2019-07-04
Via Tajani, c’è Sassoli. Al giornalista Pd il ruolo che vale meno
Il volto Rai presidente del Parlamento. Lega e Fdi votano contro. Per le candidate a Commissione e Bce inizia il percorso a ostacoli.Dopo giorni di interminabili trattative si è alzato il velo sulla prima carica di alto livello della nuova legislatura continentale. Da ieri il dem David Sassoli (Socialisti e democratici) è infatti il nuovo presidente del Parlamento europeo, raccogliendo il testimone da Antonio Tajani. L'elezione è avvenuta alla seconda votazione con 345 voti, che gli hanno permesso di avere la meglio, nell'ordine, sul ceco Jan Zahradil (Conservatori e riformisti, 160 preferenze), sulla tedesca Ska Keller (Verdi, 119) e sulla spagnola Sira Rego (Sinistra unitaria, 43). L'ascesa di Sassoli allo scranno più alto dell'assemblea di Strasburgo ha destato più di una perplessità. Se è vero che, «manuale Cencelli» europeo alla mano, la poltrona era destinata a un membro del gruppo dei socialdemocratici, il nome del mezzobusto Rai in aspettativa veniva dato in realtà come seconda (se non terza o quarta) opzione. Sulla carta il favorito della vigilia era il bulgaro Sergei Stanishev, tra l'altro presidente del gruppo di cui fa parte lo stesso Sassoli. Una scelta che, notano molti analisti, avrebbe riequilibrato verso Est la partita dei «top jobs» europei. Considerato che la Commissione andrà a un tedesco, la Bce a un francese, il Consiglio a un belga e gli Affari esteri a uno spagnolo, anche da questa tornata di nomine il blocco orientale rimane perciò a bocca asciutta. Caustica la reazione di Matteo Salvini. Nel corso di una diretta Facebook, il vicepremier leghista ha così commentato l'elezione di Sassoli: «Il Parlamento europeo ha appena eletto un parlamentare del Pd presidente, un ex giornalista della Rai, magari ancora con il contratto giornalistico della televisione pubblica. Bello, rispettoso, del voto degli italiani e degli europei avere un uomo di sinistra a presiedere il Parlamento europeo, magari con il voto del centrodestra, anzi sicuramente». Nel suo primo discorso all'Aula, il giornalista del Pd (che esulta come se il suo uomo avesse preso il posto di Juncker) ha annunciato che si batterà per la riforma dell'accordo di Dublino sulla distribuzione dei migranti, e non ha perso l'occasione per picchiare sui sovranisti: «L'Unione europea non è un incidente della Storia, siamo i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l'antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia». E ha concluso: «Il nazionalismo ideologico produce virus». Parole che dimostrano, caso mai ce ne fosse bisogno, che la nomina di Sassoli non faceva parte del «pacchetto» licenziato dal premier Conte e dagli altri leader durante l'ultimo Consiglio europeo. Lega e Fdi hanno votato per Zahradil, mentre un portavoce del M5s a Strasburgo ha confermato alla Verità che ai membri del gruppo è stata lasciata libertà di scelta. Visto l'atteggiamento ostile (o quantomeno neutro, se parliamo del M5s) della maggioranza che regge l'esecutivo, difficile che la nomina di Sassoli potrà essere fatta pesare in altre sedi come un favore all'Italia. La verità semmai è che l'unico organo democraticamente eletto dell'Ue esce fortemente ridimensionato dai negoziati per le cariche. Fino all'ultimo Tajani si è battuto inutilmente per difendere il meccanismo dello Spitzenkandidat (il candidato di punta dei partiti), clamorosamente infrantosi contro i giochi di potere dei singoli Paesi. Nel frattempo, sempre più ombre si addensano intorno alle altre due cariche di peso delle istituzioni Ue. La candidata alla presidenza della Commissione, la tedesca Ursula von der Leyen, non convince nemmeno in patria, al punto che un media mainstream come Tageschau parla senza mezzi termini di «indignazione sulla nomina». Oltre al nodo politico (l'alleato Spd lamenta la mancata condivisione della scelta da parte di Angela Merkel e arriva a minacciare la rottura dell'accordo di governo), a mettere in cattiva luce la von der Leyen - che è un'ospite abbastanza ricorrente alle riunioni del Bilderber, come quella di quest'anno - ci sono le accuse di negligenza e nepotismo riguardo alla stipula di contratti per centinaia di milioni di euro sottoscritti al ministero della Difesa tedesco. Non fa eccezione nemmeno Christine Lagarde, accusata dai detrattori di non possedere un adeguato background in campo economico per ricoprire il ruolo di governatore della Bce. Senza contare il grosso scheletro nell'armadio rappresentato dalla condanna (senza pena) comminata in Francia nel 2016 per negligenza nell'affaire Tapie, per il quale la giustizia transalpina ha appurato che le mosse sbagliate della Lagarde provocarono grossi danni all'erario francese. Di sicuro il biglietto da visita peggiore per colei che tra pochi mesi si troverà a gestire la complessa eredità di Mario Draghi.Sul fronte del commissario che spetterà all'Italia, probabilmente con ruolo alla concorrenza, ieri è circolato il nome dell'ex ministro dell'Economia con Silvio Berlusconi dal 2004 al 2005, Domenico Siniscalco. Un altro nome che circola, per ammissione del diretto interessato, è quello demlministro leghista dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio: «Sono a disposizione».