2020-08-14
«Virus in Italia già nel 2019, ora è in ritirata»
Mariano Bizzarri (YouTube)
Una ricerca ridisegna la mappa del morbo cinese. Lo studioso Mariano Bizzarri: il lockdown andava fatto a gennaio.La nuova epidemia del Covid 19 non è così imprevedibile come si poteva temere qualche mese fa. Il coronavirus Sars Cov2 è insidioso, viaggia indisturbato sottotraccia per poi colpire improvvisamente alle spalle con una potenza sconvolgente, ma non è invincibile. «Come tutte le cose di questo mondo, ha un'origine, uno sviluppo e una fine», osserva Mariano Bizzarri, direttore del System biology group laboratory dell'Università La Sapienza di Roma. Il professore è capofila degli autori di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature scientific report che identifica un modello matematico per monitorare l'andamento dell'epidemia del Covid 19 a prescindere dal numero reale degli infetti. «Si fanno degli accostamenti azzardati tra questa epidemia e la spagnola che un secolo fa ha causato 50 milioni di morti su due miliardi di popolazione mondiale. Il Covid 19, a oggi, ha fatto 650.000 decessi in quasi il quadruplo di abitanti. Non c'è paragone», dice Bizzarri. Inoltre, rispetto alla spagnola, che metteva a letto per almeno una settimana ogni contagiato, «con il Covid il 97-98% delle persone non ha sintomi particolari, mentre il 2-3% ha problemi importanti». Anche per questo è praticamente impossibile definire direttamente quante siano le persone infette. Il dato si ricava indirettamente conoscendo la letalità, cioè i decessi rispetto agli infetti. «In Italia registriamo percentuali intorno al 10%, ma abbiamo paesi dove la letalità è allo 0,3-0,4%. Questo significa», osserva Bizzarri, «che ci sono più infetti di quelli dichiarati e che serve un parametro più certo, clinico, per monitorare l'andamento dell'epidemia». Nello studio pubblicato in questi giorni, gli autori identificano un modello matematico che definisce l'evoluzione dell'epidemia introducendo un nuovo indice di riferimento: il rapporto tra la velocità con cui aumentano i guariti rispetto agli infetti accertati. Questi sono dati attendibili perché si riferiscono alle condizioni reali, cliniche. Quando il numero degli infetti aumenta molto più in fretta dei guariti, è chiaro che si è nella fase di crescita della curva. «Quando le due velocità tra guariti e infetti si incrociano e cambiano di segno, significa che il picco è passato: inizia la discesa», spiega il professore. «I dati singoli dei bollettini quotidiani non dicono nulla. La fluttuazione va letta nel tempo. Non sono i 42 gradi di un giorno a definire l'estate più calda del decennio», continua l'esperto. «Il vero indice da tenere d'occhio è il numero di ingressi nelle terapie intensive. Se va a zero, anche l'epidemia fa altrettanto», dice Bizzarri. A inizio aprile, quando eravamo in pieno lockdown, il peggio era già alle spalle in tutte le regioni, esclusa la Lombardia. «Non sappiamo perché sia stata colpita in maniera così potente, forse per la più alta frequenza di contatti con l'estero, ma l'andamento a campana, pur essendo sfasata nel tempo, permette di definire inizio e fine di un'epidemia». Secondo lo studio, il virus girava in Italia già a metà ottobre del 2019 e che le prime infezioni in Cina sono di un anno fa. «Bisognerebbe verificare le polmoniti anomale segnalate a ottobre in Lombardia, a Piacenza e in Veneto», suggerisce l'esperto. Secondo questo modello l'epidemia è praticamente finita, con alcuni casi isolati di importazione, di chi rientra dalle vacanze e pochi ricoveri in rianimazione. «Sarebbe ora di vedere l'epidemia per quella che è. Il Covid 19 ha ucciso direttamente o indirettamente, non lo sappiamo, circa 35.000 italiani», riflette Bizzarri. È triste, perché ogni vita è un valore inestimabile, «ma ogni giorno muoiono quasi 500 connazionali per cancro». Sapere se in autunno tornerà l'infezione non è possibile: mancano dati di riferimento e la scienza può solo fare ipotesi. «Essendo una forma influenzale può ripresentarsi in modo più lieve. L'altra ipotesi è che, siccome il virus è al 96% simile al quello della Sars, che è scomparso spontaneamente, potrebbe non ripresentarsi. Sono però solo opinioni», ribadisce Bizzarri. C'è infine un altro elemento importante che emerge da questo modello matematico e riguarda la quarantena, che non è il lockdown. «Il termine corretto è quello italiano che indica il limite di quaranta giorni: oltre questo tempo la chiusura non serve», dice fuori dai denti il ricercatore. «Basta guardare quello che è successo nelle residenze per anziani: quelle che hanno chiuso subito non hanno avuto decessi, mentre è andata molto diversamente nelle altre». La quarantena sarà anche servita, ma andava fatta a fine gennaio, secondo il professore. «Già il 5 gennaio sul tavolo del presidente Conte c'era un allarme e il 20 l'Oms stava valutando la dichiarazione di epidemia». Avremmo scritto un'altra storia. Forse i verbali del governo potranno chiarire qualcosa, «ma sono disponibili solo 5 su 80 e mancano i più importanti: il primo, e quelli del 22 e 25 aprile», conclude.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)