2022-05-26
«Violare le sanzioni diventerà un reato». L’Ue minaccia punizioni inapplicabili
La Commissione proclama una stretta: peccato che la proposta si scontri con le leggi e le regole del sistema giudiziarioL’Ungheria continua a opporsi. Gentiloni cauto: «Non impossibile trovare accordi»Lo speciale contiene due articoliIl 4 maggio scorso il presidente della Commissione Ursula von der Leyen annunciò in pompa magna, davanti al Parlamento europeo, il varo di un sesto pacchetto di sanzioni contro Russia e Bielorussia. Sono passati 22 giorni e quell’annuncio di embargo sul petrolio russo è rimasto tale. La Commissione non è riuscita a varare nessun atto esecutivo, come se nulla fosse accaduto. Anzi, un effetto quell’annuncio l’ha avuto: far aumentare da 1,5 a 18 miliardi le richieste di «compensazioni» da parte del governo ungherese di Viktor Orbán che non può disconnettersi dalle forniture di petrolio russo (come Repubblica Ceca e Slovacchia) con un colpo di bacchetta magica, ma deve affrontare elevati costi di riconversione. E non è nemmeno certo che il prossimo Consiglio europeo del 30 e 31 maggio riuscirà a raggiungere un accordo sul tema, considerando che Orbán ha scritto al presidente Charles Michel mettendo in chiaro che discuterne sarebbe «controproducente» perché metterebbe a nudo le divisioni. Anche l’alternativa di un tetto al prezzo di acquisto è stata accolta con freddezza dal ministro tedesco Christian Lindner.Mentre si arranca sulle mosse future, ieri dalla Commissione è arrivata una mossa che rivela come i cinque pacchetti di sanzioni varati finora avessero parecchie falle e consentissero comodi aggiramenti da parte dei soggetti potenzialmente destinatari delle misure restrittive. Sì, è vero, finora sono stati sanzionati 800 individui e 30 società per un controvalore di 9,9 miliardi di beni sequestrati e sono state impedite operazioni per un valore di 196 miliardi. Ma a Bruxelles devono essersi resi conto che le basi legali su cui stavano operando erano piuttosto fragili o comunque non stavano facendo così male ai potenziali destinatari, e allora sono corsi ai ripari con due proposte che il colegislatore di Palazzo Berlaymont sottoporrà al voto (unanime) del Consiglio. In primo luogo, in perfetta coerenza con la torre di Babele Ue, ci si è resi conto che l’aggiramento delle sanzioni è trattato in modo diverso negli Stati membri. In alcuni è un reato, quindi scatta il penale con relative dure sanzioni, in altri è solo una violazione amministrativa con sanzioni molto più tenui. Ma mancavano anche le definizioni comuni delle fattispecie di reato, cioè cosa si intende per aggiramento delle misure restrittive, in cosa consiste la distrazione o l’occultamento di beni per nasconderli alle autorità, come procedere nelle attività di sequestro e superare i tentativi di elusione. A scorrere l’elenco delle proposte legislative presentate ieri, pare che non siano stati pochi gli yacht, le ville e le Porsche degli oligarchi sfuggiti alle grinfie della von der Leyen.Per stringere le maglie, si deve necessariamente mettere mano ai trattati, da modificare all’unanimità. In particolare la proposta della Commissione riguarda la modifica dell’articolo 83 del Trattato sul funzionamento della Ue, nella parte in cui prevede un elenco di campi di attività della criminalità in cui una direttiva può stabilire norme minime in relazione alla definizione dei reati e delle sanzioni, da utilizzarsi in un contesto transnazionale. Si parla di terrorismo, riciclaggio di denaro e di armi e di altri ambiti criminali a cui ora si dovrebbe aggiungere la violazione delle sanzioni. Sarà così possibile condurre indagini in modo armonizzato in tutta la Ue e bloccare gli schemi di aggiramento, che finora avevano sfruttato un quadro normativo non uniforme.In seconda battuta, il commissario alla Giustizia Didier Reynders ha presentato un’altra proposta di decisione del Consiglio, finalizzata ad aggredire i beni illecitamente accumulati in violazione delle misure restrittive. A Bruxelles si doteranno di strumenti per procedere al recupero dei beni, potenzieranno i poteri per individuare e tracciare rapidamente i beni sottratti alle sanzioni e, soprattutto, amplieranno i casi in cui si potrà passare dal sequestro alla definitiva confisca dei beni. Da ultimo, si costituirà un ufficio per la gestione dei beni sotto sequestro, a partire dagli ingenti costi di manutenzione. Anche in questo caso, non è detto che l’unanimità in Consiglio sia garantita, come ha ipotizzato il sito Politico.eu.La Commissione credeva che l’assetto normativo costruito a partire dal 2014, con l’imposizione delle prime sanzioni alla Russia, fosse ormai collaudato, basandosi sull’articolo 215 del Tfue. Ma è decisivo anche l’aspetto procedurale: come si fa a definire un oligarca? Quali sono gli strumenti di indagine e di difesa? Già in passato la Commissione era