2024-05-26
Viviamo in una società di alienati. Meglio fare le valigie e viaggiare
Il filosofo Rudi Capra esplora le ragioni che spingono gli uomini a partire, da Omero a Sartre. L’unico rischio è quello di dimenticare il contemporaneo, come se chi si mette in movimento fosse sempre «unico».Una delle mode di queste nostre ultime stagioni sono i libri con approccio filosofico al viaggio. Non tanto mete o racconti, ma ragionamenti, considerazioni, idee, tante idee, e qualche prova di neologismo. In questo solco opera Rudi Capra, ancor giovane studioso di filosofie orientali e autore di precedenti opere quali I flauti del cielo (2020) e Le strade furiose di Mad Max (2024, evidentemente è anche appassionato di cinema), editi da Mimesis, stesso editore che ha dato alla grazie della stampa Filosofia del viaggio. Modi, tempi, spazi, sensi del viaggiare. Scritto con brio, Filosofia del viaggio alterna saggi che potremo dire di impianto saggistico-accademico a provocazioni, e si parte dal duro, implacabile «mestiere del filosofo» che secondo l’autore assomiglia a quello del ragno: «Un paziente lavoro di orditura che materializza forme e itinerari laddove prima c’era il nulla, o laddove tornerò ad esserci il nulla», il che, a grandi linee, mi sembra un po’ audace, e ancora mi risuonano nelle orecchie le parole di un altro non-filosofo della stessa generazione, Leonardo Caffo, che ad un incontro mi disse: «Il filosofo non esiste». È dunque questo pensatore dei nostri giorni un raccoglitore-inventore o un’epifania? Entrambe le cose o nessuna?«Tutta l’infelicità di un individuo deriva dal non saper restare fermo in una stanza» sosteneva Blaise Pascal, opinione a cui potrebbero ribattere coloro che invece in una stanza passano o tendono a consumare la vita, viaggiando in altri modi, dialogando con gli strumenti oggi a disposizione e fregandosene poi di che cosa? Che cosa decidono di ignorare che esiste là fuori? Guerra, violenza, prepotenza, dittature, attentati, corruzione, femminicidi e tante altre preziosità che insistiamo in quanto umanità a portarci appresso? Non perdiamone una, mi raccomando, di queste vette della nostra coesistenza…Capra infila il suo ago nelle asole di Sartre - la vita diciamo che è un’avventura, Camus - si viaggia per aver paura, Seneca - si viaggia poiché si ha insoddisfazione del presente, Omero e l’Odissea - viaggio, avventura, scoperta ma anche nostalgia della terra e della famiglia. Guardandoci intorno abitiamo, dice Capra, una società alienata, oppressiva e opprimente, e dunque il viaggio rappresenta la via di fuga, un modo per disalienarsi e spalancare conoscenza di nuovi mondi. Come piace al saggista moderna si intrecciano culture e ideali, tempi e opere, tra Marco Aurelio e Cheng’en Wu, autore del Viaggio in Occidente del 1590, epica rincorsa alla trasformazione della propria identità. Si sfiora il concetto di vacuità, che noi occidentali tendiamo comunque a concepire in astratto, confondendolo con il «niente» o il «nulla», ovvero il vuoto, l’assenza, l’irrilevante, mentre al contrario è la predisposizione al tutto, al sentire ogni cosa insieme alle altre, l’esperienza che la pratica della meditazione delle varie scuole buddiste dovrebbe tentare di agguantare. Iniziamo a sentirci un po’ sbalestrati, in poche pagine così tante derivazioni, così tanti viaggi… è il rischio che si corre a cercare di sintetizzare tempi e approcci distinti.La seconda parte del libro è dedicata al nomadismo, altro tema rincorso da molti testi, tra nomadismi urbani e quindi accarezzando quel senso di ribellione che ci dovrebbe allontanare da una condizione stanziale vista ovviamente in modo ben poco cordiale, ma anche nomadismi arcaici, tipici di società diverse rispetto alla nostra, forse un mantra dello studioso-erudito-viaggiatore dei nostri tempi, obbligato per scelta e per operosità a viaggiare costantemente: ricercare, nuove occupazioni, instabilità, e piacere di vedere, di toccare e tenere perché no conferenze, incontri, presentazioni ovunque. Ogni autore oggi è invitato a farlo, a vivere in questo modo la propria dimensione espressiva e autoriale: oggi a Torino, domani a Milano, quindi a Bologna, a Firenze, a Palermo, e dunque a Marsiglia, a Parigi, a Londra, a New York. Potremmo forse parlare di nomadismo indotto, psicologico, ma qui mi fermo.Non potevamo dispensare Marco Polo e il suo Milione, l’antropologo e filosofo francese Georges Bataille - di tutti i lussi la morte è il più oneroso, e dunque proprio rifuggendo ogni confort chi si mette in viaggio spinto da una ricerca di nomadismo ritrova, quasi paradossalmente, una dimensione spartana, quasi una gioiosa estetica del disadorno quanto della scomodità. Non tutti i lettori si sentiranno pronti credo a partire lasciando tutto qui et ora, al caso.La terza parte è dedicata al turismo e si inizia dai dati: ovviamente l’esplosione demografica che ha triplicato, anzi quadruplicato la popolazione umana in un secolo e poco oltre, ha agito anche nei riguardi di una dimensione turistica che aumenta di anno in anno: nel 1989 si contavano 400 milioni di turisti, nel 2020 un miliardo in più. Qualche dubbio mi resta su questi dati, forse dipende anche dal significato che diamo alla parola vacanza, viaggio o tour organizzato. Ricordiamo tutti i film del boom economico, in quell’Italietta da sorpasso dove sono cresciuti i nostri nonni o i nostri genitori, con le motorette, le automobili, i viaggi domenicali al mare, le città che si spopolavano e le spiagge che si gremivano all’inverosimile. Erano gli anni Cinquanta, o meglio i Sessanta, e così era in Giappone, in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, in Germania e via dicendo…Accanto a tutto questo operano altri modi di viaggiare: esiste la flânerie, ovvero il lasciarsi camminare, l’ondivagare senza meta anzitutto tra le vie e gli spazi della città, il «perdergiorno», e l’affordance, ovvero l’invito all’uso, allo sfruttamento, e così una porta consente di passare, un campo di camminare, una montagna di scalare. E poi altri concetti del magma filosofico cinese, per approdare al viaggio come scelta politica o come atto estetico.In appendice un tributo al cinema di Andrei Tarkowskij, l’autore di Nostalgia, Solaris, Stalker, Lo specchio, Andrej Rublev (forse il mio preferito tra i cinque), ma anche ai viaggiatori Werner Herzog e Wim Wenders, e dunque altri film che ci ricordano quanto il viaggio possa conservare in se molti aspetti ignoti, affascinanti, contraddittori. Otto le pagine di bibliografia.L’unico peccato di questo libro è quello che spesso si ritrova nei libri analoghi pubblicati in questi anni: a parte un’introduzione per fortuna succinta di Paolo Pecere, spicca l’assenza del contemporaneo, l’assenza di altri viaggiatori esploratori e saggisti come lo stesso Rudi Capra, come se ogni viaggiatore fosse alfine l’unico per misurare il mondo.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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