2025-11-12
Alla sinistra interessa il nemico: un giorno i fascisti, l’altro i ricchi
È la logica conseguenza del wokismo: i giudizi non si basano più su parametri oggettivi.Se è vero che «i fascisti» sono tutti quelli che la sinistra definisce tali indipendentemente dalla loro adesione o meno agli ideali del fascismo, allora anche «i ricchi» sono tutti coloro che la sinistra indica come tali, in maniera puramente circostanziale e situazionista, in base all’opportunità politica del momento. La surreale discussione sui «ricchi» privilegiati dalla Legge di bilancio, che altri non sarebbero se non quelli che guadagnano 2.500 euro al mese, non si limita a mostrarsi come una delle tante battaglie propagandistiche che la politica deve fare per segnalare la sua esistenza in vita ma è indice di una forma mentis estremamente interessante. Perché se è vero che definire «il fascista» in base al giudizio soggettivo che l’osservatore dà ai comportamenti dell’osservato - per arrivare ad associare un comportamento, una tendenza e financo un’espressione del volto a qualcosa di «fascista» - stabilire la categoria di «ricco» indipendentemente dal denaro che quella persona possiede significa, ancora una volta, rifiutare il principio di oggettività del dato del reale con tutto ciò che tale scelta implica. Mai e poi mai Luchino Visconti si sarebbe azzardato a negare di essere ricco o, molto peggio, a definire «ricco» il suo segretario particolare: il regista, dichiaratamente comunista, membro dell’aristocrazia milanese apparteneva ancora al mondo delle cose «per quelle che sono» e quando qualcuno gli faceva notare che era una contraddizione il fatto di definirsi allo stesso tempo comunista, aristocratico e ricco, rispondeva in maniera hegelianamente corretta gettando la contraddizione sul momento storico e non sulla sua visione delle cose: «Per me comunismo non significa che anch’io diventi povero come tutti i poveri ma che tutti i poveri diventino ricchi come me». Oggi, al termine della parabola postmoderna inaugurata dal Sessantotto, non è più così e sia i «poveri» che i «ricchi» non sono più definiti dalla sinistra in base al denaro da essi posseduto ma in base al ruolo politico da essi svolto. Più in generale possiamo dire che il «ricco» è il nemico politico - un po’ meno di «fascista» ma un po’ più di «borghese»; è quello, cioè, che non vota per la sinistra, mentre il «povero» è colui che appartiene ad una delle nuove categorie ideologiche elaborate in questi ultimi anni sulla base di green, woke e gender indipendentemente da quanti soldi quella persona effettivamente abbia, da che famiglia provenga o da che lavoro faccia. Ecco perché i capi del movimento Black Lives Matter rimangono sia «poveri» che «oppressi» anche dopo che sono diventati ricchi grazie alle donazioni ed ecco perché Bernie Sanders ospite di Joe Rogan dice che trova inconcepibile che Elon Musk abbia sostenuto la campagna elettorale di Trump con 270 milioni mentre ritiene una necessità sistemica che la campagna elettorale di Kamala Harris abbia potuto contare su più di un miliardo e mezzo di dollari. Ma rifiutarsi di definire qualcosa in base a criteri oggettivi - come ad esempio per il sesso delle persone - non è un’azione priva di conseguenze. Karl Marx definiva «i ricchi» come la borghesia capitalista che sfruttava il proletariato attraverso il sistema del plusvalore. La sua analisi si concentrava sul rapporto tra classi economiche, dove la ricchezza derivava dal controllo dei mezzi di produzione piuttosto che dal «lavoro produttivo», era oggettivamente misurabile e forniva una posizione di dominio all’interno della struttura economica. La sinistra postsessantottina ha abbandonato l’analisi marxista basata sulla classe economica per abbracciare teorie strutturaliste che privilegiano l’identità su base razziale, di genere, sessuale, di discendenza storica, sempre all’interno dell’orizzonte fondamentale della «vittima». Mentre per Marx «i poveri» erano il proletariato, oppresso ma in grado di organizzarsi per fare la rivoluzione, oggi «le vittime» sono funzionali al mantenimento del ruolo politico delle élite di sinistra le quali si definiscono in base alla contrapposizione con i «ricchi» indipendentemente dal loro possesso di ricchezza. Questo cambiamento è avvenuto perché l’obsolescenza del marxismo economico nelle società occidentali opulente ha richiesto nuove modalità di orientamento del conflitto sociale senza una vera finalità rivoluzionaria. Ecco perché il «potere imperialista delle multinazionali» è malvagio tranne che per George Soros, Bill Gates, Mark Zuckerberg, le aziende farmaceutiche, le aziende necessarie alla «transizione green» e il complesso militare-industriale quando c’è da riarmarsi contro «i cattivi» (o i fascisti). Questo spostamento concettuale ha permesso alla sinistra di mantenere una retorica rivoluzionaria mentre si allineava con gli interessi dell’élite capitalistica globale che beneficia da sempre della frammentazione sociale e del controllo delle masse attraverso il conflitto identitario .Tuttavia così facendo la sinistra si è condannata ad una ormai irreversibile lontananza dalle masse popolari, quei veri «poveri» che infatti non la votano più.
Ernesto Maria Ruffini (Ansa)
Ettore Prandini (Totaleu)
Lo ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in un punto stampa in occasione dell'incontro con la Commissione europea a Bruxelles.