incappata nella censura della Corte di giustizia a proposito del caso Kadi, ritenuto legato ad Al Qaeda.Anche nel campo dell’energia, il diritto Ue traballa. Infatti l’opposizione dell’Ungheria si fonda su basi molto solide. Poiché l’articolo 194 del Tfue dispone che la Ue ha il fine di «garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell'Unione», fermo restando «il diritto di uno Stato membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico». Quest’ultimo diritto può essere derogato solo con voto unanime. Orbán tira la corda perché è previsto dai trattati.Ma le perplessità sono anche di ordine superiore e coinvolgono il rispetto dei valori fondanti della Ue. Fino a che punto è possibile imporre sanzioni, sacrificando la crescita, il benessere, la coesione sociale, la piena occupazione, pure scolpiti nell’articolo 3 del Tue? Dov’è finita la sicurezza delle fonti energetiche garantita dai trattati?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/violare-le-sanzioni-diventera-un-reato-lue-minaccia-punizioni-inapplicabili-2657391373.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="intanto-il-sesto-pacchetto-di-misure-contro-la-russia-resta-in-sospeso" data-post-id="2657391373" data-published-at="1653516236" data-use-pagination="False"> Intanto il sesto pacchetto di misure contro la Russia resta in sospeso Assistendo alle tormentate vicende del sesto pacchetto di sanzioni europee alla Russia si ha sempre più l’impressione di trovarsi immersi nel celebre dramma in due atti di Samuel Beckett, Aspettando Godot. Secondo una nota recensione del 1956 «una commedia in cui non accade nulla, per due volte». Qui siamo ben oltre le due volte, in realtà, ma per una gustosa coincidenza, uno dei due personaggi che aspettano Godot si chiama Vladimiro. L’Ungheria resta sulle sue posizioni e non accetta l’embargo sui prodotti petroliferi esportati dalla Russia, alle condizioni attuali. A Davos il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, in una conversazione con i giornalisti presenti alla riunione annuale del World economic forum, non nasconde le difficoltà, sia pure con linguaggio diplomatico: «Ci stiamo lavorando, penso che nei prossimi giorni non sia impossibile raggiungere ulteriori accordi». Le difficoltà a convincere l’Ungheria non sono un mistero, nonostante le ostentazioni di ottimismo di qualche funzionario di Bruxelles. Non è solo il sesto pacchetto di sanzioni a procedere con fatica, però. Anche l’annunciata strategia europea per affrancarsi dal gas proveniente dalla Russia, il pacchetto Repowereu, stenta a procedere: «Hanno funzionato bene gli acquisti comuni per i vaccini, ma onestamente abbiamo qualche difficoltà in più sulla proposta della Commissione di acquisti comuni del gas liquefatto. Speriamo di arrivarci, ma un po’ di competizione tra i diversi Paesi è comprensibile». Gli acquisti comuni di gas, una delle proposte italiane, non sembrano piacere granché alla Germania e all’Olanda. La settimana prossima, il 30 e 31 maggio, si terrà una riunione straordinaria del Consiglio europeo, a cui è stata invitata anche il primo ministro finlandese Sanna Marin. Durante l’incontro tra capi di Stato e di governo si parlerà di Ucraina, di energia, di difesa e di sicurezza alimentare. «L’Ue spera di poter concordare sanzioni sul petrolio russo prima della prossima riunione del Consiglio europeo», ha affermato ieri il presidente Charles Michel. Sembra difficile, tuttavia, che le nuove sanzioni europee contro Mosca possano essere discusse in quella sede. In una lettera del 23 maggio indirizzata proprio al presidente del Consiglio europeo, Viktor Orbán afferma infatti che è improbabile che si possa trovare una soluzione prima del vertice e che l’Ungheria non accetterà le proposte dell’Ue finché non saranno risolte tutte le questioni in sospeso. Dunque, inutile discuterne tra capi di governo. La Commissione europea, intanto, ha proposto ieri di considerare reato l’aggiramento delle sanzioni alla Russia. Una mossa che permetterebbe ai governi di confiscare i beni di società e individui colti a infrangere le sanzioni. In alcuni Paesi dell’Unione questo è già un reato, mentre in altri si tratta solo di un illecito amministrativo. Per questo il commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders ha proposto di uniformare il quadro dei 27 membri introducendo per tutti il relativo reato. La Russia, dal canto suo, ha applicato sanzioni individuali a 154 membri della Camera dei lord inglese «in risposta alla decisione presa dal governo del Regno Unito nel marzo di quest’anno di includere quasi l’intera composizione del Consiglio della federazione dell’assemblea federale della Federazione russa nell’elenco delle sanzioni». Se l’embargo al petrolio russo resta nel mondo delle idee, le tensioni diplomatiche si acuiscono, mentre non si vedono segni di una reale trattativa improntata alla pace.