2023-08-10
«Verso un vertice Putin-Zelensky». C’è il Papa dietro la mossa degli emiri
Vladimir Putin e il presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed (Ansa)
La richiesta di Francesco al presidente degli Emirati: promuovere un incontro alla Conferenza Onu sul clima di novembre a Dubai. Misteriosa esplosione, con feriti, di una fabbrica a Mosca. Abbattuti altri droni ucraini.Cinque navi da guerra e 25 caccia sono stati schierati davanti all’isola di Taiwan. È la «risposta» del Dragone all’annunciata visita del vicepresidente di Taipei, William Lai, negli Usa.Lo speciale contiene due articoli.La notizia è di quelle grosse. Secondo la testata libanese in lingua francese L’Orient-Le Jour, gli Emirati Arabi Uniti potrebbero ospitare un vertice Mosca-Kiev durante la Conferenza Onu sul clima prevista a novembre nel Paese del golfo, conosciuta anche come Cop28. Soprattutto, secondo quanto scritto, il presidente emiratino Mohammed bin Zayed starebbe lavorando per «organizzare l’incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, su richiesta di papa Francesco». Una notizia fatta trapelare da «diplomatici occidentali e arabi», scrive il quotidiano, spiegando come l’iniziativa risponda a un’intenzione già manifestata in passato da Abu Dhabi di voler rilanciare i colloqui di pace in collaborazione con il Vaticano.Il New York Times, in un editoriale pubblicato ieri, notava come, finora, il dipartimento di Stato degli Usa «ha avuto un successo limitato nel persuadere lo sceicco Mohammed bin Zayed ad allinearsi alla politica estera statunitense, in particolare quando si tratta di limitare i legami militari con la Cina e di isolare la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina». Non se ne è parlato molto finora ma, come ricorda giustamente il New York Times, nell’ultimo anno lo sceicco (considerato un partner cruciale per gli Stati Uniti nella regione) «si è recato due volte in Russia per incontrare il presidente Putin». Inoltre, lo scorso giugno Abu Dhabi «è stata celebrato come ospite d’onore al forum sugli investimenti del leader russo».«Due diplomatici occidentali che hanno chiesto l’anonimato affermano a L’Orient-Le Jour che molti Paesi europei sono in contatto con Abu Dhabi per sostenere questa iniziativa», scrive il giornale. «Gli Emirati Arabi Uniti potrebbero approfittare del proprio posizionamento geopolitico per ottenere un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina», sostiene un diplomatico occidentale citato dal giornale in francese.«L’obiettivo è concordare l’apertura di un dialogo che possa porre fine alla guerra», secondo la stessa fonte. La mossa sarebbe anche molto più concreta di quello che sembra perché una fonte diplomatica europea afferma che «l’iniziativa di pace è stata già discussa con numerosi Paesi europei e con gli Stati Uniti». Il presidente americano Joe Biden, prosegue il resoconto de L’Orient-Le Jour, «è al corrente dell’iniziativa e l’ha accolta con favore, dicendosi pronto a fornire tutto il sostegno necessario perché l’incontro raggiunga i suoi obiettivi». L’iniziativa proposta prevede che Abu Dhabi accolga una conferenza di pace mondiale aperta da papa Francesco nella capitale emiratina negli stessi giorni del summit Cop28.Insomma, mentre le bombe continuano a esplodere, la diplomazia starebbe lavorando sottotraccia per capire come arrivare alla fine del conflitto. Intanto, però, i ritmi son serrati e la guerra non aspetta.L’episodio più grave, e misterioso, delle ultime ore è avvenuto vicino a Mosca, in un deposito di fuochi d’artificio situato all’interno dell’impianto ottico-meccanico di Zagorsk, nella cittadina di Sergiev Posad. Il servizio di emergenza ha dichiarato che l’esplosione, che è avvenuta in un hangar di 1.600 metri quadrati affittato da una ditta privata sul terreno della fabbrica, è stata provocata da un fattore umano. Il bilancio provvisorio è di un morto, una donna, e 56 feriti alcuni di questi in condizioni gravi. Ma si continua a scavare perché le enormi esplosioni hanno provocato un cratere di 5 metri di profondità. Poche ore prima, nella notte, il governatore della regione russa di Bryansk, Alexander Bogomaz, ha affermato che la città di Bila Berezka è stata bombardata dalle forze armate ucraine. L’attacco ha causato danni parziali a diversi edifici residenziali, strutture di servizio, un impianto industriale, alcune strutture commerciali oltre a diverse auto. Anche se non si registrano feriti o vittime.Nel frattempo, le armi continuano a girare da un lato e dall’altro. Il presidente americano Biden «ha approvato l’addestramento di piloti ucraini da parte di alleati occidentali su caccia F-16», ha ribadito il Pentagono tramite la vice-portavoce, Sabrina Singh. Secondo il Washington Post l’addestramento dovrebbe iniziare già nel mese di agosto. Gli Usa hanno fatto sapere di attendere un programma specifico da