2024-10-04
Giù il velo: verde e digitale sono incompatibili
Ursula von der Leyen, presidente della commissione europea (Getty)
La visita dei capi di Blackrock e Microsoft in Italia abbatte l’ipocrisia del Pnrr: la transizione verso i data center e l’Intelligenza artificiale chiederà sempre più energia, mentre quella green ne riduce l’offerta. Peccato fosse tutto scritto. Ma adesso si può dire... Col suo brutale pragmatismo, lo Zio Sam ha fatto capire l’aria che tira. La doppia visita ravvicinata dei capi di Blackrock e Microsoft a Palazzo Chigi, geopolitica a parte, ha indicato tra le priorità strategiche quella di garantire energia. Intelligenza artificiale e data center, cosa ormai stranota, hanno infatti un bisogno estremo di essere alimentati: non a caso, come spiegato da Claudio Antonelli su queste colonne, è probabile che l’ingresso del gigante delle società di investimento (10.000 miliardi di dollari in gestione) nella nostra Leonardo sia anche funzionale allo sviluppo del nucleare, «arma» decisiva per non subire uno squilibrio clamoroso tra domanda e offerta di energia nei prossimi lustri.L’esplosione - tra promesse, marketing e realtà - dell’Intelligenza artificiale non ha fatto che dare l’ultima botta al velo che tentava di nascondere la contraddizione che è sempre stata alla base di due presunte necessità improrogabili per i destini dell’Unione europea: la transizione ecologica e quella digitale. Per farla molto breve, la prima stringe l’offerta di energia, la seconda ne aumenta la domanda. Come fosse possibile anche solo pensare, qualunque considerazione di merito si possa fare su entrambe, di portarle avanti contemporaneamente, per di più mentre si alzava il costo del denaro ai massimi da decenni, è materia di studio per storici e psicologi nei prossimi anni.Peccato che proprio su questa coppia impossibile (digitalizzazione e decarbonizzazione) si siano letteralmente costruiti i capisaldi del Pnrr, il principale veicolo di orientamento della spesa pubblica su scala continentale. Le prime due «missioni» (in tutto sono sei) del Piano di ripresa e resilienza varato sotto il Conte bis, infatti, rispondono al nome di «Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo» e «Rivoluzione verde e transizione ecologica». Partendo dal digitale, l’ultimo report dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), dedicato ad analisi e previsioni sui consumi elettrici, stima nel periodo dal 2022 al 2026 un aumento - per l’Unione europea - della domanda di energia per i «data center» da circa 100 terawatt ora a poco meno di 150, corrispondenti a un passaggio da meno del 4% a oltre il 5% dei consumi totali (il dato, specifica l’Iea, esclude quelli per le criptovalute, a loro volta non certo irrisori). Che l’iperdigitalizzazione sia energivora è fuori discussione, senza negare che possa avere effetti favorevoli in termini di minor inquinamento (smaterializzazione, meno carta, meno spostamenti fisici eccetera). Altrettanto «scritto» (in senso opposto) è l’impatto della «transizione ecologica», espressione indistinta negli obiettivi concreti, in termini di contrazione dell’offerta di energia (o di aumento del suo costo, che non è poi tanto diverso). Qualunque documento ufficiale partorito dalla Commissione europea o dai suoi enti prevede, per i suoi obiettivi in quest’ambito, un calo dei consumi energetici, ovviamente da raggiungere tramite maggior efficienza di edifici, approvvigionamento, abitudini, eccetera. Che il progresso, genericamente inteso, porti minori consumi è però vagamente illusorio: più realistico, come purtroppo sta avvenendo, è che allo stesso obiettivo forzato (meno consumi) si arrivi con un metodo poco simpatico: una deindustrializzazione «verde», come sta drammaticamente mostrando l’andamento del mercato dell’auto nel Vecchio continente, ormai una conclamata catastrofe economica e sociale.Sempre l’Iea, nel suo report Net Zero by 2050 (l’azzeramento di emissioni nette è uno dei capisaldi del Pnrr), prevedeva (pagina 57 del testo, aggiornato nel 2021) un calo del 7% dell’offerta complessiva di energia nello scenario «emissioni zero» nel decennio 2020-2030. Dando sfoggio di grande ironia ed equilibrio, nel 2022 Fabio Panetta, oggi governatore di Bankitalia, partecipò a un incontro dell’Associazione bancaria italiana (Abi) con un intervento dal titolo «La transizione energetica può generare una coincidenza divina?». La sua relazione includeva un grafico tratto dal «Network for Greening the Financial System», che prevedeva, dal 2020 al 2050, un calo nell’Unione europea da poco meno di 60 exajoule annui a circa 45 exajoule annui. Con realismo, Panetta spiegava che «dal lato dell’offerta, un canale ampiamente discusso è quello dell’incertezza sull’evoluzione delle politiche economiche. Mediante tale canale, le aspettative di un calo della domanda possono aumentare l’incertezza sul rendimento futuro degli investimenti in combustibili fossili, comprimendone il volume. Il calo degli investimenti si rifletterebbe in una diminuzione dell’offerta e in un incremento dei prezzi». La conclusione del suo discorso era improntata a un provvidenziale ottimismo: «Per conseguire una “coincidenza divina”, liberandoci dalla dipendenza dai combustibili fossili senza provocare un aumento dei prezzi dell’energia, dovremo ridurre l’intensità e innalzare la sicurezza in campo energetico, finanziando in misura adeguata la transizione. [...] La “coincidenza divina” non è una vana illusione: la transizione verde può generare vantaggi economici significativi. Dipenderà dalle politiche che adotteremo».Ieri, un articolo apparso su Newsweek era dedicato ai timori, sempre più forti, che serpeggiano tra gli investitori e i vertici delle aziende hi-tech: come star dietro alla domanda di energia legata allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale. Chris Gladwin, ceo di Ocient, colosso dei big data, la mette giù così: «Per la prima volta in assoluto, c’è un fattore esterno che sta cominciando a limitare la crescita, ed è, banalmente, l’energia».Possiamo dire che l’Ia, mentre l’Ue varava il Pnrr, non era così dominante? Sì, ma l’unica vera differenza è che adesso si può dire che il green e il digital non stanno assieme. E iniziare a preparare reattori di corsa, per evitare altre brutte scoperte dell’acqua calda.
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