
Nella città drusa di Suwayda clan beduini attaccano quartieri e leader locali, in scontri che causano almeno 90 morti. L’esercito interviene per ristabilire la calma. Sullo sfondo le tensioni tra il nuovo governo, i drusi e le trattative con Israele sul Golan.Nella Siria del nuovo leader al Shara la violenza tribale colpisce ancora una volta le minoranze. Nella cittadina meridionale di Suwayda, abitata in maggioranza da drusi, sono scoppiati feroci scontri fra le milizie locali e combattenti tribali beduini sunniti e si contano già almeno 90 morti.Il quartiere di Maqwas si è trasformato in un campo di battaglia dove diversi clan beduini hanno attaccato negozi e case della comunità drusa che vive qui da secoli. Questo gruppo etnico è presente anche in Libano, Israele e Giordania e sono una comunità etno-religiosa di cultura araba e monoteista che ha avuto origine dall’Ismaelismo, un ramo dell’Islam sciita. Il credo druso prende elementi anche dall’ebraismo, dal cristianesimo e dall’induismo e sono storicamente odiati dai sunniti. In Siria vive quasi la metà del totale della popolazione drusa mondiale e sono concentrati nelle province meridionali dove convivono faticosamente con le tribù beduine che hanno approfittato degli attriti di questa comunità con il nuovo governo per regolare vecchi conti. L’Osservatorio siriano per i Diritti Umani ha parlato di un bombardamento con armi pesanti contro le abitazioni dei leader delle comunità locale. Gli scontri erano iniziati domenica sera a causa del rapimento di un mercante druso lungo l’autostrada per Damasco, l’ultimo di una lunga serie. I feriti si contano a migliaia ed il governo ha dovuto inviare un contingente di forze speciali per riportare la calma. L’intervento dell’esecutivo di al Shara è sembrato però tardivo e alcuni ministri non nascondono la loro avversione verso i drusi e la vicinanza con i clan beduini del deserto che hanno ricevuto le armi dall’esercito siriano.Il ministro dell’Interno, Anas Khattab ha parlato alla televisione nazionale per cercare di riportare la calma e ha espresso profonda preoccupazione per la morte dei cittadini. «Voglio lanciare un appello al nostro popolo perché cessino subito queste battaglie che stanno distruggendo il tessuto sociale della Siria. Dobbiamo costruire tutti insieme un nuovo paese e questi scontri servono soltanto a rafforzare i nostri nemici che auspicano una frammentazione della nostra grande nazione. Concordemente con il ministero della Difesa ho deciso di inviare rinforzi alle forze locali per fermare la violenza. Tutti i responsabili pagheranno per questi atti e voglio anche pubblicamente ringraziare i leader della comunità drusa che stanno lavorando per evitare che la situazione degeneri. La Siria è un mosaico di popoli e religioni e questa è la nostra forza, dopo cinquant’anni di regime degli Assad dobbiamo ricostruire e ripartire, ma lo dobbiamo fare coinvolgendo tutti dai sunniti ai cristiani, dai drusi agli sciiti. Voglio anche negare con forza le accuse di aver favorito le tribù beduine del sud del paese, anche se vogliamo lodare il loro impegno nella guerra per la cacciata di Bashir al Assad dalla Siria».I drusi invece sono rimasti estranei ai fatti che hanno portato l’ex qaedista Ahmad al Shara al potere e già nei mesi scorsi erano stati pesantemente attaccati dai miliziani del gruppo armato Hay'at Tahrir al-Sham guidato proprio dal nuovo uomo forte di Damasco. Israele aveva preso le difese della comunità drusa, arrivando a minacciare un’invasione terrestre ad ampio spettro per garantire la sua sicurezza. I drusi israeliani sono integrati nella società e combattono regolarmente nelle Forze di difesa Israeliane, ma la mossa di Tel Aviv era soltanto strategica per aumentare il suo peso nello stato siriano. Il governo di al Shara ha infatti deciso di aprire una trattativa con Netanyahu per le alture del Golan, anch’esse a maggioranza drusa, occupate da Israele nel 1967. Damasco sembra disposta a rinunciare ai 2/3 del territorio in cambio della restituzione di una parte delle alture e del ritiro israeliano dalla fascia di territorio occupato durante le ultime fasi della guerra civile. Un patto del genere porterebbe Siria ed Israele ad un passo dal riconoscimento reciproco e magari dalla firma degli Accordi di Abramo, ma lascerebbe mano libera ai siriani sulla minoranza drusa, a quel punto senza nessun padrino.
Domenico Arcuri (Ansa)
L’investigatore della Gdf audito in Commissione. I giallorossi cercano solo di estorcergli un’assoluzione per l’ex commissario.
iStock
Raccomandato da Speranza & C. per detergere le mani, l’etanolo presente negli anti-germi rischia di essere messo al bando in Ue.
Volodomyr Zelensky (Ansa)
Non c’è solo la realpolitik: le norme internazionali prevedono che si abbia sovranità su un territorio solo quando si riesce a esercitarvi un potere ordinato alla giustizia.
2025-10-22
Meloni al Parlamento: «Nessun soldato in Ucraina. Pronti a riconoscere Palestina se Hamas verrà disarmato»
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Giorgia Meloni (Ansa)
La premier riferisce alle Camere prima del Consiglio Ue del 23 e 24 ottobre: confermato il sostegno a Kiev, no a truppe italiane sul campo, apertura sul riconoscimento della Palestina. Chiesto a Bruxelles di rendere permanente la flessibilità di bilancio per la difesa e un cambio di approccio sulla legge sul clima.
Per il testo completo delle comunicazioni di Giorgia Meloni al Parlamento, clicca qui sotto.
Consiglio Ue 23-24 ottobre 2025 - Comunicazione alle Camere.pdf
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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