parte degli alleati europei. L’intelligence britannica, che segue da vicino il conflitto sul campo, ha spiegato che i droni marini (Usv) stanno diventando una componente sempre più importante della guerra navale moderna e possono essere rivolti contro gli anelli più deboli delle vie di approvvigionamento marittimo della Russia. Dal 28 febbraio 2022, sottolineano nel report, le navi militari russe non sono in grado di attraversare il Bosforo, lasciando le forze militari russe in Siria e nel Mediterraneo fortemente dipendenti dalla Mt Sig, dalla Mv SpartaI V e da una manciata di altre navi civili.Intanto il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto: la Federazione Russa non informerà più il segretario generale dell’Onu e il Consiglio d’Europa sull’introduzione di normative militari, come la legge marziale, o dello stato di emergenza sul proprio territorio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/verso-vertice-putin-zelensky-2663184236.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-cina-torna-a-minacciare-taiwan" data-post-id="2663184236" data-published-at="1691666828" data-use-pagination="False"> La Cina torna a minacciare Taiwan Torna a salire la tensione a Taiwan. Nella giornata di ieri, la Repubblica popolare cinese ha schierato cinque navi da guerra e 25 caccia nei pressi dell’isola: in particolare, dieci di essi hanno effettuato un’incursione nella zona di difesa aerea di Taipei. A riferirlo è stato il ministero della Difesa taiwanese. Appena lunedì scorso, attorno all’isola, erano state dispiegate da Pechino sette navi e 24 caccia. Sembrerebbe che queste manovre siano legate al fatto che il vicepresidente di Taiwan, William Lai, si recherà a giorni negli Stati Uniti nel suo viaggio in direzione del Paraguay: una circostanza che ha irritato il Partito comunista cinese. Già ad aprile, Pechino aveva condotto tre giorni di esercitazioni militari nei pressi di Taiwan. In quel caso, le manovre vennero presentate come una ritorsione al fatto che il presidente taiwanese, Tsai Ing-wen, aveva incontrato in California lo speaker della Camera statunitense, Kevin McCarthy. Esercitazioni militari cinesi erano state svolte anche un anno fa, dopo che l’allora speaker della Camera, Nancy Pelosi, aveva visitato personalmente Taiwan. Pechino accampa diritti sull’isola: diritti di cui, tuttavia, non dispone. La situazione odierna è frutto della guerra civile cinese tra comunisti e nazionalisti. L’attuale governo di Taiwan non è mai stato sotto il controllo né ha mai riconosciuto la Repubblica popolare cinese, istituita da Mao Zedong nel 1949. Né la risoluzione Onu del 1971, che conferiva alla Repubblica popolare il seggio al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riconosce alcuna sovranità di Pechino su Taipei. Alla luce di tutto questo, è lecito chiedersi che cosa stia succedendo al di là delle dispute storiche e delle proteste per il fatto che gli esponenti del governo taiwanese vengono ricevuti negli Stati Uniti. Innanzitutto, va sottolineato che l’economia cinese sta incontrando serie difficoltà. Non si può, quindi, escludere che Xi Jinping voglia aumentare la pressione su Taipei per distrarre l’attenzione da questi problemi. Senza trascurare che sembrano registrarsi da tempo alcune fibrillazioni politiche in seno allo stesso Partito comunista cinese. Il governo di Pechino utilizza, d’altronde, il dossier taiwanese per ragioni di compattamento interno. In secondo luogo, è possibile che il Dragone non voglia dare l’idea di essere arrendevole nei confronti degli Stati Uniti. A partire da giugno, Washington e Pechino hanno intavolato un complicato tentativo di disgelo. Non a caso, la capitale cinese è stata visitata da vari ministri e alti funzionari statunitensi: dal segretario di Stato, Tony Blinken, al segretario al Tesoro, Janet Yellen, passando per l’inviato per il clima, John Kerry, e per l’ex segretario di Stato, Henry Kissinger. Il problema è che l’amministrazione Biden, al suo interno, è spaccata tra chi vuole una linea dura sulla Cina e chi, al contrario, auspica una distensione. Una distensione che, come invocato da Kerry e dalla Yellen, dovrebbe viaggiare sul binario della cooperazione climatica. E qui si registra un duplice problema. Primo: la debole leadership di Joe Biden non riesce mai a trovare una sintesi efficace tra queste posizioni divergenti. Il che ha portato spesso l’attuale Casa Bianca ad assumere una linea contraddittoria sulla Cina. Secondo: impostare la distensione sulla cooperazione climatica è un’assurdità. Non solo il Partito comunista cinese è scarsamente affidabile ma ha già dato prova di non voler assumere degli impegni concreti sul tema. Sono proprio l’ambiguità e l’irresolutezza di Biden a rendere Pechino più baldanzosa. E l’ulteriore pressione cinese su Taiwan sta lì a dimostrarlo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.