2018-11-07
Vi svelo il segreto di «Fahrenheit 451». È un romanzo da quattro soldi
Lo scrittore Ray Bradbury racconta in un testo autobiografico come ha completato il suo capolavoro: dovette noleggiare una macchina da scrivere per 9,80 dollari.Non lo sapevo, ma stavo scrivendo un romanzo da quattro soldi - letteralmente. Nella primavera del 1950 mi costò nove dollari e ottanta centesimi in spiccioli scrivere e terminare la prima bozza di The Fire Man, che in seguito divenne Fahrenheit 451. Dal 1941 fino ad allora avevo battuto la gran parte dei miei lavori nei garage di famiglia, che fosse a Venice, in California, (dove vivevamo perché eravamo poveri, non perché fosse «il» posto in cui vivere) o dietro la casa in cui mia moglie Marguerite e io crescevamo la nostra famiglia. Fui tirato fuori dal quel garage dalle mie amorevoli figlie, che insistevano a giocare appena fuori della finestra sul retro cantando e battendo sui vetri. Papà doveva scegliere: lavorare o giocare con le ragazze. Ovviamente sceglievo di giocare, cosa che metteva in serio pericolo il bilancio familiare. Dovevo assolutamente trovare un ufficio, ma non potevamo permettercelo. Alla fine individuai un posto giusto, la sala di dattilografia nel seminterrato della biblioteca dell'università della California, a Los Angeles.Là, in file ordinate, c'erano una ventina di macchine da scrivere, vecchie Remington o Underwood, che si potevano noleggiare di mezz'ora in mezz'ora per dieci centesimi. Infilavi la moneta, l'orologio iniziava a ticchettare follemente e ti dovevi mettere a battere come un selvaggio, per finire prima che la tua mezz'ora di tempo svanisse. Così ero doppiamente motivato: dalle bambine a lasciare la casa e dall'orologio a diventare un maniaco della battitura. Il tempo era denaro, per davvero. Finii la prima bozza in nove giorni. Con 25.000 parole ero a circa metà del romanzo che sarebbe diventato. [...]Che dire di Fahrenheit 451 in questi giorni, nella nostra epoca? Ho cambiato idea sulle tante cose che mi diceva quando ero uno scrittore più giovane? [...] Di recente, con lo Studio Theatre Playhouse di Los Angeles, ho ritirato fuori dall'ombra tutti i personaggi di Fahrenheit 451. Cosa c'è di nuovo? Ho chiesto a Montag, Clarisse, Faber, Beatty, da quando ci siamo incontrati nel 1953? Io ho chiesto. Loro hanno risposto. Hanno scritto nuove scene, rivelato i lati più strani delle loro anime, i loro sogni ancora da scoprire. Il risultato è stato un dramma in due atti messo in scena con buoni risultati e, in generale, buone recensioni. Beatty fu quello che più di ogni altro uscì da dietro le quinte. Come è iniziata? Perché hai deciso di diventare capo dei pompieri, di bruciare libri? La sua sorprendente risposta giunge durante una scena in cui invita a casa, nel suo appartamento, il nostro eroe, Guy Montag.Entrando, Montag è sconvolto dallo scoprire le migliaia e migliaia di libri allineati lungo le pareti della biblioteca nascosta del capo dei pompieri. Montag si volta e grida al suo comandante: «Ma tu sei il capo dei pompieri! Non puoi avere libri in casa tua!». Al che, con un sorrisetto asciutto, il capo dei pompieri risponde: «Montag, il crimine non sta nel possedere dei libri - sta nel leggerli. Sì, è vero. Io possiedo libri, ma non li leggo!». Montag, sconvolto, attende una spiegazione da Beatty. «Non vedi la bellezza, Montag? Non li ho mai letti. Non un solo libro, non un capitolo, non una pagina, non un paragrafo. È paradossale, non è vero? Possedere migliaia di libri e non aprirne mai uno – è come voltare le spalle e dire: No. È come avere una casa piena di belle donne e, sorridendo, non toccarne neppure… una. Dunque, come vedi, non sono affatto un criminale. Se un giorno dovessi beccarmi a leggerne uno, allora sì, mi arrendo! Ma questo posto è puro come la camera color crema di una vergine dodicenne. Questi libri sono morti sugli scaffali. Perché? Perché lo dico io. Non gli do nutrimento, nessuna speranza, né con le mani o con gli occhi o con la lingua. Non sono altro che polvere».Montag protesta: «Non capisco come tu non possa essere - ». «Tentato?» risponde il capo dei pompieri. «Oh certo, quello succedeva tanto tempo fa. La mela è stata mangiata e non c'è più. Il serpente è tornato sull'albero. Il giardino è pieno di muffe ed erbacce.» «Un tempo…» Montag esita, poi riprende: «Un tempo devi averli amati molto, i libri». «Touché!» risponde il capo dei pompieri. «Sotto la cintura. Al mento. Dentro il cuore. Da strappare le budella. Oh guardami, Montag. L'uomo che amava i libri, no, il ragazzo che era innamorato perso di loro, folle di loro, che per loro si arrampicava sugli scaffali come uno scimpanzé impazzito. «Li ho mangiati come un'insalata, i libri erano il mio sandwich per pranzo, il mio pasto leggero, la mia cena e il mio spuntino di mezzanotte. Ho