2024-02-10
Verifiche su un’evasione da quasi quattro milioni. C’è pure l’accusa di frode
Fari accesi sulla transazione del 2004 e sui bonifici a Marella. E spunta il possibile furto di capolavori di De Chirico e Monet.Dopo quindici anni la faida familiare che impegna Margherita Agnelli contro i figli John, Lapo e Ginevra Elkann non si placa. Anzi diventa sempre più aspra anche se, per il lignaggio dei protagonisti, il combattimento non ha i fragori del duello rusticano ma la leggerezza della carta bollata. Ora però lo scontro si alza di livello: Margherita dopo aver instaurato, con modesto successo, tre procedimenti in Svizzera e uno a Torino ha scelto di mettere il mirino più in alto. Ha presentato una denuncia penale. Sono scattate le perquisizioni ordinate dalla Procura e, soprattutto, l’iscrizione nel registro degli indagati di John Elkann, che ha preso il posto dell’Avvocato come capo della dinastia. Nell’elenco anche Giancarlo Ferrero (il commercialista della famiglia ) e Robert Von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella per incarico dell’autorità giudiziaria svizzera. La posta in gioco è altissima, sia in termini di patrimonio che di potere poiché Margherita mette in discussione anche l’assetto della cassaforte Dicembre al vertice del gruppo Exor (Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh, Philips, Iveco) che però, secondo John, è inattaccabile. Con qualche ragione considerando che la costruzione giuridica era stata realizzata da Franzo Grande Stevens, l’avvocato dell’Avvocato. Al centro della nuova indagine una possibile evasione fiscale da 3,8 milioni. Gli accordi transattivi del 2004, con cui Margherita chiudeva i rapporti personali e patrimoniali con il resto del clan, prevedevano, fra l’altro, un bonifico di 770.000 euro da girare alla mamma. Era uno dei punti fondamentali dell’accordo con cui la figlia rinunciava all’eredità del padre e stipulava un patto successorio con la madre portandosi a casa, in Svizzera, tutto compreso, circa 1,4 miliardi. Marella ha incassato circa 8 milioni di euro fino al 2018 e 244.000 fino al 23 febbraio 2019 data della sua morte. Nell’esposto Margherita chiede alla Procura di Torino di accertare se sono state pagate le tasse sul vitalizio dalle società del gruppo che ricevevano il bonifico. Inoltre Margherita lamenta la scomparsa di alcuni oggetti di grande valore che si trovavano a Villar Perosa e a Villa Frescot, abituali residenza dell’Avvocato e di Marella. Fra i beni scomparsi quadri di Balla, De Chirico e Gérôme a Roma; Monet e due Bacon. L’indagine che la Procura ha affidato alla Guardia di finanza dovrà addentrarsi nei meandri dei domicili fiscali delle società coinvolte. Ma cercheranno soprattutto di capire se la contribuente Marella avrebbe dovuto pagare più tasse. Il presupposto è che, almeno per quel che riguarda il 2018, trascorse in Italia più di 183 giorni e quindi era considerata «residente» a fini fiscali. Accertare questo aspetto è importante per le sorti della partita che sta giocando Margherita. Nella causa civile che la donna ha intrapreso davanti al tribunale di Torino, la «parte convenuta» (i figli John, Lapo e Ginevra Elkann) ha ribadito con forza che Marella Agnelli ha avuto per decenni la residenza abituale in Svizzera. Margherita però è di parere contrario. Le conclusioni della Procura avranno il loro peso. Una delle tesi degli inquirenti, tutta da verificare, è che ci siano persone che abbiano collaborato con Marella Agnelli, ma che siano state assunte e inquadrate in maniera diversa per evitare che emergesse la permanenza della donna in Italia. Ieri in una caserma della Finanza sono stati ascoltati dei testimoni: almeno uno di essi fa parte dell’entourage di John Elkann. Alla base della costruzione giudiziaria c’è il fatto che Margherita non si rassegna all’errore commesso nel 2004 quando, di fronte alla crisi Fiat aveva chiesto in fretta e furia di farsi liquidare la sua parte di eredità per non fare la fine degli eredi Ferruzzi. Non aveva messo nel conto il successo della cura Marchionne. Quando ha capito l’errore ha cercato fare macchina indietro per farsi liquidare il resto dell’eredità cui nel 2004, nella fretta di chiudere la transazione, sostiene di aver rinunciato.
Jose Mourinho (Getty Images)