarto trimestre del 45% a 7,3 miliardi di dollari, il secondo miglior trimestre dal 2010, trainato da ottimi risultati presso la sussidiaria ferroviaria Bnsf e la divisione energetica Berkshire hathaway energy, guidata da quello che sembra essere destinato a diventare il suo successore designato, Greg Abel.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.