strappato le pagine, le ho mangiate col sale, affogate nella salsa, rosicchiato le rilegature, ho sfogliato i capitoli con la lingua! Libri a dozzine, a ventine, a milioni! Ne ho portati a casa così tanti che sono stato gobbo per anni. Filosofia, storia dell'arte, politica, scienze sociali, poesia, saggi, la grande commedia: scegline uno, io li ho mangiati tutti. E poi… e poi…».La voce del capo dei pompieri si affievolisce. Montag lo incalza: «E poi?». «Beh, e poi arriva la vita». Il capo dei pompieri chiude gli occhi e ricorda. «La vita. La solita vita, l'amore che non scalda davvero, il sogno che si guasta, il sesso che va a pezzi, la morte che raggiunge troppo presto gli amici che non la meritano, l'omicidio di questo o quell'altro, la follia di una persona cara, la lenta morte di una madre, l'improvviso suicidio di un padre - un precipitoso caricare di elefanti, un assalto di malattie. E da nessuna parte - da nessuna parte - il libro giusto per il momento giusto, qualcosa da infilare nel muro fatiscente della diga che sta per crollare, per trattenere il diluvio, per offrire o cogliere una metafora, perdere o trovare una similitudine. E al confine estremo dei trenta, all'orlo dei trentuno, mi sono raccolto, tutte le ossa rotte, ogni centimetro della mia carne abrasa, ammaccata, sfregiata. Mi sono guardato allo specchio e ho visto un vecchio perso dietro la faccia spaventata di un giovane, ho visto odio per tutto e per tutti - scegli tu - e ho aperto le pagine dei libri della mia bella biblioteca e cos'ho trovato? Cosa? Che cosa!?».Montag prova a supporre: «Le pagine erano vuote?». «Esatto! Vuote! Oh, c'erano le parole, certo, ma mi scorrevano sugli occhi come olio bollente - non significavano nulla. Non erano d'aiuto, di nessun conforto, nessuna pace, nessun rifugio, nessun vero amore, nessun letto, nessuna luce». Montag ricorda: «Trent'anni fa… l'ultima biblioteca in fiamme…». «Esatto» annuisce Beatty. «E non avendo un lavoro, ed essendo un romantico fallito o qualunque altra dannata cosa fossi, decisi di diventare un pompiere di prima classe. Il primo a salire le scale, il primo in biblioteca, il primo nella fornace – il primo nel cuore sempre ardente dei suoi compatrioti: immergetemi nel cherosene, passatemi la torcia! «Fine della lezione. Ora vai, Montag, via di qui!».Montag se ne va, più incuriosito che mai e sulla buona strada per diventare un reietto, perseguitato e quasi distrutto dal Segugio Meccanico, il mio robot e clone della grande bestia dei Baskerville di Conan Doyle. In questo dramma il vecchio Faber, il professore non-proprio-di-ruolo, parlando con Montag nel corso della notte, (tramite un auricolare) cade vittima del capo dei pompieri. Come? Beatty sospetta che Montag riceva ordini dal professore attraverso un dispositivo segreto di quel tipo, così glielo cava dall'orecchio e ci grida dentro: «Stiamo venendo a prenderti, Faber! Siamo alla porta! Siamo già per le scale! Ti ho beccato!». E a Faber, terrorizzato, gli si spezza il cuore.Tutto buon materiale. Allettante, ma arrivato in ritardo. Ho dovuto resistere alla tentazione di infilarlo nel romanzo. Infine, molti lettori mi hanno scritto per protestare contro la scomparsa di Clarisse, chiedendo che cosa le fosse successo. François Truffaut aveva la stessa curiosità, e nella sua versione cinematografica del romanzo salvò Clarisse dall'oblio per collocarla con il Popolo dei Libri, a vagare nella foresta e a recitare le loro litanie. Io ho avvertito lo stesso desiderio di salvarla, perché dopo tutto è lei, pur con il suo chiacchiericcio fanatico, ad essere in gran parte responsabile della curiosità di Montag per i libri e per quello che contenevano.Nel mio lavoro per il teatro, quindi, Clarisse riappare per accogliere Montag e dare in qualche modo un finale più lieto a quella che, sostanzialmente, era un'opera cupa. Il romanzo, tuttavia, resta fedele alla sua prima identità. Non sono favorevole a modificare il materiale di nessun giovane scrittore, soprattutto quando quel giovane scrittore ero io. Montag, Beatty, Mildred, Faber, Clarisse, tutti si alzano, si muovono, entrano ed escono così com'erano trentadue anni fa, quando li ho descritti per la prima volta, a dieci centesimi la mezz'ora nel seminterrato della biblioteca dell'Ucla. Non un pensiero né una parola, sono stati cambiati. Un'ultima scoperta: come avete visto, io scrivo tutti i miei romanzi e le mie storie in un grande impeto di deliziosa passione. Solo di recente, dando un'occhiata al romanzo, ho realizzato che Montag prende il suo nome da una fabbrica di carta. E Faber, ovviamente, è un produttore di matite! Quanto doveva essere scaltro, il mio subconscio, per chiamarli così! E senza nemmeno dirmelo!
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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